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di Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 6 aprile 2024

Potrebbe essere l’11 febbraio, giorno della liberazione di Nelson Mandela. All’evento dedicato al tema, organizzato da Libra, anche l’ex ministra Marta Cartabia. Solo un detenuto su 200, secondo i dati dell’Associazione Antigone, torna in carcere dopo essere stato sottoposto a misure alternative alla detenzione. Il rischio di recidiva per chi ha scontato la pena dietro le sbarre è del 67% rispetto al 17% che riguarda chi ha potuto espiare restando, quando è possibile, nella comunità.

Il giorno di Nelson Mandela - Partendo dai numeri Angelo Puccia, presidente dell’organizzazione no profit Libra, ha lanciato da Mantova - in occasione di un incontro sul tema con esperti italiani ed europei - la proposta di istituire la Giornata della giustizia riparativa. La data potrebbe essere l’11 febbraio, un giorno simbolico: quello della liberazione di Nelson Mandela. “Per ora è un desiderio, un piccolo sogno, ammette Angelo Puccia, presidente dell’associazione mantovana Libra. L’idea ha subito trovato consensi tra gli avvocati e nell’amministrazione comunale di Mantova”. Forse era una speranza condivisa in molte regioni d’Italia dove si scommette sulle misure alternative al carcere.

Dal Salone dell’Università di via Scarsellini è dunque partita una raccolta firme, nel corso di un evento che ha visto l’adesione di magistrati, avvocati, professori e giornalisti. Le conclusioni sono state affidate alla ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, la “madre” della giustizia riparativa. Porta, infatti, la sua firma una riforma che non sostituisce né la punizione di chi commette un reato, né le misure alternative, ma cerca di colmare un vuoto, partendo da una ferma convinzione: la punizione non basta a sanare il dolore e la ferita delle vittime. L’ex guardasigilli Marta Cartabia mette l’accento sul valore aggiunto della giustizia riparativa “La giustizia riparativa è una giustizia offerta a tutti, è uno strumento offerto alla libertà di tutti. La giustizia riparativa è un altro mondo - afferma Cartabia - è una misura anticiclica della giustizia penale. Non è una giustizia coercitiva e questo la rende stravolgente”.

Cinquantamila reati l’anno. Sulla stessa linea il presidente di Libra Angelo Puccia. “Una volta “ottenuta giustizia”, come si dice in genere alla fine di un processo - afferma Angelo Puccia - quando la pena viene ritenuta adeguata, resta un “grande vuoto nell’animo”, come scrisse Agnese Moro, figlia dello statista ucciso dalle Brigate Rosse. Ci vuole qualcosa di più per elaborare il lutto, un cambiamento, un passo avanti di consapevolezza, di evoluzione della società. Ogni caso è diverso, ovviamente. Ma anche in questo caso sono esplicativi i numeri - conclude Puccia: ogni anno in Italia ci sono 50mila reati e dunque 50mila vittime. Bene solo 5mila tra queste usufruiscono di un qualche sostegno che sia psicologico o economico”.

La riforma Cartabia - La riforma Cartabia prevede che in ogni fase del processo, l’accusato possa richiedere l’accesso alla Giustizia riparativa. Il giudice lo indirizzerà al mediatore, figura specializzata già presente a Milano e Brescia. Ci sarà un confronto e verrà contattata anche la vittima o i suoi parenti che potranno o meno aderire. Se il comitato dei mediatori riterrà possibile un percorso, lo comunicherà al giudice che deciderà se autorizzarlo. Questo non esclude la sentenza di condanna. Ma per la convivenza civile, significa moltissimo, ci si allontana sempre più dalla faida, dal desiderio di vendetta, dalla paura, dal senso di insicurezza. “In effetti - spiega l’avvocato penalista Sergio Genovesi - nei Paesi, soprattutto del Nord America, dove la Giustizia riparativa è molto praticata, il tasso di recidiva per gli interessati è bassissimo, meno del 5%”. Ora che la legge c’è, serve che venga conosciuta, che diventi un patrimonio comune. “È importante per il mondo di avvocati e magistrati, per chi opera nelle carceri, ma per tutta la comunità, come afferma Andrea Caprini, assessore al welfare e i servizi sociali. Il Comune di Mantova - dice Caprini - da anni partecipa e sostiene le iniziative in questo senso. Abbiamo lo Sportello di ascolto per le vittime, fondato da Libra e che è collegato alla rete nazionale Dafne, si sono realizzati vari progetti e stiamo partecipando all’ultimo bando di Regione Lombardia per le pratiche di mediazione. Il sindaco nei mesi scorsi ha nominato il garante dei detenuti, Graziella Bonomi, come già c’era in altre città più grandi. Il Comune è impegnato anche con varie cooperative, a offrire lavori socialmente utili come pene alternative per i detenuti ammessi a questo percorso”. Libra, nata come braccio operativo dell’Istituto mantovano di criminologia che era un ente di formazione attento alle vittime, è molto attiva nelle carceri. Dapprima con un miglioramento degli spazi e poi con occasioni di formazione professionale, come il Laboratorio di panificazione e pasticceria Sapori di libertà. “Ora in particolare con il progetto Prison of peace - spiega Angelo Puccia - si basa sulla capacità di tenere una conversazione con più persone, ascoltare, non prevalere, aspettare il proprio turno. Sono conquiste, anche per persone che non hanno mai avuto a che fare con risse e coltelli. Ci sono tre livelli, nel terzo il detenuto diventa tutor per gli altri. Così se viene trasferito, porta la sua esperienza in altre carceri”. Libra, inoltre, lavora sulla mediazione dei conflitti anche nei quartieri, per favorire un confronto quando si creano tensioni.