sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Luigi Ferrarella

Corriere della Sera, 27 ottobre 2023

Le polemiche per il blitz antimafia con 11 misure cautelari su 154 richieste. Il Tribunale: il nostro ruolo? Non è una patologia, è la legge. Ci vorranno non giorni, e nemmeno settimane, ma almeno due o tre mesi, perché il Tribunale del Riesame fissi le udienze in cui dirimere le opposte valutazioni giuridiche della pm Alessandra Cerreti (153 richieste cautelari per una ritenuta associazione mafiosa consorziata a Milano tra mafia, ‘ndrangheta e camorra) e del gip Tommaso Perna (che non l’ha riconosciuta, e ha disposto 11 arresti su 120). La ragione è che il Riesame (di tutti gli arresti e sequestri di tutto il distretto) ha solo un presidente e 6 giudici, che tra poco rimarranno 4 visto che 2 hanno avuto dal Csm altri ruoli.

La Procura di Marcello Viola prospetta che il gip abbia “incredibilmente parcellizzato e banalizzato innumerevoli elementi investigativi”, “mortificato il racconto di una coraggiosa parte offesa”, “ingiustificatamente derubricato” gravi fatti, “ignorato il processo evolutivo” dei clan, e anzi prodotto “una retrocessione trentennale nell’evoluzione giudiziaria”.

Grande importanza (maiuscolo e neretto) la pm Cerreti annette al fatto che il gip “ha del tutto inopinatamente ed ingiustificatamente omesso di valutare l’ultima integrazione probatoria trasmessa il 26 settembre 2023”. Il pomeriggio del 26, nella cui mattina la cancelleria gip aveva già registrato il deposito dell’ordinanza del gip sugli arresti chiestigli il 3 aprile 2023, dopo che 70 fermi già stampati e firmati dai pm erano stati non eseguiti in extremis a fronte del gelo dell’Ufficio Gip e della richiesta della Procura Nazionale Antimafia di un collegamento investigativo con le altre perplesse Procure del Sud. Per la pm, “anche se l’ordinanza era stata già depositata, il gip sarebbe stato tenuto a valutare il sopravvenuto materiale indiziario” cosi cruciale. Che materiale? Due sentenze del 1997 e 2001, e interrogatori resi nel 2015 da 5 collaboratori confluiti nella sentenza Gotha del 2021, sull’”esistenza a Milano dagli anni ‘90 di un “consorzio” tra Cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e Sacra corona”.

Secondo il gip la Procura chiedeva di affermare l’esistenza di un’associazione del tutto “nuova”, dunque bisognosa delle prove (dal gip non ravvisate) di un’autonoma esteriorizzazione del metodo mafioso. La Procura afferma invece al Riesame di aver voluto contestare “mai una super associazione mafiosa composta dalle 3 mafie italiane”, ma “mere “componenti” delle tre tradizionali che sul territorio milanese si alleano strutturalmente tra loro per aumentare possibilità di profitto”. E in due righe contesta al gip “una premessa in diritto tra l’altro priva di originalità, v. il sito www.avvocatodelgiudice.com”. Che vi pubblica sentenze: come una del 2019 del Tribunale di Bari, di cui il gip ha tratto dal sito un riassunto della motivazione con le note massime di Cassazione in tema di 416 bis.

In questo clima il presidente reggente del Tribunale, Fabio Roia - in una nota in cui corregge confusi resoconti sulla sentenza di un’altra indagine al cui inizio un’altra gip respinse 27 arresti - ricorda che “il controllo del gip, lungi dal dover essere classificato come una patologia, evidenzia il fondamentale principio dell’autonomia della valutazione giurisdizionale” e del “rispetto del principio del giudice naturale, indicato secondo criteri oggettivi e predeterminati, e non scelto secondo criteri preferenziali”.