di Adriano Sansa*
Famiglia Cristiana, 29 agosto 2024
All’interno del sistema penitenziario italiano vivono con le madri ventiquattro bambini. Molti? Comunque troppi. E ora il proposito, espresso nel “pacchetto sicurezza”, di abolire l’obbligo della sospensione della pena per la donna in gravidanza, o con un bambino minore di un anno, accende la discussione. È un problema di soluzione talora assai difficile; a proposito di bambini in carcere si è parlato di un ‘ossimoro”, di una combinazione in sé contraddittoria. Quando la madre detenuta mostra, con il reato commesso, con altri comportamenti e contesti di vita, di non poter garantire al figlio un’educazione e uno sviluppo adeguati, si ricorre spesso all’affidamento familiare.
Ma se la relazione genitoriale è valida, non va interrotta; per consentirla sono nati gli istituti a custodia attenuata, all’esterno del carcere, o talvolta all’interno, ma separati dalla rimanente struttura, e le sezioni nido, contenute nell’istituto ma il più possibile, nell’aspetto e nel trattamento, esenti dalle caratteristiche della prigione. Non basta a evitare danni allo sviluppo e deprivazioni sensoriali.
*Ex magistrato