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di Iuri Maria Prado

Il Riformista, 2 febbraio 2023

Manconi spiega che le garanzie non si commisurano al tipo di reato commesso dal detenuto. Ma lo ricordano in pochi. Ho scritto più volte, e anche qui sul Riformista, che nei confronti del “mafioso” vige un trattamento discriminatorio che non ha pari presso nessun’altra categoria delinquenziale. E se devo mettere i piedi nel piatto dico che l’oscena vicenda di Alfredo Cospito rappresenta una riprova esemplare di quella verità.

Ha ragione Luigi Manconi quando dice che l’approccio garantista non è misurato sui precedenti del detenuto, sulle sue idee, sull’efferatezza di cui egli ha dato prova, ma questa giusta osservazione si scontra con una pratica puntualmente contraria proprio quando di mezzo c’è il “mafioso” e il suo stato di detenzione: mai oggetto delle attenzioni - doverosissime, per carità - invece riservate a chi di altro tipo di illecito si sia reso responsabile.

Se si è “mafiosi” - e spesso l’attribuzione della patacca è dovuta al delitto di fumo quale il concorso esterno, o solo all’appartenenza familiare - tanto basta a giustificare il calo dell’attenzione garantista anche tra molti di quelli che sfoggiano di militare nella categoria. E ricordiamo che a sinistra quanto a destra, e forse a sinistra anche con più orgoglio, si rivendica il merito di far morire in carcere il mafioso.

Non è una buona ragione per cessare la debole e disperata campagna, che questo giornale conduce meritoriamente, di denuncia del trattamento carcerario che quell’anarchico sta subendo e che ormai mette a rischio concreto la sua vita. Ma deve far meditare il fatto inoppugnabile che quel regime carcerario si applica regolarmente, nel silenzio e senza scandalo, al mafioso: con privazioni e afflizioni che non sono meno ingiuste solo perché egli non vi si oppone con lo sciopero della fame. E soprattutto: per presunte esigenze sicuritarie che in realtà ricorrono assai raramente, e in ogni caso potrebbero essere soddisfatte senza i tormenti di quel regime afflittivo. Non sono sicuro che tutti i cosiddetti garantisti sottoscriverebbero queste considerazioni.