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di Rosario Di Raimondo e Massimo Pisa

La Repubblica, 15 agosto 2023

A scriverlo in una circolare è il provveditore alle carceri lombarde. Le manette sarebbero state usate in diverse situazioni. L’oggetto della circolare firmata da Maria Milano, provveditore regionale alle carceri, non lascia spazio a interpretazioni: “Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione”. Il testo è una bacchettata “ai Signori Direttori degli Ii.Pp.”, diciotto in totale: “Dalla lettura di eventi critici recentemente occorsi e descritti nell’apposito applicativo - si legge - è emerso, in talune circostanze, un utilizzo improprio dei mezzi di coercizione fisica. In particolare, è stato rilevato l’uso delle manette all’interno delle sezioni detentive per contenere gli agiti auto ed etero aggressivi posti in essere dai detenuti”.

A estremi rimedi, ricorda l’articolo 41 dell’ordinamento, si può ricorrere “a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire l’incolumità dello stesso soggetto”. E, aggiunge il provveditore, “l’uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario”.

Manette in cella. Per punire e per tenere a bada. La nota nasce dall’esigenza di rimarcare il rispetto delle regole in contesti delicati e purtroppo frequenti, quando ci si trova davanti a comportamenti aggressivi dei detenuti verso se stessi o gli altri. Situazioni difficili e per questo inserite in un perimetro di norme che, evidentemente, è stato superato.

Ma è una vicenda “significativa di un clima di grande ed inutile sofferenza del sistema penitenziario che non attenua le criticità”, come ricorda il garante dei detenuti milanesi, Francesco Maisto, che già ieri aveva affidato a Repubblica la sua analisi delle criticità del sistema carcerario. “Sono necessarie direttive e orientamenti immediati”, conclude.

Il testo della circolare “mi sembra sintomatico di un’atmosfera di tensioni interne - sottolinea l’avvocata Valentina Alberta, presidente della Camera penale -. C’è un fortissimo disagio fra i detenuti e non credo debba essere affrontato attraverso strumenti coercitivi. A volte sono necessari, e per questo ci sono norme e limiti, ma in questa fase servono più che altro ascolto, presa in carico, risposte alle esigenze delle persone detenute”. Eccessi nient’affatto nuovi: “Mi è capitato più volte di avere dubbi rispetto a situazioni che mi venivano raccontate in modo edulcorato - ribadisce Alberta Se qualcuno non si comporta come deve, va individuato e punito. Anche noi, come avvocati, dobbiamo stare attenti. Non possiamo fare finta di niente”.

Allarga l’orizzonte Daniele Nahum, presidente della sottocommissione carceri di Palazzo Marino: “Meno male che il provveditore svolge il suo ruolo in maniera esemplare. La Lombardia, con la Puglia, ha il più alto tasso di sovraffollamento in Italia, per cui tutto il pianeta carceri è sotto stress. Serve una terapia shock. Non costruire nuove carceri ma pensare a strumenti come l’indulto o l’amnistia”. Da applicare “ai 20-30 mila detenuti che hanno residui di pena da uno a tre anni, che dovrebbero scontare fuori dagli istituti, in particolare per i reati più lievi”. E poi a tossicomani e soggetti psichiatrici, “che non dovrebbero scontare la pena in carcere come invece accade”.