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di Luca Monticelli

La Stampa, 12 novembre 2023

Svastiche e stelle di David sui muri, pietre d’inciampo bruciate e studenti insultati: segnalazioni a Roma, Milano, Livorno. Sputi e insulti a un gruppo di persone uscite dalla sinagoga di Firenze. A Milano, periferia est, sul muro di un palazzo compare una stella di David disegnata con lo spray rosso e il numero dell’interno in cui abita un’insegnante di religione ebraica. “Ti buttiamo dalla finestra” urlano i compagni di classe di una ragazza italo-israeliana di una scuola media. A Roma sono spuntate per le strade svastiche, stelle di David, quattro pietre d’inciampo sono state vandalizzate e il calciatore Azmoun è diventato suo malgrado protagonista di un coro allo stadio: “Il nostro centravanti è un iraniano, fa il saluto romano, odia negri e giudei, donne trans e gay. Nella As Roma non ci sono ebrei”, cantano gli ultras giallorossi. Questo è il clima che si respira in Italia dopo il 7 ottobre, quando Hamas ha assaltato i kibbutz al confine con la Striscia di Gaza, massacrando 1.400 persone e sequestrandone più di 240. Un mese di guerra a Gaza ha comportato una recrudescenza di odio nei confronti degli ebrei di tutto il mondo, anche quelli italiani patiscono offese, umiliazioni e magari sono costretti a nascondere i simboli religiosi. “Gli episodi sono tantissimi, decisamente sopra la media”, spiega Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio antisemitismo del Cdec, la “Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea”. Solo a ottobre l’antenna antisemitismo, che raccoglie i dati con il sostegno dell’Ucei, ha contato 75 segnalazioni contro persone di religione ebraica. Il confronto rispetto a ottobre dello scorso anno è emblematico: allora gli episodi erano stati una ventina. Al di là delle segnalazioni che riguardano il web e i social, sono in crescita le aggressioni, gli insulti, le minacce nella vita reale.

“Il clima è molto cupo, qualche giorno dopo il 7 ottobre c’è stato un punto di svolta. Dei 75 episodi registrati, 40 sono molto concreti”, prosegue Guetta. Sul web e sui social, infatti, “la violenza verbale è incredibile, ma quando vedo che le persone trovano il coraggio di uscire di casa e inveire contro altre persone, scrivere sui muri, all’ansia subentra anche la sensazione di essere in pericolo. Sono cose che impressionano, che toccano da vicino. Ci consigliano di non indossare simboli ebraici, agli uomini di non mettere la kippah, conosco diverse famiglie che hanno tolto le mezuzah dalla porta di casa. Ci sentiamo dei bersagli”.

Sul sito dell’Osservatorio del Cdec periodicamente vengono verificate e poi inserite tutte le segnalazioni. “Sono tante e inquietanti, sappiamo di alcuni ragazzi di Milano che hanno lasciato la scuola pubblica per iscriversi alla scuola ebraica. Un gruppo di studenti israeliani che frequenta la facoltà di medicina a Bologna ha raccontato il disagio per aver subito insulti da colleghi arabi, questi giovani adesso hanno paura ad andare all’Università”. Anche a Roma l’antisemitismo è entrato nelle scuole: al liceo Righi, uno studente ebreo è stato messo alla gogna da un professore.

Sempre a Milano, vicino al quartiere ebraico, sono comparsi volantini minatori. In un altro locale, il proprietario ha trovato la scritta “i sionisti non sono benvenuti”. Gli episodi sono continui: dalla scritta “W Hamas” a Livorno al ragazzo americano aggredito alla Statale di Milano perché indossava una collana con la stella di David. Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme, si è rammaricato per il fatto che le piazze pro palestinesi non abbiano condannato le atrocità di Hamas. Anche in Italia, Betti Guetta non ha notato una grande solidarietà per la mattanza del 7 ottobre: “Non c’è stata reale comprensione, si è detto subito “però Israele...”. Io sono un’ebrea di origine libica e so cosa sono i pogrom, li ha subiti la mia famiglia, e il 7 ottobre ci sono stati dei pogrom, questo è successo ma non è stato stigmatizzato abbastanza”.