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di Flavia Amabile

La Stampa, 12 ottobre 2023

Il Garante dei detenuti: “Mancano risorse per gli istituti ma la quasi totalità del personale di custodia è estranea a questi episodi”. Il sistema penitenziario piemontese è in sofferenza, afferma Mauro Palma, presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. L’ultimo episodio è di una settimana fa. Avvisi di garanzia nei confronti di 23 agenti di polizia penitenziaria accusati con l’accusa di violenze e, in alcuni casi, anche di tortura.

Si tratta di un’emergenza?

“Premetto di non avere informazioni dirette ma non credo che ci sia maggiore violenza rispetto al passato. Con una punta di ottimismo mi sembra che si possa dire anche che c’è maggiore capacità investigativa interna. Va sottolineato che la quasi totalità del corpo di polizia penitenziaria è estranea a questi episodi, ma all’interno di una minoranza ancora prevalgono delle sottoculture che non aiutano”.

A che cosa si riferisce?

“Mi riferisco a una cultura che ha perso il senso dell’istituzione. Il carcere non è altro che lo specchio della società, anche dentro i penitenziari esiste la tendenza a esaltare la logica della contrapposizione. C’è chi considera i detenuti un fronte opposto, con un rapporto di inimicizia che non aiuta chi deve assicurare ordine e sicurezza. Seguendo questa logica, in un’istituzione a forte rischio come il carcere, si innalza sempre lo scontro, un errore che crea problemi”.

Prima degli avvisi di garanzia a Cuneo ci sono state inchieste a Torino, a Biella, a Ivrea per maltrattamenti. Siamo di fronte a un caso Piemonte?

“Che il Piemonte viva una situazione di sofferenza rispetto alla direzione degli istituti è un dato abbastanza noto. C’è stata una forte carenza che certamente non aiuta a gestire nel migliore dei modi i penitenziari. Esiste però anche una grande attenzione da parte del provveditorato quindi, anche su questo aspetto, mi chiedo se l’emergere di questi episodi non dipenda anche dalla volontà di non insabbiarli dimostrata da parte della Procura”.

Oltre alle carenze tra i direttori ci sono anche carenze di personale?

“Bisogna tenere presente che il sistema penitenziario del Piemonte è complesso, è formato da molte tipologie detentive con l’articolazione psichiatrica, il regime del 41 bis e diverse situazioni che rendono la struttura meno omogenea rispetto a quella di altre regioni. Forse sarebbe necessaria maggiore attenzione sul personale. Però quello che vorrei sottolineare è che, se ci troviamo di fronte a operatori che si esprimono e si comportano in modo violento nei confronti dei detenuti, non si deve puntare il dito contro nessuno ma cercare di capire. Al di là delle indagini della magistratura che accerteranno che cosa è accaduto, dobbiamo riflettere sulla cultura che c’è dietro questi comportamenti e come mai non siamo riusciti a inserire all’interno dei penitenziari una cultura di tipo diverso”.

Come si deve intervenire per evitare il ripetersi di questi episodi di violenza secondo lei?

“Sarebbe necessario assicurare una maggiore rapidità nell’accertamento dei reati, non si possono tenere persone a lungo in una situazione di incertezza. Va fatta una ricognizione dei bisogni effettivi dei direttori e del personale. Confido molto nelle assegnazioni dei nuovi direttori che hanno appena finito il corso, sono forze che hanno uno sguardo meno assuefatto rispetto al passato. In fine si deve dare continuità alla gestione cercando di far ruotare di meno i provveditori per assicurare maggiore stabilità al sistema”.