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di Sabato Angieri

Il Manifesto, 28 ottobre 2023

Al Palazzo di vetro raggiunti i due terzi di voti favorevoli necessari. L’Italia si astiene. L’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la bozza di risoluzione che chiedeva la tregua a Gaza, l’ingresso degli aiuti umanitari e la fine delle evacuazioni forzate dei civili. Con 120 voti a favore, 14 contrari (tra cui Usa e Israele) e 45 astenuti (tra cui l’Italia), i due giorni di riunione sono giunti a un punto. Nonostante la gran parte dei 112 oratori che si erano prenotati per intervenire non sono riusciti a parlare, a metà giornata era già chiaro che il voto si sarebbe tenuto entro il pomeriggio di ieri (la sera in Italia). L’ambasciatore della Giordania all’Onu, Ayman Safadi, aveva richiesto l’anticipazione del voto parlando a nome del gruppo arabo di 22 Paesi che ha redatto la risoluzione alla base della riunione degli ultimi due giorni. “C’è urgenza di agire” aveva spiegato Safadi, “la tregua umanitaria è la priorità”.

Il testo della bozza di risoluzione inizialmente chiedeva il cessate il fuoco a Gaza per garantire l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia. Lynn Hastings, coordinatrice umanitaria dell’Onu per i Territori palestinesi aveva infatti ricordato che “le Nazioni unite non hanno ancora raggiunto un accordo con Israele per la consegna di combustibile all’interno della Striscia di Gaza”. La bozza conteneva inoltre un invito a fermare le evacuazioni forzate dal territorio settentrionale della Striscia. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione in Palestina (Unrwa) ieri il numero degli sfollati interni accolti dalle strutture per rifugiati dell’Onu ha raggiunto i 629 mila individui. Tre volte di più della capacità di questi centri. Altre 30 mila persone sarebbero inoltre tornate nel nord della Striscia, territorio che avevano lasciato dopo l’ultimatum delle forze armate israeliane. Tale dato, alla luce delle notizie giunte in serata sull’intensificarsi dei bombardamenti e dei raid via terra da parte di Israele, diventa ancora più preoccupante. L’Unrwa ha anche aggiunto che “le scorte di carburante dell’Agenzia Onu sono quasi completamente esaurite, mettendo a repentaglio servizi essenziali come la fornitura di acqua corrente, l’assistenza sanitaria e la produzione di pane”.

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, nonostante le critiche dei giorni scorsi, non si è fatto intimidire e ha ribadito: “il sistema umanitario a Gaza sta affrontando un collasso totale con conseguenze inimmaginabili per più di 2 milioni di civili. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Questo è il momento della verità, la storia ci giudica tutti”. A fine giornata il ministro giordano Safadi, ha ribadito: “votare contro la risoluzione dell’Onu significa approvare questa guerra insensata, milioni di persone guarderanno ogni voto. La storia giudicherà”. Safadi ha anche rilanciato le indiscrezioni apparse su diversi media rispetto all’inizio dell’invasione via terra delle truppe israeliane nella Striscia di Gaza (notizia poi smentita da Tel Aviv) e, poco dopo, l’ambasciata israeliana ad Amman è stata circondata da manifestanti che hanno cercato di fare irruzioni negli edifici della sede diplomatica.

La bozza votata ieri non corrisponde a quella originale. Invece del cessate il fuoco era apparsa la dicitura: “tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata che conduca alla cessazione delle ostilità, e che tutte le parti rispettino immediatamente e pienamente i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili”. Inoltre, il gruppo di estensori della proposta aveva chiesto: “la revoca dell’ordine da parte di Israele di evacuazione dei palestinesi dal nord della Striscia”. Quest’ultima specifica sembra chiudere definitivamente la porta alle richieste di Tel Aviv sulla dislocazione degli sfollati di Gaza negli stati vicini e amici. Infine, nella bozza è stato aggiunto anche “il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili tenuti illegalmente prigionieri”. In ogni caso, le risoluzioni Onu non hanno valore vincolante e per essere approvate devono essere votate favorevolmente dai due terzi dei 193 paesi membri.

Il Canada, probabilmente di comune accordo con gli Usa, aveva proposto che si inserisse un emendamento nel quale si esplicitava la condanna dell’Assemblea all’attacco di Hamas e una richiesta di rilascio degli ostaggi. “Nella bozza di risoluzione al voto in Assemblea Generale mancano due parole: la prima è Hamas, ed è oltraggioso che il testo non menzioni l’autore degli attacchi del 7 ottobre. Un’altra parola che manca è ostaggi, e queste omissioni autorizzano la brutalità di Hamas”. Ha dichiarato l’ambasciatrice statunitense presso il Palazzo di vetro.

Mentre a New York si continuava con la discussione, dall’Europa è arrivata una notizia che nel clima degli ultimi giorni appare in controtendenza. “Il Consiglio dell’Unione Europea terrà una conferenza di pace tra circa sei mesi per rinnovare la spinta verso una soluzione a due Stati per il conflitto israelo-palestinese”, ha dichiarato il primo ministro spagnolo ad interim Pedro Sánchez. Lo stesso che aveva provato a esercitare pressioni affinché l’UE chiedesse un cessate il fuoco immediato, senza successo a causa dell’ostracismo di alcuni stati membri.