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di Maurizio Tucci*

Corriere della Sera, 24 novembre 2023

Maurizio Tucci, presidente del Laboratorio Adolescenza, ci invita a riflettere sull’educazione e sul nostro sguardo sui figli, che sono diventati “sovrani” in famiglia. A parità di tragedia e a parità di dolore, l’omicidio della giovane Giulia - che non è il primo e purtroppo è difficile sperare che possa essere l’ultimo di questa rabbrividente categoria - ha suscitato un clamore particolare e una reazione dell’opinione pubblica fortissima. Tra le possibili ragioni, il fatto che sia maturato in un ambiente familiare e sociale “insospettabile”. Probabilmente, se Filippo fosse stato un personaggio borderline, un bullo conclamato, un ragazzo proveniente da un contesto sociale a rischio o, perché no, un immigrato, saremmo, per assurdo, più “confortati”, perché questo ci consentirebbe di allontanarlo un po’ di più dall’immaginario che noi “perbene” ci costruiamo dei nostri figli. E magari a qualcuno potrebbe anche venir voglia di azzardare, a commento, quel disgustoso “ma un po’ se l’è andata a cercare” che ancora sentiamo troppo spesso.

La scuola - E invece niente, l’assassino non ci dà nessun appiglio per distinguerlo dai nostri figli, bravi e studiosi, e ci sbatte impietosamente in faccia la realtà che stiamo vivendo. Ci costringe a guardare con più attenzione intorno e dentro la nostra stessa famiglia. Sulla scorta dell’emozione che la morte di Giulia ha suscitato ognuno, chi in buona fede chi meno, ha tirato fuori le sue “ricette”. Da nuove leggi a pene più severe, fino al ripescaggio, più a sproposito che mai, della castrazione chimica. E poi, inevitabilmente, è stata tirata in ballo la scuola. Come spesso capita quando non si sa che fare, ecco che la vituperata scuola diventa la sponda più comoda per affidare il compito di trasformare i cannibali in vegetariani. Adolescenti senza il minimo senso civico? Otto ore al mese di educazione civica. Adolescenti che ammazzano la fidanzata (o ex) perché invidiosi del fatto che è più sveglia di loro o perché li ha lasciati? Altre otto ore al mese di educazione all’affettività. E così, dopo le otto più otto ore di educazione civica e di educazione all’affettività, rimandiamo a casa i ragazzi, magari a rieducare padri, madri e governanti che di senso civico ne hanno spesso molto meno di loro e che continuano a considerare, di fatto, donna e uomo su piani diversi e secondo la morale che è meglio non andare a stuzzicare il “lupo”, che comunque si tiene ben stretto il pelo e il vizio.

La rivoluzione - Alessandra Condito, illuminata dirigente di un liceo scientifico di Milano, scrive così a tutta la comunità della sua scuola: “Penso che chi abita la scuola ha il dovere morale di essere un cittadino migliore. Perché a lui la società ha offerto il privilegio di leggere le emozioni attraverso l’esperienza del sapere condiviso, in un luogo che è fatto di voci, corpi, femminile, maschile, vita”. E poi, ragionevolmente, chiosa dicendo: “Io non lo so se la scuola basti a eliminare la violenza dalle nostre società. Perché questo accada occorrerebbe davvero una rivoluzione: nelle famiglie, in televisione, sui social, nelle Istituzioni”. Il punto è proprio questo. Serve quella rivoluzione che nell’impeto del dolore chiede, quasi istintivamente, Elena, la sorella della giovane vittima. Una rivoluzione che parta dalla famiglia. Lo psicologo e antropologo francese Daniel Marcelli nel suo libro “Il bambino sovrano” - scritto non oggi o subito dopo la pandemia Covid, ma profeticamente nel 2004 - imputa molta della violenza adolescenziale ad un deficit nel riuscire a vivere e a superare le frustrazioni. Deficit che deriva - cito sempre Marcelli - dalla mancanza, da parte dei genitori, di quel “no limitante” che insegna, appunto, a vivere e a superare la frustrazione. Le età della vita sono tutte, in qualche modo, propedeutiche a quelle che vengono dopo. E se un bambino, un preadolescente, non impara a “perdere” a “rinunciare” a infrangersi contro un “no limitante”, quando i suoi interlocutori non saranno più i genitori protettivi e il contesto non sarà più quello vellutato della sua casa, alla prima frustrazione rischierà di crollare, vivendola come una inaccettabile minaccia a sé stesso. E le conseguenze sono spesso esplosioni di violenza contro sé stessi o contro gli altri.

Il sovrano - I genitori inizino a capire che il bambino, prima, e l’adolescente, dopo, non è un “sovrano” a cui tutto è dovuto purché sia bravo a scuola, bravo nello sport e ci faccia fare “bella figura” in società. Gli insegnino a stare al mondo con le sue forze e non cerchino di adattare alle sue forze il mondo. Perché comunque non potranno farlo per sempre e allora cominceranno i guai. E soprattutto, se il loro figlio è un maschio, gli insegnino, possibilmente con l’esempio, che non è un privilegio né una rendita di posizione. E poi, certo, la scuola potrà e dovrà dare il suo valido contributo ma, innanzi tutto, si cominci a rispettarla e non la si invochi solo quando intorno vediamo macerie.

*Presidente del “Laboratorio Adolescenza” di Milano