sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Dacia Maraini

Corriere della Sera, 6 giugno 2023

Teniamo presente che le donne spesso sono sole, plagiate, divise fra il bisogno di mantenere unita la famiglia e la voglia di ribellarsi all’interno di una comunità che spesso le condanna a priori. Perciò insistiamo sulla necessità di fare sapere senza vergogna quello che succede in molte famiglie italiane e denunciare prima che sia troppo tardi.

Ieri mattina a Radio 3, nel bel programma “Tutta la città ne parla”, si è discusso sull’orripilante femminicidio riguardante la povera Giulia Tramontano uccisa col suo bambino in grembo. Una voce femminile diceva che non bisogna parlare di mostri, perché questi uomini che uccidono sono normali, fanno parte di una cultura che non considera le donne come persone, ma come proprietà di cui si può disporre. Un cane, un gatto si possono fare fuori e senza che nessuno venga a indagare. È la mia donna, sono io a decidere, cosa pretende una legge astratta, che non mi riguarda? Più o meno è questo il ragionamento. La voce insiste che si tratta soprattutto di una cultura di base, ancora molto resistente in un Paese che si pretende democratico ma in realtà ha antiche e possenti radici da cui non vuole staccarsi. L’amore per costoro è visto come presa di possesso dell’altra. Infatti quasi sempre, l’uomo presapiens uccide quando la donna che considera sua, mostra segni di autonomia. Un’altra voce alla radio ha denunciato lo sfruttamento mediatico. Secondo lei sarebbe meglio parlare di donne che escono dal servaggio per dare esempi positivi e non sempre di donne torturate e uccise.

Qui però non sono d’accordo. Perché raccontare le violenze sulle donne, naturalmente in modo non morboso, aiuta a creare coscienza, fa capire quanto sia pericoloso non denunciare, non tenere le distanze da chi si mostra possessivo in maniera maniacale e morbosa. È vero, da quanto mi dicono, che sui social molti approfittano di queste occasioni per versare valanghe di fango sulle donne. Ma non identificherei i social con l’Italia intera. Ormai tutti hanno capito che si tratta di uno sfogatoio anonimo e meschino da prendere con le molle.

Una terza voce ha sostenuto che indirizzare tutte le raccomandazioni alle donne: non uscire non fidarti di chi ti schiaffeggia una volta , tieni le distanze da chi ti insulta ecc…, è un modo di condizionare il comportamento femminile, mentre da vincolare, e anche urgentemente, cominciando dalle scuole, sarebbe quello maschile. Siamo d’accordo, ma teniamo presente che le donne spesso sono sole, plagiate, divise fra il bisogno di mantenere unita la famiglia e la voglia di ribellarsi all’interno di una comunità che spesso le condanna a priori. Perciò insistiamo sulla necessità di raccontare, di fare sapere senza vergogna quello che succede in molte famiglie italiane e denunciare prima che sia troppo tardi.