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Il Giorno, 16 luglio 2023

L’indennità di disoccupazione, la Naspi, spetta anche ai detenuti che hanno prestato attività lavorativa per l’amministrazione penitenziaria. A stabilirlo è una sentenza recente del Tribunale di Busto Arsizio che ha accolto il ricorso di una detenuta lavoratrice seguita dalla Cgil di Milano. La detenuta ha lavorato come addetta alle pulizie e successivamente come aiuto sarta nella produzione di mascherine durante il periodo del Covid in un istituto penitenziario milanese, prima di essere trasferita in un altro istituto della stessa città, dove è attualmente ancora reclusa.

“Dopo la sentenza del tribunale di Milano del novembre 2021, che ha accolto il ricorso di un altro detenuto seguito dalla Cgil Milano, e altre sentenze nel resto del Paese- spiega la Cgil in una nota- assistiamo ad una nuova vittoria della rivendicazione che la nostra organizzazione porta avanti da tempo. La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio lo ribadisce chiaramente: “Risulta evidente che disconoscere la corresponsione della Naspi a tutti i cittadini meno che ai detenuti lavoratori subordinati dell’amministrazione penitenziaria configuri una palese violazione degli artt. 3,4, 35 e 38 della Costituzione da parte di Inps il cui comportamento non deve dirsi solo illegittimo e incostituzionale ma, prima di tutto, discriminatorio.

Una discriminazione odiosa alla quale la Cgil continuerà ad opporsi. Nonostante le pronunce della Cassazione, l’Inps, con il messaggio n. 909 del 5.3.2019, ha instaurato la prassi del mancato riconoscimento della Naspi a detenuti ed ex detenuti che abbiano svolto lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria per i loro periodi di quiescenza dal lavoro. Chiediamo con forza che Inps torni sui suoi passi”.