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di Flavia Amabile

La Stampa, 1 maggio 2023

In Italia psicologi meno presenti rispetto alla media Ue. In prima linea resta il personale dei centri antiviolenza. “Le ferite interiori sono più difficili, a quello devi pensare da sola”, ha detto Martina Mucci, in un’intervista rilasciata a Filippo Fiorini sulla Stampa di due giorni fa. Per superare il trauma delle violenze subite dal suo ex fidanzato ha provato a rivolgersi a un’associazione contro la violenza di genere ma - ha spiegato - l’associazione le ha consigliato uno psicologo a pagamento e lei non può permetterselo.

In realtà l’assistenza esiste ma bisogna rivolgersi ai centri antiviolenza, spiegano le persone che si occupano di questo da anni. Chi sceglie percorsi diversi si trova di fronte al sistema sanitario nazionale con tutte le sue eccellenze ma anche le carenze. “In Italia la psicologia è un lusso - conferma David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi -. La carenza denunciata dalla donna non è un caso raro, purtroppo nel servizio sanitario pubblico accade di frequente che non si riesca ad accedere a una prestazione psicologica per tutte le necessità di assistenza, non solo quelle delle donne che hanno subito violenze. L’Italia ha uno standard di presenza di psicologi e psicoterapeuti che è un terzo di quella degli altri Paesi europei. È una carenza grave, ma non è stato preso alcun provvedimento per questo fenomeno che è sotto gli occhi di tutti”.

Una carenza grave. Come scrive l’opinionista Michela Marzano nel commento pubblicato sul giornale di ieri, “nulla sarà a posto finché lo Stato non prenderà in carico, oltre alle cure mediche, pure l’accompagnamento psicologico delle vittime”. Non sarà facile. Roberta Bommasar, consigliera dell’Ordine degli psicologi: “I servizi di assistenza psicologica dei centri antiviolenza sono distribuiti in Italia a macchia di leopardo. Possiamo trovare situazioni dove questa reazione è rapida e adeguata e altri in cui i servizi invece non danno le risposte che dovrebbero”. Valeria Valente, ex presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni violenza di genere, sottolinea quale dovrebbe essere il percorso da seguire: “Una donna che ha subito violenza dovrebbe rivolgersi innanzitutto a un centro antiviolenza. Sono le strutture che possono offrire l’assistenza mirata, specializzata e sempre gratuita. Se, per qualche motivo, una donna non vuole rivolgersi a un centro antiviolenza può fare riferimento alla sanità pubblica. In quel caso l’assistenza psicologica è una prestazione sanitaria come le altre, quindi si va dal medico di famiglia, si spiega qual è il problema, si ottiene l’impegnativa per fare la prenotazione di una visita specialistica e si paga soltanto il ticket come per ogni altra visita”. Lo stesso consiglio arriva da Luisanna Porcu, psicologa, operatrice di un centro antiviolenza della rete D.i.Re. “Non tutte le psicologhe possono sostenere donne sopravvissute alle violenze ci vuole una formazione specifica. Come non si va a farsi curare un problema all’occhio da un ortopedico così per i traumi dovuti alle violenze c’è bisogno di una figura specializzata che nei centri antiviolenza opera in modo del tutto gratuito”.