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di Giuseppe Santalucia*

giustiziainsieme.it, 23 ottobre 2023

Dall'ultimo Comitato Direttivo Centrale non sono per noi successe grandi cose, cioè non numerose ma significative. Credo, però, che un pensiero vada fatto ai fatti del mondo che ci stanno purtroppo rattristando fortemente: la seconda guerra che sta scoppiando alle porte, alle nostre porte. Io provo anche un senso di imbarazzo e disagio a parlare delle nostre cose nel momento in cui il mondo intorno a noi si infiamma, però supero questa, come dire, sensazione di parlare di piccole cose di fronte ai grandi drammi del mondo, pensando che quando succedono chi come noi non ha voce per occuparsi delle grandi cose non può che rafforzarsi nell'impegno di fare il proprio dovere, ciascuno facendo ciò che deve, facendolo al meglio può contribuire a che, come dire, le cose si rimettano a posto. Non possiamo intervenire sullo scenario internazionale, possiamo essere ancora più consapevoli dell’importanza di, un sabato, occuparci delle nostre cose e di farlo bene. È un dovere, quello della rappresentanza associativa, che alla luce di questa considerazione generale può sembrare un po', come dire, eccentrica e dei fatti che sono avvenuti dà il senso di quello che intendo io. Un dovere che dobbiamo sentire ancora più forte perché abbiamo nel nostro Statuto il compito di difendere l'ordine giudiziario, non solo i magistrati, ma l'ordine giudiziario e i fatti che sono avvenuti nei primissimi giorni di ottobre ci chiamano a questo dovere.

Una difesa composta, una difesa razionale, riflessiva, aperta a discutere di tante questioni che sono implicate da quello che è avvenuto: mi riferisco ai fatti catanesi, ai provvedimenti di non convalida dei trattenimenti di cittadini extracomunitari, seguiti poi da polemiche giornalistiche anche per quanto avvenuto al Tribunale di Firenze. Dunque, aperti a trattare tutte le questioni che possono essere implicate senza però perdere di vista il dato centrale: il dato centrale è che da una critica a provvedimenti giudiziari, assolutamente legittima da chiunque provenga, si è passati - come tutti sappiamo - a una critica alla persona o, meglio, alla ricerca di elementi che possano gettare un'ombra di parzialità, di inadeguatezza sul magistrato che ha emesso determinati provvedimenti. Io credo che il nucleo della vicenda sia questo. Si è aperta, poi, una discussione sulla imparzialità, sull'apparenza di imparzialità, temi importanti che io non voglio, come dire, mettere in un angolo perché sono i temi nostri, i temi propri dell'essere magistrati, il tema dell'etica del magistrato e l’etica è un nostro tema. Un po’ quello che ha detto il Ministro della giustizia quando ha detto, secondo me, parlando della collega Apostolico e della sua partecipazione - per quanto sappiamo noi passiva - ad una manifestazione sul molo del porto di Catania ai tempi della nave Diciotti, tenuta fuori dal porto per una volontà ministeriale, una presenza passiva quella che sappiamo noi, lui ha detto, il Ministro, “poteva andare” - questa frase mi ha colpito molto - “ma non doveva”. In questo autorevole giudizio del Ministro, io vedo una opinione importante che è quella che non c'è stata nessuna violazione disciplinare perché se posso esercito un diritto ma “non doveva”, perché c'è un profilo dell'etica che, secondo l'opinione del Ministro, il punto di vista del Ministro, come dire, doveva essere tenuto in conto dalla collega.

Io faccio due riflessioni su questo, stimolato appunto da questa breve battuta che è gravida di significati: che il non doveva dell’etica è un tema nostro, io non penso che il Ministro, al di là di un’opinione, possa come chiunque altro parlarne di più e approfondire la questione. L’etica nel codice etico l’abbiamo elaborata noi sulla base di una legge dello Stato, perché è una precisa scelta che sia l'organo associativo - che è l’organo che rappresenta il ceto professionale - a poter stabilire quali sono le regole dell'etica, non ci viene imposta perché se facciamo questo noi, come dire, trasportiamo le regole dell'etica sul campo del disciplinare e questo è pericolosissimo. Quindi io condivido ciò che dice il Ministro “può” - questo è un dato importante - ha esercitato un diritto costituzionale, basta leggere la sentenza della Corte costituzionale che dice che i diritti costituzionali spettano ai magistrati come a chiunque altro; si pone un problema di modalità di esercizio: bene, sulle modalità di esercizio, se non c'è, come dire, questione disciplinare perché c'è una possibilità, una liceità stabilita dall'ordinamento, quello spetta a noi e ne potremo discutere ma non è questo il momento.

