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di Federica Olivo

huffingtonpost.it, 3 luglio 2022

Dati alla mano i giovanissimi non italiani non delinquono più degli altri. Huffpost ne parla con Scandurra (Antigone), Ferri (ActionAid) e Tartaglione (Arimo).

Rispolverato il linguaggio da Papeete, Matteo Salvini tuona contro lo ius scholae con varie argomentazioni. Una, affidata al Corriere della Sera, è la seguente: “I dati Istat dimostrano un’elevata devianza fra i giovani immigrati, notevolmente superiore ai coetanei italiani, come dimostrano i recenti fatti di cronaca, per esempio a Desenzano”. Potremmo obiettare che fatti come quelli di Desenzano sono troppo recenti per essere già stati analizzati dall’Istat, ma sorvoleremo, perché la sfilza di obiezioni è lunga. I fedelissimi di Salvini hanno mantenuto la stessa impostazione: “La metà dei reati commessi da minorenni, sono in capo a immigrati”, hanno detto vari parlamentari durante la riunione con i deputati della Lega mentre alla Camera iniziava la discussione della legge.

Sarà vero? Premessa: se è vero, come è vero - e lo vedremo nel dettaglio - che i reati nascono in contesti di marginalità sociale, non sarebbe uno scandalo se i dati citati dai leghisti fossero esatti. Peccato che, statistiche del Ministero della Giustizia alla mano, non è così. Semmai è vero il contrario: cioè, che soprattutto per quanto riguarda i reati gravi, i minori (o comunque i giovanissimi) italiani delinquono di più degli stranieri.

Il contesto cambia da reato a reato, ma per ogni giovane straniero che delinque, ci sono due italiani che compiono lo stesso reato. Neanche questo dato deve allarmare, fatte le dovute proporzioni, ma le cifre dimostrano che i leghisti hanno detto una cosa inesatta. Basta sfogliare le 32 pagine dell’analisi statistica dei dati su “minori e giovani adulti a carico dei servizi minorili” fornita dal Ministero della Giustizia, e aggiornata al 15 giugno, per rendersi conto della situazione. Il report tiene in considerazione i minorenni e i ragazzi tra i 18 e i 24 anni.

La maggior parte dei giovanissimi che commettono reati non viene reclusa in carcere, ma è affidata agli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm). Bene: dall’inizio dell’anno fino al 15 giugno, sono stati trattati dai servizi sociali gli autori minorenni (o comunque molto giovani) di 50.519 reati. Chiaramente ogni ragazzo preso in carico dall’Usmm può avere commesso più reati, e i fatti non sono necessariamente recenti. Ma andiamo a vedere quanti fatti delittuosi sono stati commessi dagli italiani e quanti dagli stranieri. Su 86 omicidi volontari 59 sono stati commessi da italiani e 27 da stranieri. Le lesioni volontarie, invece, sono 6.444: 4708 compiute da italiani e 1664 non italiani. E ancora, di 703 violenze sessuali sono accusati giovanissimi italiani, agli stranieri ne sono addebitate 248. La forbice si allarga sulle percosse: 459 sono gli autori (presunti o accertati) italiani, 182 gli stranieri. Per i reati contro il patrimonio la forbice tende ad assottigliarsi, ma non si può comunque dire che gli stranieri contribuiscano per il 50%. Ad esempio: 5533 furti sono addebitati agli italiani, 3758 agli stranieri, 3290 rapine sarebbero in capo a nostri connazionali, 2083 a stranieri. E così via.

Anche un’analisi storica dei dati non restituisce un aumento di minori stranieri affidati ai servizi sociali per minorenni. Anzi, negli ultimi 5 anni la cifra è rimasta sostanzialmente la stessa, con oscillazioni minime. Tanto per gli italiani quanto per gli stranieri. Fatto sta che, a fine 2021 gli italiani affidati alle Usmm erano 16197, gli stranieri 4600. Un quarto, o giù di lì. La percentuale sale lievemente se guardiamo ai collocamenti in comunità, dove gli stranieri sono il 39%. E si impenna - di questo a Salvini dovremo dare atto, ma solo in parte - quando si analizzano i dati dei giovanissimi nelle carceri minorili. La giustizia minorile è considerata il fiore all’occhiello del sistema, perché è strutturata in modo che solo una minima parte di giovani autori di reato viene recluso in un penitenziario. Al 15 giugno, i giovanissimi negli istituti di pena a loro dedicati erano 374. Tra questi 171, il 46% del totale, sono di origine straniera. Ma, come abbiamo visto analizzando le cifre di prima, non significa che la metà dei reati sono commessi da stranieri: “Non si può dire che gli stranieri vadano in carcere più degli italiani perché fanno reati più gravi, semmai è vero il contrario. La questione è che per loro le alternative al carcere sono più difficili”, spiega ad HuffPost Alessio Scandurra di Antigone. “Il problema - continua - sono le condizioni di partenza. In molte zone del Paese i minori italiani non vivono nelle stesse condizioni dei minori stranieri. E non è un caso se, anche tra gli italiani, quelli che non riescono ad accedere a una misura alternativa vengano soprattutto da alcuni territori”. I dati delle carceri minorili, insomma, ben poco ci dicono sulla devianza (copyright: Salvini) dei minori stranieri. Ci dicono, semmai, che per i giovanissimi di origine non italiana autori di reato essere affidati ai servizi sociali, o andare in comunità, è più difficile.

