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di Viola Giannoli

La Repubblica, 9 dicembre 2022

Intervista a Luca Marola, ideatore del business dei fiori di canapa, che rischia sei anni di carcere: “Ho sempre venduto prodotti con un Thc inferiore allo 0,2%, ampiamente entro i limiti di legge”.

“Il processo è contro di me, ma sul banco degli imputati in realtà c’è tutta la cannabis light”. Luca Marola, 45 anni, parmigiano, della cannabis light in Italia è stato l’inventore. Il primo a dare un nome commerciale per le infiorescenze essiccate di piante con quantità estremamente basse di Thc (il tetraidrocannabinolo, responsabile dell’effetto psicoattivo) e ricche di Cbd (il cannabidiolo, dall’effetto rilassante simile alla camomilla). Dal 3 novembre è alla sbarra al tribunale di Parma; un processo simbolo che rischia di cambiare, sia che Marola vinca sia che perda, la storia della cannabis light. Una filiera che, ricorda Antonella Soldo di Meglio Legale (che sostiene Marola insieme a +Europa, Possibile, Radicali e Volt), vale 10 mila posti di lavoro, mille negozi e 150 milioni di euro potenziali e ha diminuito del 12% gli introiti criminali.

Marola, lei di cosa è accusato?

“Spaccio”.

Quanto rischia?

“Sei anni di reclusione”.

Quando ha iniziato a vendere cannabis light?

“Nel 2017. Presentammo il prodotto a una fiera di settore e vincemmo il premio come prodotto innovativo. Erano barattolini di infiorescenze coltivati da altri, lavorati, confezionati e venduti da me. C’era la fila”.

Erano illegali?

“I fiori di canapa che ho sempre venduto hanno un Thc inferiore allo 0,2%, ampiamente entro i limiti della legge, e un alto livello di Cbd, tra il 5 e il 15%. Ma la mia fu una provocazione giuridica, un atto di disobbedienza civile”.

Perché?

“Perché la legge 242 del 2016 sulla canapa, nata per incentivarne la filiera, ha una lacuna: non vengono citate le infiorescenze, il prodotto più importante. Per segnalare l’errore al legislatore, e con la certezza che nulla di penale potesse accadermi, ho iniziato a vendere il fiore di canapa industriale, la cui coltivazione è tuttora lecita. In pratica vendevo un prodotto non vietato, ma ignorato dalla legge, che non è esplicitamente illegale e al tempo stesso non è chiaramente lecito”.

Cos’è accaduto invece?

“Nel gennaio 2019 partirono le indagini. Io me ne accorsi mesi più tardi quando 34 funzionari della Guardia di finanza fecero un’irruzione stile narcos in casa, nel negozio e nel magazzino e sequestrarono documenti, il deposito, 649 chili di infiorescenze per un valore commerciale di 2 milioni di euro e la società Easyjoint che non potrò mai più utilizzare anche fossi innocente. Dopo 7000 pagine di inchiesta e 3 anni è arrivato il processo”.

Come mai ci si è accorti così in ritardo di un’attività considerata illecita?

“La guerra alla cannabis light è iniziata nel 2019. Matteo Salvini era ministro dell’Interno e disse: “i negozi di cannabis vanno sigillati uno a uno”. Due mesi più tardi arrivò la sentenza della Cassazione a sezioni unite che bandiva i derivati della cannabis “a meno che non siano privi di efficacia drogante” Così si sono mosse le procure nella loro caccia agli unicorni”.

Cosa intende?

“Dimostrare che una sostanza che non droga come la cannabis light sia droga è come voler dimostrare l’esistenza degli unicorni”. 

La procura di Parma le contesta però la destinazione d’uso delle sue infiorescenze...

“È il tentativo di interpretare la legge in senso restrittivo bypassando la capacità drogante e concentrandosi su destinazioni d’uso che non sono scudate dalle legge 242 del 2016 sulla canapa industriale e dunque ricadono nel testo unico sulle droghe. Ma torniamo al cortocircuito precedente: se la cannabis light non droga e il Thc è nei limiti di legge come può essere regolata da una legge sulle droghe?”.

Marola, se vince che succede?

“Qualcosa di agrodolce. Farò quello che 5 governi e 4 maggioranze non hanno saputo o voluto fare, ossia dare certezza al mercato della cannabis light. Ma nessuno mi risarcirà dei sequestri e della società che mi hanno scassato e non posso più usare perché sulla Easyjoint pesa un’inibizione perpetua. Oltre a dover sostenere ingenti spese legali per le quali ho attivato un crowdfunding che scade il 19 dicembre”. 

E se perde?

“Andrò in appello, in Cassazione e alla Corte di giustizia europea. Se perdo definitivamente verrà individuata la ricetta per spazzare via l’intero settore della cannabis e si muoveranno decine di altre procure finora immobili”.

Gasparri ha già presentato una proposta di legge per vietare la cannabis light tout court. Se la destra giocasse d’anticipo per chiudere la partita con una nuova legge?

“È un rischio. Ma davvero si vuole creare un altro mercato nero per tutto il canapone? Finirebbe come con i rave party: un mucchio selvaggio che fa ancora più confusione”.