Il momento oggi è chiederci qualcosa di diverso da quello che si è chiesto il Ministro: se io potrò, io magistrato, dopo la campagna di denigrazione, di caccia all'uomo giornalisticamente messa in piedi con fotografie che riprendono la collega mentre circola per le strade di Catania su un ciclomotore - non so bene quale fosse il senso del post di questo giornalista - o chiedersi quale sia il senso, il contenuto di una deposizione testimoniale fatta nel procedimento che ha riguardato il figlio, tutto questo è altro, come dire, dal censorio sul piano dell'etica. È una caccia all'uomo, è una ricerca di una profilazione di questo magistrato in modo tale da poterlo consegnare all'opinione pubblica come un soggetto inadeguato, peggio, ancora, forse leggendo la rassegna stampa, come un soggetto che, in qualche modo, non assicura il contrasto dell'immigrazione illegale nel momento in cui, per i fatti cui accennavo prima, l'immigrazione illegale può diventare pericolosissima per la sicurezza nazionale visto il Ministro dell’interno ed altri che richiamano i pericoli di infiltrazione di terroristi. Se si compone il quadro l'operazione è pericolosissima. Allora io mi chiedo: potrà un magistrato, alla luce di questa esperienza che abbiamo vissuto attraverso questa povera collega consegnata in questo modo all'opinione pubblica, fare il proprio dovere, lo potrà fare, lo farà e potrà, non può e non deve ma devo e potrò fare ciò che io devo, perché quello che io devo è fare giustizia prescindendo da tutte queste considerazioni che appartengono al potere politico, al Governo. Io se faccio immigrazione non posso caricarmi di altro tipo di considerazioni che è quello che il Ministro dell'interno fa, se il Ministro dell'interno ritiene che ci siano infiltrazioni che faccia il suo, ma non si può caricare la giurisdizione di altro. La giurisdizione va rispettata per quello che è: un potere indipendente.

La domanda che io sento forte oggi è: potremmo - come ha scritto anche un giornalista molto acuto - “potremmo fare ciò che dobbiamo fare senza occuparci dei rischi che questo nostro esercizio del dovere comporta?” Rischi personali. Ed è questa la domanda che io rimando al Ministro della giustizia, ribaltando i termini delle sue considerazioni che pure, come dire, mi trovano d'accordo. E lo faccio al Ministro della giustizia cercando di cogliere tutto il significato costituzionale della sua rilevanza, è l’unico Ministro nominato in Costituzione, perché credo che il senso fosse quello di schermare quanto più possibile un potere autonomo e indipendente dalle incursioni governative e che tutto si convogliasse e fosse reso, come dire, al Ministro della giustizia perché lui è l’unico nostro interlocutore, dell'ordine giudiziario. Io su questo vorrei che si riflettesse, perché noi abbiamo avuto invece un altro Ministro che attraverso un post ha scatenato questo tipo di, come dire, di aggressione alla persona, postando un video di cinque anni fa. Alla domanda, non importa da dove nasce il video, non importa cosa è successo, importa quello che c'era nel video, io sollecito una riflessione e ve la consegno. Io credo che questa domanda sia una domanda fuorviante e non perché non ci si deve occupare dell'apparenza di imparzialità o dell’imparzialità, ma perché in questo momento quello che a noi interessa è proprio come nasce una aggressione di una persona ad un magistrato, in ragione dei provvedimenti che ha assunto. Quindi nessuna sotto considerazione dei temi che possono essere implicati dalla partecipazione a una manifestazione pubblica, e come dire lascio impregiudicata, a me non interessa, ci sono gli organi istituzionali che si dovranno occupare, leggo nelle parole del Ministro già, come dire, un'anticipazione di quello che lui pensa.

