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di Antonella Mascali

Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2022

Per i penalisti, Renoldi autorizzò “Nessuno tocchi Caino” come fece il suo predecessore Basentini. Ma una lettera dice il contrario. L’Unione camere penali in lode della ministra della Giustizia Marta Cartabia e del capo del Dap Carlo Renoldi che, come ha ricostruito Il Fatto, ha autorizzato il 7 e il 10 maggio scorsi i vertici di “Nessuno tocchi Caino” a visitare le sezioni 41-bis delle carceri di Sassari e Nuoro, dove la delegazione presieduta da Rita Bernardini ha avuto conversazioni dirette con i detenuti mafiosi e li ha invitati a iscriversi all’associazione.

L’Unione camere penali ha attaccato poi il M5s che, come FdI, ha presentato un’interrogazione parlamentare alla ministra Cartabia. L’Ucpi sostiene che i 5S dovrebbero chiamare in causa anche il loro ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: “Il capo del Dap, il dottor Renoldi, ha autorizzato esponenti di ‘Nessuno Tocchi Caino’ a visitare cinque carceri sarde, due delle quali anche con reparti di 41 bis, esattamente come fece, tra gli altri, il dott. Francesco Basentini, capo del Dap voluto dal Ministro Bonafede”. I penalisti si riferiscono alla visita del 22 aprile 2019, quando una delegazione di “Nessuno tocchi Caino”, anche allora presieduta da Rita Bernardini, visitò il carcere di Viterbo per una situazione molto critica dei detenuti comuni, e vide anche la sezione 41-bis.

Al Fatto Quotidiano, però, non risulta che Basentini abbia mai autorizzato visite del genere. Anzi, abbiamo potuto leggere una lettera del 2 maggio 2019 inviata da Basentini all’allora direttore generale dei detenuti del Dap, Roberto Piscitello, in cui si evince che fu Piscitello a dare l’assenso (via telefono) a “Nessuno tocchi Caino” per l’ingresso nella sezione 41-bis di Viterbo.

Scrive infatti Basentini, sulla base di una relazione di servizio che aveva ricevuto: “Sono certo che, in riferimento all’autorizzazione data dalla S.V. (Piscitello, ndr) alla delegazione dei Radicali all’accesso nella sezione dei detenuti” al 41 bis “la suddetta autorizzazione sia stata il frutto di un mero equivoco telefonico, essendo assolutamente consueto e pacifico - anche sulla scorta di quanto concordato tra gli Uffici - che simili concessioni non posso essere rilasciate”. Piscitello, contattato in merito dal Fatto, ricorda: “Risposi a quella lettera dicendo al Capo del dipartimento che l’articolo 117 dell’ordinamento penitenziario permette al Dap di autorizzare visite agli istituti penitenziari, anche all’interno dei reparti 41-bis. All’interno di quei reparti, però, vigono le norme dell’ordinamento penitenziario che attribuiscono la facoltà di fare colloqui, cosa ben diversa dalle visite, solo nei limiti delle rigorose disposizioni di cui al 41-bis”.

D’altronde, in quella visita di Viterbo non ci risulta che la delegazione di Nessuno tocchi Caino abbia conversato con i detenuti al 41-bis, come è avvenuto invece a Sassari e a Nuoro, dove s’è svolto uno scambio di battute (presente anche il boss stragista Leoluca Bagarella) pure sulla riforma dell’ergastolo ostativo oltre che sulle condizioni di salute.

Che le visite siano una cosa ben diversa dai colloqui, mai autorizzati neppure da Piscitello, si può anche evincere dall’allarme da lui lanciato all’Antimafia il 30 maggio 2019: “Alcune recentissime sentenze hanno concesso ai Garanti (comunali o regionali, ndr) la facoltà di accedere nelle sezioni e chiedere dei colloqui riservati con detenuti al 41-bis: a mio vedere è un vulnus pericolosissimo perché mina ogni controllo. Il colloquio del detenuto in 41-bis con la famiglia avviene attraverso un vetro e viene registrato: nulla può sfuggire. Mentre un Garante che ha facoltà di un colloquio riservato può conferire liberamente, al di là di ogni controllo. Con questo sistema si può eludere ogni separatezza del regime restando questo solo con gli orpelli, le vessazioni”.

Sempre l’Unione camere penali parla pure di “naufragio del travaglismo italico” e di “miseranda vicenda” che non merita “nemmeno un soverchio impegno polemico”, anche se poi il presidente Gian Domenico Caiazza se la prende col Fatto e col direttore Marco Travaglio. L’Ucpi chiama in causa il M5S, che replica con la responsabile Giustizia Giulia Sarti: “È sorprendente e molto grave la superficialità con cui l’Ucpi rilegge la vicenda delle visite di esponenti di ‘Nessuno tocchi Caino’ nelle sezioni speciali delle carceri di Sassari e Nuoro e tenta di far apparire la critica 5S come un modo per limitare genericamente gli ingressi in carcere. È un evidente abuso, agevolato da un’omissione nel ‘passi’ rilasciato da Renoldi, come ammesso dalla stessa Bernardini in dichiarazioni pubbliche: non vi sarebbe stata infatti nessuna specifica autorizzazione all’ingresso nelle sezioni del 41-bis”.