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di Simona Musco

Il Dubbio, 16 agosto 2023

Il presidente nazionale di Unicost: “Sicuramente rientra nel perimetro delle sue competenze, ma l’azione disciplinare dovrebbe essere esercitata in casi estremi, mentre stiamo assistendo a un uso frequente dello strumento da parte di Nordio”.

Di fronte all’elevato numero di suicidi in carcere “la risposta va rinvenuta, innanzitutto, in una seria depenalizzazione, ma purtroppo i segnali che provengono dalla politica vanno in senso opposto”. A dirlo è Rossella Marro, presidente nazionale di Unicost, secondo cui sono stati troppi gli interventi della politica in materia di giustizia negli ultimi anni. E di fronte all’azione disciplinare avviata da Nordio contro i pm del caso Open dice: “Stiamo assistendo ad un uso frequente dello strumento disciplinare - spiega -. Questo rischia di acuire i rapporti tra politica e magistratura”. Sugli scandali che hanno sconquassato il Consiglio superiore della magistratura aggiunge: “Le distorsioni non sono state sintomo dello strapotere delle correnti ma, al contrario, della loro debolezza a fronte di singole personalità debordanti”.

Il ministro Nordio ha promosso l’azione disciplinare nei confronti dei pm del caso Open. Per giunta esecutiva toscana dell’Anm si tratta di un disegno per screditare e delegittimare le toghe. Ma l’azione disciplinare è tra i poteri di un ministro. Trova davvero che ci sia un attacco?

Sicuramente rientra nel perimetro delle competenze del ministro, anche se, va detto, l’iniziativa del ministro, proprio per il carattere discrezionale ed i rischi connessi ad una invasione nell’autonomia ed indipendenza della magistratura, dovrebbe essere esercitata in casi estremi, mentre stiamo assistendo ad un uso frequente dello strumento disciplinare da parte del ministro Nordio. Questo rischia di acuire i rapporti tra politica e magistratura, soprattutto quando si tratta di iniziative a sostegno di una richiesta di un esponente politico, a causa della ‘ lettura politica’ che potrebbe essere attribuita alla stessa iniziativa.

È d’accordo con il decreto intercettazioni?

Anche in passato il governo è più volte intervenuto, sposando uno dei possibili orientamenti giurisprudenziali, traducendolo in legge. Prevedere per legge l’estensione della disciplina delle intercettazioni prevista per la criminalità organizzata anche ai reati aggravati dal metodo o dalla finalità mafiosa, peraltro, scongiura la perdita irrimediabile di un patrimonio conoscitivo fondamentale per la lotta alla mafia. Rispetto a questo tema il nostro Stato non può indietreggiare di un millimetro.

Non trova che dietro questa scelta ci sia populismo penale, come sostenuto dal procuratore aggiunto Stefano Musolino?

Non parlerei in questo specifico caso di populismo penale, proprio in ragione degli interessi in gioco e dell’evidente opportunità di chiarire i dubbi interpretativi di una disposizione scritta dal legislatore in modo poco chiaro.

È d’accordo sul fatto che esiste un abuso nella pubblicazione indiscriminata delle intercettazioni?

È un tema delicato perché viene in rilievo l’esigenza di contemperare due interessi, da lato l’interesse pubblico all’informazione e dall’altro quello del singolo alla riservatezza. Senza dubbio è deplorevole la pubblicazione di intercettazioni che riguardano terze persone o aspetti della vita personale senza alcuna rilevanza per l’inchiesta in corso. In questa prospettiva vi è stato un intervento legislativo recente, in attuazione di una direttiva europea e sarebbe stato opportuno verificare l’impatto della nuova disciplina.

Come giudica questo primo anno di interventi del governo nel campo della giustizia?

Se posso permettermi giudico gli interventi in materia di giustizia degli ultimi anni (e quindi anche quelli del governo in carica) eccessivi nel numero. Da pochi mesi è entrata in vigore la imponente riforma Cartabia, prima ancora abbiamo avuto importanti interventi a guida del ministro Orlando. Il sistema è continuamente sottoposto a stress di adattamento. Non si dà il tempo alla precedente riforma di dispiegare gli effetti quando già si interviene nuovamente anche nella stessa materia (basti pensare al tema della prescrizione o delle intercettazioni). Tutto questo determina dubbi interpretativi e applicativi. È un male.

Nelle ultime ore sono stati diversi i suicidi in carcere. Come si può affrontare questo fenomeno? Utilizzare caserme dismesse, come vorrebbe il ministro, è una soluzione?

Il problema carcerario affligge il nostro paese da anni. Probabilmente la strada delle misure alternative alla detenzione, uno dei pilastri della riforma Cartabia, non si dimostrerà sufficiente. Nei primi mesi non pare ci sia una forte adesione da parte della stessa avvocatura in sede di giudizio di merito. La risposta va rinvenuta, innanzitutto, in una seria depenalizzazione, ma purtroppo i segnali che provengono dalla politica vanno in senso opposto. Il sovraffollamento e la carenza di personale (penso agli educatori e agli psicologi) richiedono inoltre investimenti economici che finora sono stati scarsi. Sicuramente prevedere forme di detenzione differenziata sulla base della diversa pericolosità può essere una strada. Ma ciò che più conta è che finalmente l’esecuzione della pena (sia essa in carcere o mediante l’accesso a misura alternative) diventi una strada per il recupero ed il reinserimento. L’attuazione dell’articolo 27 della Costituzione presuppone volontà politica e stanziamento di fondi.

Nell’agenda di governo c’è la separazione delle carriere… È utile per ottenere l’equidistanza del giudice dalle parti?

La separazione delle carriere, come ripetiamo costantemente, peggiorerà senza dubbio la situazione. Il numero delle assoluzioni dimostra la piena autonomia dei giudici dai pubblici ministeri. Aspettiamo di valutare l’impatto della nuova regola di giudizio che consente il rinvio a giudizio solo in caso di valutazione di elevata probabilità di condanna, regola che dovrà essere osservata in primis dal pm. In precedenza il pm aveva l’obbligo di esercitare l’azione penale in presenza di “elementi idonei a sostenere l’accusa”, non c’era da meravigliarsi del numero elevato di assoluzioni. Oggi non è così, diamo il tempo alla riforma di dispiegare i suoi effetti.

Trova che ci sia stato un cambio di passo al Csm? Pare ci siano ancora riunioni a Palazzo dei Marescialli con soggetti esterni al Consiglio, come i segretari dei gruppi. Lei partecipa a incontri simili?

Ovviamente posso parlare per me e per i segretari nazionali del mio gruppo. Non parliamo con i consiglieri delle nomine, rispetto alle quali vi è assoluta autonomia, come è giusto che sia. Il gruppo però è libero di criticare l’operato dei consiglieri qualora si dovesse allontanare dai principi espressi nel programma elettorale, ma questo deve avvenire in modo trasparente e democratico. Le distorsioni che si sono verificate in passato non sono state sintomo dello strapotere delle correnti ma, al contrario, della loro debolezza a fronte di singole personalità debordanti.