Il tema oggi è un altro: è proprio da dove nasce il video, da dove nasce questo modo di fare di un Ministro, di tutto ciò che poi ne consegue, perché ovviamente il Ministro ha postato questo video, poi come dire da quel video è nata una campagna giornalistica dai toni aggressivi inusitati, è nata anche - noi non abbiamo preso posizione - una indicazione dal partito di appartenenza del Ministro che dice che bisogna cambiare la composizione delle sezioni immigrazione, per restituire alle sezioni maggiore efficienza e maggiore indipendenza; non si è concretizzata in nulla ma vedete che, da quel modo di fare, da quella scelta infelice di additare all'opinione pubblica un magistrato, disinteressandosi dei contenuti del provvedimento, perché non c'è stata finora una critica al provvedimento - critica che noi come dire accettiamo come fisiologia, non c’è oggi nessun tipo di chiusura corporativa - si è passati a una aggressione alla persona. E da questo ci sono responsabilità anche, come dire, oggettive se si fa, se si impostano i rapporti con l'ordine giudiziario disinteressandosi del ruolo costituzionale del Ministro, perché non mi avrebbe scandalizzato se in un Consiglio dei ministri il Governo avesse conferito incarico al Ministro della giustizia di approfondire la questione - quello che vuole la Costituzione - il titolare dell'azione disciplinare è il Ministro della giustizia, è l'unico componente del governo, è l'unico Ministro che viene citato nella Costituzione e la sua citazione non è perché la giustizia è più importante dell’interno, degli esteri o dell'economia, ma perché la relazione che si instaura è con un ordine che deve essere preservato da questo tipo di incursioni che ci indeboliscono fortemente, che indeboliscono al di là della persona, indeboliscono l'ordine giudiziario, la sua immagine, la sua credibilità, e che addirittura ne fanno un potere talmente indipendente da risultare arbitrario, talmente indipendente ed arbitrario da poter anche essere ragione di un indebolimento della sicurezza nazionale sul fronte dell'immigrazione e dei pericoli connessi. Questo è il tema. Non è il tema della imparzialità e dell'apparenza, perché sennò perdiamo di vista quello che è successo. Parliamo di tutto ma scegliamo i tempi, non facciamoci imporre l'agenda di una trattazione di questioni importanti da chi usa questi strumenti per aggredire non solo una persona ma anche la funzione giudiziaria. È un po' come dire, semplificando, visto che siamo anche su Radio Radicale, è un po' come la favoletta del lupo e dell’agnello, nessuno leggendo quella favoletta che conosciamo tutti del lupo e dell’agnello si è chiesto se veramente il genitore dell'agnello avesse intorbidito le acque sei mesi prima, poteva essere di una certa rilevanza, non sto comparando l'apparenza di imparzialità all’intorpidimento delle acque del lupo, però non è quello il tema.

Occupiamocene in un’altra sede, sapendo che il dato centrale per un magistrato è l’imparzialità e l'apparenza di imparzialità è un valore importante ma ancillare. Senza l'imparzialità, l'apparenza ci trasforma in sepolcri imbiancati, per usare le parole evangeliche. Con l’imparzialità e senza l'apparenza possiamo essere avventati, incauti, possiamo incorrere in un giudizio censorio sul piano dell’etica e dei comportamenti professionali, ma certamente non abbiamo tradito la nostra funzione. Non avviene così se ci curiamo troppo dell'apparenza e poco dell’imparzialità, perché se no ci trasformiamo in soggetti che ipocritamente sfruttano il potere che hanno per fini che sono altri da quello di far giustizia. Quindi con questo tipo di coordinate credo che potremmo affrontare la questione che oggi ci interpella, perché quello che è accaduto è fortemente grave. Si dice: ma stava in una piazza pubblica, stava in un porto, quindi quando io pubblico qualcosa di pubblico non commetto nulla, nemmeno di non commendevole. Non è così. Perché io mi chiedo se qualcuno detiene, e chi e a che titolo e perchè, un video di quando cinque anni fa transitavo in una piazza pubblica, non rispettando un verde o un rosso, e allora è possibile che succeda questo, che se domani io faccio un provvedimento non gradito - perché il nucleo è quello, quei provvedimenti non sono stati graditi a chi ha legittimamente delle aspettative, ha fatto un decreto legge, io tutto questo lo lascerei sullo sfondo - ma è possibile che accada presto, che ci siano cassetti che conservano anche comportamenti pubblici da utilizzare alla bisogna per costruire una narrazione intorno ad un magistrato di un certo tipo. Se il magistrato ha sbagliato ci sono gli strumenti e noi rifletteremo. Credo che io sento il bisogno di riflettere su questi temi perché oggi i temi che ci interpellano fortemente sono l’imparzialità, con tutte le sue declinazioni possibili, e l’interpretazione. Perché, guardate, la critica poi si è spostata dal Tribunale di Catania al Tribunale di Firenze, che ha argomentato un po' più diffusamente sul rapporto tra atto e decreto ministeriale, sui luoghi sicuri, sul potere normativo e sul potere interpretativo del giudice; il tema è questo: quali sono i confini della interpretazione che è consentita, quali all'interno di una discussione sulla imparzialità.

