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di Michele Serra

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A proposito di baby gang e criminalità giovanile. Per andare alla radice del problema sarebbe necessario un lungo lavoro di risanamento sociale e di cura individuale. Servono insegnanti, assistenti sociali, psicologi, carceri che rieduchino e non abbrutiscano. Servono dignità e decoro nei posti dove si abita e dove crescono i futuri adulti.

Posizioni (e conoscenze) in evidente contrasto con le misure, piuttosto sbrigative, annunciate dal governo italiano, che soprattutto con alcuni suoi esponenti invoca il classico “giro di vite”, il ricorso a misure punitive e restrittive, estendendo anche ai minorenni le pene in vigore per gli adulti. In galera chi delinque, anche se ha 14 anni, senza fare storie e senza troppi piagnistei. Nel solco di quello slogan trucido che riecheggia, da anni, nei peggiori comizi e nelle chiacchiere social più sbrigative: sbattili dentro e butta via la chiave.

Ho condiviso al cento per cento quello che ha scritto Massimo Ammaniti, neuropsichiatra infantile e psicoanalista illustre, su Repubblica. Ma ho anche pensato (capita di pensare due cose contemporaneamente) che le sue giuste considerazioni su quanto occorrerebbe fare contengono, tutto intero, il drammatico problema che penalizza politicamente la sinistra; e premia la destra. Un eventuale “pacchetto Ammaniti”, contenente le proposte più efficaci (comprovatamente efficaci) dal punto di vista medico, educativo, sociale, richiede tempo e fatica. Molto tempo, molta fatica, in cambio di risultati certo non immediati.

Che non producono titoli di giornale e di telegiornale. Che non parlano all’emotività delle persone, ma alla loro ragione. Che non portano voti. E questo tempo, questa fatica, a una parte consistente della pubblica opinione, sembrano pretestuosi. Fiato sprecato. Un menare il can per l’aia i cui effetti non sono visibili: vuoi mettere una bella retata, che in una mezza giornata ripulisce un quartiere? (poi la mattina dopo tutto torna come prima: ma è la mattina dopo).

La sinistra - termine che uso con tutte le necessarie avvertenze: si tratta di un’approssimazione - è molto vocata alla definizione dei problemi, cerca di analizzarli nella loro complessità (parola ormai quasi inascoltabile, per colpa di tutte le volte che siamo stati costretti a usarla). Ma molto spesso non è in grado di offrire soluzioni. Non, almeno, quelle soluzioni di immediata “sonorità”, tipo “butta via la chiave”, che fanno il rumore secco e forte del tappo che salta, della frase che chiude il discorso, dello slogan che fa strage, in una sola riga, di tutte le coordinate e le subordinate. Basta complicazioni. Basta chiacchiere. Basta con il latinorum degli intellettuali.

Meglio una sola operazione di polizia che cento convegni di criminologia. Facciamola finita, no?

La mentalità di destra - ripeto, scrivendo “destra”, le stesse avvertenze usate prima per “sinistra” - è dunque l’antidoto quasi automatico alle lungaggini dialettiche, e alla fine anche politiche, della sinistra. Lo stupro è il frutto di secoli di cultura patriarcale? Ma va’ là! Castrazione chimica e non se ne parla più. Il ragazzino scippatore è figlio del degrado sociale del suo quartiere e di famiglie incapaci di produrre mezza regola etica, anche di terza scelta? Sì, va beh, sarà anche, ma intanto mettiamolo dentro (“a marcire in galera”, come si usa dire dalle parti del Salvini, che per altro è vicepresidente del Consiglio).

Non sto qui a ripetervi - lo sapete già - che nel medio e nel lungo periodo sarà sempre la complessità (che è poi la realtà, è la natura delle cose) a vincere: e le soluzioni strillate, i modi bruschi, le scorciatoie vecchie come il cucco alla fine si riveleranno, loro sì, tempo perso, fiato sprecato, faccia feroce che non spaventa nessuno.

Voglio aggiungere, però, che a rendere doveroso omaggio alla complessità certe volte ci si stanca. E ci si deprime, e si vorrebbe portare a sintesi quello che si è pensato e che si è imparato. E facciamo una enorme fatica a farlo, noi “di sinistra”, e in certi momenti quasi invidiamo la facilità, stavo per dire la faciloneria, con la quale molta destra spara le sue certezze.

Nella politica l’analisi è tutto, ma senza sintesi si rischia di diventare dei cacadubbi. La vecchia epoca degli slogan sui manifesti, e gridati dai megafoni, noi boomers ce la ricordiamo bene. Quasi nessuno di quegli slogan è ripetibile e utile, il tempo li ha resi carta straccia, come i manifesti laceri che volano per la strada a elezioni avvenute (e generalmente perse…).

Ma almeno un paio di slogan nuovi, di quelli che colpiscono e danno l’idea che almeno un problema su dieci lo si possa affrontare al galoppo, infilzandolo nello spadone: beh, non mi dispiacerebbe. Ci vorrebbe un concorso nazionale: regala uno slogan decente alla sinistra. Semplificale la vita. Sollevala, povera sinistra, dal suo paralizzante complesso della complessità.