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di Giacomo Salvini

Il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2022

L’emendamento dell’esecutivo sui permessi ai mafiosi: tutto in mano alle singole toghe che rischiano intimidazioni. Una riga scritta talmente in “giuridichese” da non capirne il significato: “Sopprimere le lettere b e c del comma 1”.

Sembra una delle tante leggine innocue inserite nei decreti che passano per il Parlamento e invece non è così: l’emendamento approvato dalla maggioranza di centrodestra al decreto sull’ergastolo ostativo rischia di essere un colpo di spugna nella lotta alla mafia.

O quantomeno di mettere in grossa difficoltà i giudici che si troveranno di fronte alla decisione di concedere o meno i benefici ai condannati per mafia e terrorismo. L’emendamento del governo prevede infatti che per concedere i benefici ai boss mafiosi - permessi premio e lavori esterni - non debba più decidere un tribunale collegiale ma un solo giudice monocratico. Così facendo però il rischio è che il giudice stesso subisca condizionamenti e intimidazioni in fase di decisione da parte della criminalità organizzata.

Un emendamento scritto direttamente dal ministero della Giustizia di Carlo Nordio, che ha creato molti malumori nella maggioranza. Anche perché pochi minuti prima, in commissione Giustizia al Senato, era stato approvato un altro emendamento del senatore di Fratelli d’Italia, Alberto Balboni, che “induriva” il regime dell’ergastolo ostativo. Una contraddizione evidente. La norma voluta da Nordio quindi ha provocato la reazione stizzita di Pd, M5S e anche di Forza Italia.

Tutto nasce nella scorsa legislatura quando la maggioranza che sosteneva il governo Draghi aveva approvato un disegno di legge per rimediare alla sentenza della Corte costituzionale che aveva definito in parte incostituzionale l’ergastolo ostativo - cioè quell’istituto secondo cui un condannato per mafia all’ergastolo non può accedere ai benefici penitenziari o alle misure alternative al carcere - perché in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. Durante le audizioni preparatorie in commissione Giustizia alla Camera i magistrati avevano chiesto al Parlamento di far decidere sui benefici e i permessi premio proprio al Tribunale di Sorveglianza (quindi collegiale) e non solo al singolo giudice di sorveglianza, per evitare possibili condizionamenti o intimidazioni. Un consiglio che è stato recepito, grazie al M5S, nel disegno di legge approvato (in prima lettura alla Camera) nel marzo 2022 e poi “copiato” dal governo Meloni con decreto legge: dal 31 ottobre i giudici decidono collegialmente. La decisione sulla libertà condizionale invece resta in mano al singolo giudice, ma dopo il parere del pm che ha condannato il mafioso e del procuratore nazionale antimafia.

Durante le audizioni in commissione Giustizia al Senato, però, alcuni esperti hanno posto il tema dell’ingolfamento dei tribunali di sorveglianza in tutta Italia: se tutte le decisioni saranno attribuite a noi, era il senso del ragionamento, rischiamo di bloccarci. Per questo, il compromesso trovato in maggioranza era stato chiaro: la prima decisione sulla concessione dei benefici sarebbe spettata al Tribunale di sorveglianza e poi i successivi rinnovi ai singoli giudici. Questo prevedeva un emendamento firmato dall’ex ministra leghista Erika Stefani. Peccato però che il governo abbia deciso di fare tabula rasa di tutto il lavoro e tornare alla vecchia legislazione: il ministero della Giustizia ha riformulato l’emendamento di Stefani abrogando la potestà del tribunale collegiale sui benefici. Ergo: ogni decisione spetterà al singolo giudice di sorveglianza.

La norma però non è piaciuta all’opposizione. Durante la seduta di martedì, i senatori del Pd Anna Rossomando e Alfredo Bazoli hanno protestato ricordando l’importanza di “evitare il rischio di condizionamento del magistrato monocratico, in particolare quando la decisione riguarda figure criminali di grande rilevanza”. Anche la capogruppo del M5S, Ada Lopreiato, oggi conferma la contrarietà del suo partito perché “c’è il rischio di intimidazioni” nei confronti dei singoli giudici. Il senatore di Forza Italia Zanettin, pur votando a favore per disciplina di maggioranza, ha detto di “non comprendere le ragioni” dell’emendamento visto che la richiesta di decidere collegialmente “era giunta dagli stessi magistrati”. Il sottosegretario alla Giustizia leghista Andrea Ostellari non ha proferito parola. Quindi l’emendamento del governo è stato messo ai voti e approvato con il sostegno del centrodestra e la contrarietà di Pd e M5S.