Io ricorderei che la prima verifica dell'imparzialità è la motivazione. Dunque, comunque partiamo da lì, partiamo dal provvedimento e non invertiamo l'ordine delle questioni partendo dalla persona per gettare un'ombra sul provvedimento. La nostra prima cartina al tornasole dell'imparzialità è ciò che scriviamo, come argomentiamo. Dopodiché il tema si è posto autorevolmente, si è posto anche in un convegno prestigiosissimo a Palermo, che è il tema dell'interpretazione, del rapporto tra gli ordinamenti, dell'ordinamento sovranazionale dell’Unione e dell'interpretazione conforme, sono temi che ricorrono, sono temi che come dire stanno ravvivando un dibattito dottrinale, sono temi importantissimi su cui noi dovremmo riflettere, ma tutto questo non oggi. Oggi c'è da rivendicare la indipendenza della funzione giudiziaria e la intollerabilità di questo modo di impostare i rapporti con dei provvedimenti non graditi, pensando anche e senza sottovalutare nessuno degli aspetti. Guardate, io ve lo dico con assoluta convinzione, per me il tema è importantissimo, che non basta non andare in una manifestazione pubblica per essere al riparo perché, come abbiamo avuto prova da quello che è successo col Tribunale di Firenze la questione si sposta: ha fatto un convegno, ha parlato contro un decreto, ha fatto un’esperienza ministeriale con questo o con quello.

Ora il confine, quando si parla di apparenza di imparzialità tra il lecito e il non opportuno è, come dire, estremamente labile; riflettiamo noi prima che ce lo impongono gli altri. Riflettiamo sapendo che non è tema del legislatore, non è tema del governo, perché l'etica è un tema nostro. Dopodiché noi abbiamo alle porte un congresso; ci occuperemo anche di questo. Io, non come presidente, ma come magistrato, come componente della nostra categoria, sento fortemente il bisogno di rinnovare una nostra riflessione autonoma sull'interpretazione, e sui poteri e sui limiti dell’interpretazione. Vi anticipo, ancor prima di consegnarvi questa riflessione, che questo è il tema. Non possiamo cedere strumenti che sono ormai a noi consegnati da tempo in una complessità dell'ordinamento che vede l’interferenza di fonti normative non più organizzate secondo il principio della gerarchia - questo lo vorrei ricordare, la legge la si rispetta collocandola in un nuovo ordine, non dandole una primazia che oggi, non per volontà nostra, può non avere più in certi settori - quindi non cedendo strumenti, ma avendo consapevolezza che gli strumenti di cui disponiamo sono particolarmente incidenti e quindi cautela, attenzione, serietà professionale, questa è la riflessione che oggi il tema dell'interpretazione credo si imponga a tutti noi. Sapere quanto il potere giudiziario, per ragioni di evoluzione storico-istituzionali, ha a disposizione rispetto al potere degli anni Cinquanta, ma non è certamente quel tipo di sistemazione del rapporto del giudice e legge che possiamo invocare o evocare come un paradiso felice che ci vedeva in rapporti sereni col potere politico. Rinnovare una riflessione alla luce di tutto ciò che è successo anche per prendere atto, per riattestare la consapevolezza della delicatezza del lavoro che facciamo e quindi una delicatezza che, poi, sono strumenti come il bisturi, non penseremmo mai di levare il bisturi dalle mani di un chirurgo ma pretendiamo che lo usi con la massima cautela, con la massima professionalità, e anche il tema dell'imparzialità è strettamente connesso, perché noi interpretiamo, motiviamo e diamo in quel modo la manifestazione prima della nostra imparzialità.

Trattiamoli in un congresso, trattiamoli, facciamoli temi congressuali, facciamo di più, prepariamo un congresso non come tradizionalmente è avvenuto, ponendo questi temi facendo intervenire cattedratici, esperti o autorevoli giuristi, lasciando un po' l’assemblea spettatore passivo. Facciamo in modo che dalle Sezioni, con il coinvolgimento del Comitato Direttivo Centrale, si inizi sin da subito, se decidiamo, una riflessione nelle varie articolazioni di cui si compone l’Associazione Nazionale Magistrati, che si arrivi al congresso con maggiore consapevolezza, avendo già delle proposte e delle idee su questi temi, che si discuta noi perché credo che il tema appartenga interamente a noi e non alla politica e non al resto. Non possiamo pensare che ci siano interventi sulla interpretazione, non possiamo pensare che ci possano essere interventi sulla imparzialità e l'apparenza, che ripeto sono temi che appartengono esclusivamente all'etica e alla professionalità e su questo credo che le invasioni di campo sarebbero di altri e non nostre. Quindi facciamolo perché c’è bisogno di farlo, quello che è avvenuto è comunque indicativo dell’urgenza della riflessione, facciamolo nelle sedi proprie, nelle sedi della riflessione collettiva. Oggi il nostro impegno è, invece, un impegno di difesa dell'ordine per non cadere nella trappola di parlare di altro rispetto a ciò che invece è l’urgenza.

*Presidente ANM. Discorso tenuto in occasione dell'assemblea del Comitato Direttivo Centrale a Roma, 21 ottobre 2023).