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di Luigi Manconi

La Repubblica, 19 aprile 2023

Le storie che arrivano dai quartieri cosiddetti multietnici e i dati sulla scuola italiana raccontano una necessità urgente: l’inclusione. C’è una storia che ha circolato per qualche giorno sulle pagine dei giornali che parla di una classe di una scuola elementare bolognese composta da 21 alunni. Tra questi, uno solo è italiano. Si tratta dell’istituto Federzoni, nella zona Bolognina, storico quartiere multietnico della città emiliana. A questa vicenda associo due dati che sono emersi nelle ultime settimane e che restituiscono un quadro particolare dell’istituzione scolastica italiana.

Il primo riguarda gli studenti stranieri iscritti nelle scuole. Questi ultimi, secondo i dati pubblicati dal ministero dell’Istruzione, relativi all’anno scolastico 2021/2022, sono quasi 890 mila. Sebbene siano 22.700 in più rispetto all’anno precedente, la cifra registra un calo della crescita degli alunni stranieri. Crescita che dagli anni ottanta è restata sempre costante.

Complice di tale riduzione è, ancora secondo il ministero, la pandemia: a causa del fatto che la scuola dell’infanzia non è obbligatoria, sembra che molti genitori stranieri abbiano deciso di non farla frequentare dai propri figli per cercare di ridurre le possibilità di contagio.

Inoltre, la distribuzione degli studenti di altre nazionalità sul territorio italiano risulta piuttosto eterogenea: al Nord, la concentrazione di stranieri nelle scuole è significativamente più alta. Ma c’è un altro dato altrettanto interessante: il numero degli studenti con cittadinanza non italiana, eppure nati nel nostro Paese, è di oltre 577 mila. Dunque, la quota di studenti di “seconda generazione”, rispetto al numero complessivo degli alunni stranieri, è del 66,7 per cento.

In generale, un ulteriore dato riguarda il tasso di abbandono scolastico. Qualche giorno fa è stato pubblicato il rapporto dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno (Svimez), che vede l’Italia al terzo posto in Europa con il 12,7 per cento di giovani che abbandonano la scuola prima di aver completato il ciclo di studi. Anche in questo caso, la differenza tra il Nord e il Sud dell’Italia è molto evidente: nelle regioni del Centro e del Settentrione il tasso di abbandono è del 10,4 per cento; nel Mezzogiorno, è del 16,6 per cento.

Ecco, mi viene da dire che questi dati restituiscono un’immagine della scuola italiana piuttosto complessa. Se da una parte la quota di studenti stranieri (di cui molti nati in Italia) cresce costantemente, anche se a ritmo più blando, diminuisce, d’altra parte, quella degli studenti italiani. A questo punto, sarebbe assai utile una ricerca che rilevasse la percentuale di abbandono che si registra tra gli studenti stranieri e ne indagasse le cause. Sullo sfondo si trovano due questioni di grandissima rilevanza, ancorché di differente natura: la crisi demografica e la legge sulla cittadinanza. Il calo del numero dei figli di coppie italiane valorizza, va da sè, la crescita del numero di bambini stranieri; e, probabilmente, un corrispondente incremento del tasso di abbandono scolastico tra questi ultimi.

Inoltre, il fatto che gli studenti nati qui, che della nostra organizzazione sociale riconoscono e condividono la lingua e gli stili di vita, le consuetudini e i valori, siano privi di un riconoscimento giuridico che li renda cittadini a pieno titolo, viene vissuto sempre più come una intollerabile ingiustizia. La legislazione in materia di cittadinanza risale al 1992 e, finché non vi sarà una radicale riforma, la contraddizione tra una integrazione de facto di tanti ragazzi e il mancato riconoscimento giuridico saranno solo fonte di disagio e sofferenza. Dal quartiere Torpignattara a Roma al Cavone a Napoli, da Via Padova a Milano al rione Libertà a Bari, dalla zona di San Salvario a Torino alla Bolognina: gli studenti dei cosiddetti “quartieri multietnici” esprimono una domanda urgente di inclusione nel sistema dei diritti di cittadinanza.