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di Michele Serra

La Repubblica, 4 febbraio 2023

Come si fa a spiegare a uno come Andrea Delmastro concetti come “diritti dei detenuti”, “doveri dello Stato” e - addirittura - “Costituzione”? E come è possibile fargli capire che se un parlamentare, in carcere, incontra un mafioso al 41 bis, non si tratta di un “inchino alla mafia”, ma dell’accertamento delle condizioni di una persona detenuta, prerogativa concessa a tutti i parlamentari (ne fece ampio uso il Salvini per portare solidarietà, in carcere, a svariati sparatori di ladri?)

La risposta è semplice: non è possibile spiegargli niente di tutto questo. Non gli interessa capirlo, non vuole capirlo, gli costerebbe troppo capirlo. Decidete voi quale di queste ipotesi è la più probabile. Io propendo per la terza: ci sono persone che non possono permettersi il lusso di capire quello che stanno dicendo, quello che stanno facendo. Ne sarebbero sopraffatte.

Il problema è che questo signore è viceministro della Giustizia, ma l’importanza e le responsabilità del suo incarico sembrano sfuggirli. Benevolmente, possiamo supporre che intenda servirsi della sua carica per avvantaggiare la sua fazione e danneggiare l’opposizione - non sarebbe il primo. Ma è un’ipotesi fausta. Quella infausta è che Delmastro sia un uomo che non sa che lavoro fa. Crede di essere ancora il giovane e animoso fascista di Gattinara (Vercelli) che fu in gioventù. Qualcuno gli spieghi che, entrando nel governo di Roma, ha giurato fedeltà alla Costituzione, e soprattutto gli spieghi che cos’è. I suoi amici - ne avrà pure - capiscano che è una persona bisognosa di soccorso e di buoni consigli. Di qui in poi può solo peggiorare la sua posizione.