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di Liana Milella

La Repubblica, 7 novembre 2023

Intervista al docente di diritto penale: “Negato il diritto alla difesa, si crea un ginepraio che sarei in difficoltà a spiegare ai miei studenti”. “Le garanzie scritte nella Costituzione, che ovviamente valgono anche per i migranti detenuti in Albania, non potranno essere effettivamente rispettate”. Questo, a proposito dell’accordo tra Italia e Albania sui migranti, dice Luca Masera, ordinario di diritto penale a Brescia, ma anche componente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.

Davanti alla Corte dei diritti umani di Strasburgo, la Cedu, è stato l’avvocato di tre cittadini tunisini nel primo ricorso che si è chiuso con la condanna dell’Italia per i trattamenti inumani subiti nel centro di Lampedusa. Meloni e i suoi ministri considerano l’accordo una notizia entusiasmante, Tajani dice che così l’Italia sarà più forte in Europa.

“Più che di una reale novità parlerei dell’ennesimo tentativo di cercare delle scorciatoie rispetto alla vera soluzione dei problemi. Il modello che si vuole adottare sembra ricalcare quello già tentato in Gran Bretagna con la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda. Cioè una forma estrema di allontanamento fisico dei possibili richiedenti asilo dal territorio dello Stato. E proprio quell’esperienza non è confortante, né di buon auspicio per il governo italiano, perché nonostante il progetto risalga a diversi mesi addietro nessuno straniero è stato sinora trasferito laggiù, in quanto sia la Cedu che la Corte suprema britannica hanno definito questa procedura incompatibile con il diritto d’asilo”.

Il ministro Fitto addirittura considera quello appena fatto in Italia un “accordo storico”, importantissimo e innovativo nella gestione dei flussi...

“Bisogna riconoscere che la proposta è nuova, perché non era mai stato ipotizzato di trasferire fuori dall’Italia i richiedenti asilo. Parlo proprio di un diritto d’asilo violato in quanto non si può sapere subito, al momento del salvataggio in mare, se il soggetto chiederà o meno la protezione. Quindi siamo di fronte a un respingimento vero e proprio in contrasto con l’articolo 3 della Cedu - il divieto di tortura e di trattamenti disumani e degradanti - e della norma che vieta i respingimenti collettivi. Per me quella di Meloni è solo una pessima novità”.

Invece, proprio per tutti i meloniani, questo sarebbe un sistema per controllare i confini dell’Europa bloccando i trafficanti...

“INon si può parlare affatto di una misura risolutiva considerata l’entità dei numeri. Quest’anno sono già arrivate in Italia più di centomila persone. Anche se il progetto si realizzasse, comunque riguarderebbe un numero nettamente inferiore a quello degli arrivi. Ma c’è di peggio, perché questo sistema ignora del tutto la tutela dei diritti fondamentali degli stranieri, considerando che nell’ipotesi ventilata già si parla di luoghi di detenzione. E proprio la detenzione di tutti, italiani o stranieri, è tutelata dall’articolo 13 della nostra Carta che prevede l’intervento di un giudice entro 48 ore dall’inizio della privazione della libertà. Tutto questo è compatibile con una detenzione in Albania? A me pare decisamente del tutto impossibile”.

Il governo parla di centri italiani sotto il controllo di personale italiano. È realistico?

“Concretamente non mi sembra possibile. Mi spiego con un esempio. Un soggetto salvato in mare e portato in Albania decide di chiedere la protezione internazionale. Da quello che leggo lo farà di fronte a un’autorità italiana. La nostra procedura prevede che la domanda sia vagliata da una commissione che ascolta in presenza il richiedente e dalla sua viva voce apprende la sua storia. Se la commissione rigetta la domanda il richiedente, con un avvocato, può fare ricorso. Tutto questo come può avvenire in un centro in Albania? In concreto, il richiedente asilo non potrà esercitare il suo diritto di difesa garantito dalla Costituzione se il suo avvocato si trova a centinaia di chilometri di distanza”.

Anche lei vede, come fa l’opposizione, una deportazione in atto che viola il diritto nazionale e internazionale?

“Sicuramente è una pratica lesiva dei diritti fondamentali. Deportazione in senso stretto significa un trasferimento forzato fuori dal territorio dello Stato, quello che voleva fare il governo britannico. Il progetto italiano non arriva fin qui perché parla di portare in Albania soggetti soccorsi in acque internazionali, quindi non ancora entrati in Italia, anche se secondo il diritto internazionale una nave che batta bandiera italiana si considera territorio italiano. Ma si tratta comunque di una forma di deportazione, perché allontana queste persone dal luogo dove volevano arrivare per veder tutelati i propri diritti”.

Riccardo Magi di +Europa già vede una Guantanamo italiana, senza nessuna possibilità di controllo sullo stato di detenzione di queste persone nei centri...

“È un parallelo che condivido, almeno per quanto riguarda l’illegalità della detenzione e l’impossibilità di controlli giudiziari effettivi, mi auguro non quanto ai trattamenti riservati ai detenuti, non voglio neanche pensare a condizioni detentive che somiglino all’inferno dei centri di detenzione libici”.

È accettabile distinguere il destino tra chi viene salvato in mare e chi invece approda sulle coste italiane?

“Si crea effettivamente una disparità del tutto irragionevole. Questi campi di detenzione - perché di detenzione si tratta - come potranno essere controllati dai giudici italiani? Si pensa a una task force che lavorerà in Albania esercitando la nostra giurisdizione in un territorio straniero? E se un migrante si allontana dal centro cosa succede? Per lui varrà la giustizia albanese o quella italiana? Insomma, siamo di fronte a un ginepraio giuridico che io sarei in difficoltà a spiegare ai miei studenti”.

I minori non andranno in Albania. Si rischia pure una divisione delle famiglie?

“Pure questo non è ancora chiaro. Il progetto parla di minori, donne e di oggetti vulnerabili. Una cernita che verrà fatta sulle navi dopo il salvataggio? In molti casi l’età del minore non è facile da accertare subito e quindi è all’orizzonte il serio rischio di famiglie divise”.

In una parola lei vede in questo accordo un’evidente violazione della nostra Carta costituzionale?

“Penso proprio di sì. Per questo è importante che l’accordo Italia-Albania, se dovesse avere sviluppi, non rimanga solo a livello di un’intesa tra governi. Se - com’è evidente - incide sui diritti fondamentali è indispensabile, come avviene per i trattati internazionali, che venga discusso e approvato dal Parlamento”.