Chi lavora sul campo conferma questa tendenza: “Lavoriamo nel settore da tanti anni - dice ad HuffPost Paolo Tartaglione presidente di Arimo, cooperativa sociale con sede a Milano che si occupa dei minori in difficoltà in Lombardia - e non posso dire di aver riscontrato un aumento di stranieri autori di reato. In cinque anni ne abbiamo ospitati 113 e non ho intercettato alcun allarme: gli stranieri non delinquono di più o peggio di un tempo. Anzi, statisticamente i loro reati sono contro il patrimonio e non contro la persona”. Il punto su cui si dovrebbe ragionare, per il presidente di Arimo, è un altro: “Semmai si potrebbe dire che bisogna fare in modo che ci sia una pari distribuzione delle possibilità e, quindi, di accesso alle misure alternative”. Peraltro la delinquenza minorile non può essere paragonata a quella degli adulti: “Nella maggior parte dei casi - aggiunge - dietro la commissione di un reato c’è una richiesta di aiuto. Allora, in quest’ottica, può essere normale che un minore straniero incontri una difficoltà maggiore nella crescita. Non deve, quindi stupire, se ci sia un certo numero di giovanissimi non italiani che commettono reati”. Abbiamo appurato che i dati della Lega non sono veri. Ma, è il senso del ragionamento di Tartaglione, se anche fossero veri “sarebbero facilmente spiegabili” con le condizioni di marginalità e la difficoltà nel ricevere aiuto. “In ogni caso - sostiene - quella dei minori non è una scelta di delinquenza. Nella maggior parte dei casi si tratta di ragazzi che cercano di capire come diventare grandi. E purtroppo a volte gli adulti che li circondano non hanno gli strumenti per sostenerli”. Comunque stiano le cose, “non bisognerebbe mettere in correlazione questi dati con lo ius scholae e strumentalizzare una cosa così delicata”.

La concessione della cittadinanza ai giovani arrivati in Italia entro i 12 anni, che hanno frequentato almeno 5 anni di scuola nel nostro Paese, potrebbe essere anche un modo per “disinnescare delle tensioni sociali”. Ne è convinto Francesco Ferri, migrant advisor di Action Aid Italia, che sta seguendo passo dopo passo l’iter del disegno di legge in Parlamento. “Il fatto che ci siano giovanissimi stranieri che commettono reati dovrebbe semmai essere un motivo in più per interrogarsi. Un elemento in più per credere che sia meglio includerli nella sfera dei diritti”, osserva. Action Aid, con Cittadinanzattiva e Legambiente, al termine del festival della partecipazione di Bologna ha promosso un appello perché il via libera alla legge il più presto possibile. “Non è intollerabile - continua Ferri - che arriva e cresce in Italia da bambino sia escluso dalla cittadinanza. Se da piccolo non nota la differenza, quando arriva l’adolescenza si interroga e può avere un problema con l’autoriconoscimento”. Senza contare tutti i problemi pratici cui si va incontro: “Il peso del non avere la cittadinanza cresce con l’età, con i primi viaggi di istruzione, con le difficoltà sul lavoro, con le peripezie per il rinnovo del permesso di soggiorno”, argomenta Ferri, che è convinto che alla fine il testo sullo ius scholae passerà. Nonostante la posizione della destra: “In altri Paesi le destre sono favorevoli alla concessione della cittadinanza perché la considerano un elemento forte dell’identità nazionale”, aggiunge. Non è così in Italia. O, almeno, non è così per la destra che siede in Parlamento. Perché, secondo un sondaggio, una vasta fetta degli elettori di Lega e FdI sarebbero favorevoli allo ius scholae: “Quei dati hanno stupito anche me - spiega ancora Ferri - perché dimostrano che la base elettorale va in controtendenza rispetto alla classe dirigente”.

Mentre in Parlamento e sui giornali si dibatte del tema, ci sono tanti giovanissimi stranieri - più ottocentomila, secondo le stime - che aspettano di capire se potranno diventare cittadini italiani o no. E sono costretti a sentire frasi come “la cittadinanza va meritata”. “C’è molta delusione - conclude Ferri - intorno a questo tema. E c’è, soprattutto, il rischio che un’intera generazione continui a vivere con la percezione, costante, di essere stata rifiutata”. Rifiutata dal Paese in cui vive. E di cui si sente, pienamente, parte.