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di Ivan Cimmarusti e Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 5 agosto 2023

Per reati gravi utilizzati gli strumenti investigativi per la criminalità organizzata. Nella bozza un archivio centrale per intercettazioni e la stretta sugli incendi boschivi dolosi. Un intervento per blindare ed estendere l’uso delle intercettazioni. La bozza di Dl che lunedì prossimo approda nell’ultimo Consiglio dei ministri, prima della pausa estiva, punta al contrasto dei reati di particolare gravità come quelli aggravati dal metodo mafioso, il terrorismo, i sequestri per estorsione e il traffico illecito dei rifiuti.

Alla fine l’Esecutivo avrebbe deciso di non intervenire fornendo un’interpretazione autentica della nozione di criminalità organizzata, come annunciato dalla premier Giorgia Meloni nel Consiglio dei ministri del r71uglio scorso. Un intervento che sarebbe stato giustificato dal rischio di evitare che finissero in fumo numerosi processi a causa della sentenza della Cassazione 34895/2022.

Decisione che, in realtà, si basa su un principio decisamente risalente. Dal 2016, infatti, le Sezioni unite, con la sentenza S curato, hanno ristretto la nozione di criminalità organizzata ai soli reati associativi, anche non di mafia, con l’esclusione del concorso di persone nel reato anche se aggravato. Ora il Governo sembrerebbe aver aggirato il rischio - affermato partendo da un presupposto da verificare - varando una norma che estende ad alcune ipotesi di criminalità grave l’uso di strumenti di investigazione disciplinati dalla legislazione sulla criminalità organizzata.

La bozza di Dl interviene su un aspetto particolarmente delicato: il deposito delle intercettazioni. Negli ultimi anni le procure italiane hanno registrato svariate criticità nella custodia di intercettazioni e dati, soprattutto per la scarsa qualità degli strumenti tecnologici.

In questo senso il ministero della Giustizia prevede l’istituzione di “infrastrutture digitali interdistrettuali”: dei server in grado di custodire la massa di intercettazioni compiute dai singoli pubblici ministeri. I procuratori della Repubblica i cui uffici ricadono nell’area “interdistrettuale” restano i dominus.

A loro è affidata direzione, organizzazione e sorveglianza sulle attività di intercettazioni e sui relativi dati, nonché sugli accessi e sulle operazioni compiute sui dati. Tuttavia, si legge nella bozza, “fermi il segreto investigativo e le garanzie di riservatezza e sicurezza dei dati, il ministero della Giustizia assicura l’allestimento e la manutenzione delle infrastrutture nel rispetto delle predette funzioni e, in ogni caso, con esclusione dell’accesso ai dati in chiaro”.

Nelle intenzioni, questo nuovo archivio centralizzato dovrà assicurare capacità tecnologica, livelli di sicurezza e interoperabilità dei sistemi. Ma si dovranno definire i criteri per la gestione dei dati, cui dovrà essere assicurata autenticità, integrità e riservatezza. La prossima “migrazione” dei dati dalle singole procure sarà effettuata dalla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati della Giustizia, d’intesa con i singoli procuratori della Repubblica.

Tuttavia, prima dell’attuazione sarà necessario il parere del C sm, del garante della privacy e del Comitato interministeriale per la cybersicurezza. Contro gli incendi boschivi dolosi, invece, è previsto un inasprimento delle pene, da quattro a sei anni, ma soprattutto c’è l’ulteriore aumento da un terzo alla metà quando il fatto è “commesso al fine di trarne profitto per sé o per altri o con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti all’esecuzione di incarichi o allo svolgimento di servizi nell’ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi”.

Per quanto riguarda le intercettazioni ad ampio raggio un monito a fare attenzione quando si deroga al regime ordinario arriva Vittorio Manes, avvocato penalista e ordinario diffida° penale all’Università di Bologna “Serve una particolare cautela nell’uso di strumenti eccezionali giustificati solo dalla dimensione associativa e organizzativa della criminalità.

Mezzi - sottolinea Manes - che non vanno estesi a condotte criminali comuni per quanto gravi. Un rischio che è stato in passato attentamente considerato e contrastato da alcune decisioni della Cassazione orientate al principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento penale. Casi simili sono stati esaminati dalla Consulta”.