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di Adriano Sofri

Il Foglio, 7 settembre 2024

Spoon river. 5 settembre. Imperia. Detenuto italiano di 45 anni si impicca alle sbarre della cella, quando gli altri sono fuori all’aria. Non ho trovato il nome. Ho trovato il suo curriculum criminale. Era stato condannato in passato a un anno per reati minori, “furto, resistenza” (furto da poco, per una condanna simile in un regime così prodigo di anni). Ora stava scontando sei mesi: 6 mesi. Sarebbe uscito a gennaio. Era certificato il suo stato di malessere psichiatrico. A modo suo, si è impiccato nell’ora d’aria.

5 settembre. Livorno. Un cittadino italiano, di 56 anni, in carcere “per reati tributari”, detenuto nell’isola di Gorgona e lavorante come panettiere, ricevuto un permesso premio, si è tolto la vita “nella casa della sua convivente”, cioè a casa sua, a Rosignano Marittima. Luoghi invidiabili nell’estate, Rosignano e Gorgona. Per suicidarsi, ha aspettato il premio di poterlo fare in libertà, a modo suo.

5 settembre. Milano. San Vittore. Un detenuto di origini egiziane, Youssef Mokhtar Loka Barsom, 18 anni, è morto carbonizzato nella sua cella, condivisa con un altro, dopo aver, pare, dato fuoco alle coperte. Arrivato tempestosamente in Italia a 15 anni, il ragazzo era stato ospitato in una comunità terapeutica e ne era fuggito alla fine di luglio: era in attesa di giudizio per un’accusa di rapina. Nell’occasione, è stata resa pubblica la portata del cosiddetto sovraffollamento nel carcere di San Vittore: 1100 detenuti su 445 posti disponibili, il 247 per cento. Sembra uno scherzo. Le condizioni di difficoltà psichiatrica del ragazzo erano state accertate da sempre, e di nuovo da una perizia all’indomani dell’udienza preliminare.

I tre avvenimenti sopra elencati sono così esemplari da superare una lugubre immaginazione. Pongono un problema: costituiscono il 69esimo, 70esimo, e 71esimo caso di suicidio di detenuti? Poiché il diciottenne Youssef Mokhtar è stato trovato nel vano della cella addetto al bagno, dove forse tentava di salvarsi, l’ipotesi consentirebbe agli statistici più benemeriti di sottrarlo alla conta dei suicidi. Solo 70.

E ispirano una considerazione. L’estate sta finendo. L’estate che sta finendo è stata la più calda eccetera. L’estate torrida è l’incubo dei carcerati, e una gran seccatura dei carcerieri, dal ministro in giù. Questi ultimi respirano, se la sono levata dai coglioni. Mentre il diciottenne (che aveva commesso l’eventuale reato quando era minorenne, ma il Beccaria è meglio non sfotterlo oltre) crepava, su Milano si scatenava un uragano. Quale segno più eloquente della fine dell’estate di un ragazzo che dà fuoco “alle coperte”, e muore “carbonizzato”? Settembre, andiamo.