di Tiziano Saccucci
Il Manifesto, 16 ottobre 2024
Rilascio di migliaia di detenuti. La legge coinvolge 1.520 persone, resta aperta la questione dei militanti di Daesh non siriani. Su proposta del secondo forum delle tribù siriane tenutosi ad Heseke il 25 maggio 2024, l’Amministrazione Autonoma Democratica del Nord-Est della Siria (Daanes) ha emanato un’amnistia generale che prevede il rilascio di migliaia di detenuti, inclusi appartenenti allo Stato Islamico. “L’amnistia ha coinvolto finora 1.520 persone, tra cui 63 donne. Ad oggi ne sono state rilasciate 1.120, di cui 35 donne. Le restanti 400 persone saranno rilasciate in fasi successive”, Spiega Abdulkarim Omar, Rappresentante in Europa della Daanes. “Sono escluse le persone che hanno commesso crimini contro il popolo siriano o ucciso membri delle Forze Democratiche Siriane, i leader di Isis e i loro emiri, oltre alle persone accusate di alto tradimento e spionaggio”.
In seguito alla proposta del forum tribale, il Consiglio per la Giustizia Sociale ha presentato un progetto di legge al Consiglio Democratico dei Popoli che comprende rappresentanti delle istituzioni sociali e delle comunità etniche e religiose. “I notabili tribali si sono impegnati a prendersi cura dei prigionieri rilasciati e a monitorare il loro comportamento. Gli organi della Daanes, come le forze di sicurezza interna e i consigli locali, registreranno i nomi di coloro che sono stati rilasciati, registreranno le loro storie, determineranno il loro luogo di residenza all’interno delle comunità e monitoreranno i loro movimenti. Saranno inoltre riabilitati in collaborazione con tutte le istituzioni pertinenti, le organizzazioni locali e internazionali e i movimenti delle donne”, ha raccontato il co-presidente del Consiglio Democratico dei Popoli Farid Ati, interrogato dal Rojava Information Center.
L’AMNISTIA è stata accolta positivamente dalla Indipendent International commission of Inquiry on the Syrian Ararb Republic dell’Onu nel report rilasciato ad agosto 2024, nonché da Amnesty International in un comunicato stampa di luglio. “La comunità internazionale ha mostrato interesse per l’amnistia, interrogandosi sulle sue implicazioni. È importante notare che si applica solo ai siriani e non ai membri stranieri di Isis - aggiunge Abdulkarim Omar - Per i Paesi coinvolti nella questione siriana, in particolare per i membri della Coalizione internazionale, l’amnistia offre infatti una potenziale stabilizzazione di zone complesse come Deir ez-Zor e Raqqa”.
Secondo il Rojava Information Center, che ha svolto ricerche sull’argomento, anche le famiglie dei detenuti hanno accolto con favore l’iniziativa. “La Daanes sostiene che la stabilizzazione di aree come Deir ez-Zor è uno degli obiettivi principali della legge sull’amnistia - si legge in un commento sull’agenzia stampa - Farid Ati, co-presidente del Consiglio democratico dei popoli del Daanes, afferma che i leader tribali sono coinvolti nel processo di riabilitazione dei prigionieri a questo scopo. L’obiettivo è integrarli nella società e che non si acuiscano le tensioni tribali”.
In effetti l’amnistia arriva in un momento particolarmente complesso per il nord della Siria. Nell’ultimo anno Deir Ez-Zor, già colpita dalla forte attività di cellule di Isis, è stata teatro di scontri tra Sdf e milizie legate al governo di Bashar al-Assad a seguito dell’arresto, il 27 agosto 2023, di diversi esponenti del Consiglio Militare di Deir ez-Zor accusati di collaborazione con Damasco e con il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniano.
“Credo che l’amnistia non solo contribuirà alla stabilità e al benessere in aree tormentate come Deir ez-Zor, ma che possa anche servire come passo verso la riconciliazione nazionale in altre regioni”, afferma Abdulkarim Omar.
Rimane irrisolta la questione dei militanti non siriani di Isis, almeno 9.050 secondo l’Onu. “La Daanes - conclude Omar - ritiene che i membri stranieri di Isis debbano essere processati nelle nostre regioni, in quanto è lì che hanno commesso i loro crimini, contro il nostro popolo. Purtroppo, la comunità internazionale è riluttante sia a rimpatriare i propri cittadini che a sostenere processi equi in loco. Ci stiamo battendo per questo con la comunità internazionale, alle Nazioni unite e con organizzazioni come Amnesty International e la Commissione internazionale d’inchiesta sulla Siria. Il nostro obiettivo è fare pressione sui paesi affinché si assumano la responsabilità per i loro cittadini e aiutino il Daanes a condurre processi equi, garantendo giustizia alle vittime e alle loro famiglie”.