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di Chiara Cruciati

Il Manifesto, 7 dicembre 2023

Il giornale Haaretz accede alle autopsie dei detenuti morti nelle carceri israeliane dal 7 ottobre 2023: due i casi accertati di pestaggi, altri tre morti per mancate cure mediche. Trovano conferma le accuse di altri prigionieri politici. Usciti di prigione durante la breve tregua della scorsa settimana, alcuni ragazzi palestinesi avevano riportato di decessi in cella. Da ex prigionieri, avevano raccontato degli abusi subiti, intensificati dopo il 7 ottobre. Di quei sei decessi, tutti successivi al giorno in cui Hamas ha perpetrato l’attacco più sanguinoso contro Israele, non si era saputo più nulla. Alle denunce delle ong palestinesi non era stato dato seguito. Ieri a parlarne è stato il quotidiano israeliano Haaretz, citando le autopsie compiute sui corpi di alcuni dei sei detenuti trovati senza vita. Almeno due di loro avevano chiari segni di percosse: lividi sul petto, sul collo e sulla testa, sterno rotto, costole rotte.

Due giovani adulti, il 33enne Abdul-Rahman Maree (detenuto a Megiddo e morto il 13 novembre scorso) e il 38enneThaer Abu Assab (deceduto cinque giorni dopo nella prigione di Ktzi’ot). In altri casi, le morti sarebbero riconducibili - secondo l’autopsia - a pestaggi precedenti o alla carenza di cure mediche.

Il corpo di Maree, scrive Haaretz citando l’autopsia, parlava da sé: trauma alla testa, costole e sterno rotti, lividi su collo, schiena, braccia. Non aveva malattie pregresse, era in buona salute. Difficile parlare di infarto, come ufficiosamente le autorità penitenziarie avevano fatto nei giorni successivi. Il quotidiano cita anche dei testimoni, altri prigionieri palestinesi: Maree è stato picchiato con estrema brutalità, soprattutto alla testa, dalle guardie carcerarie. Aveva risposto ad alta voce agli insulti al padre morto da poco. Per picchiarlo, gli avevano legato le braccia dietro la schiena.

Morto di botte anche Abu Assab. Di lui aveva parlato la scorsa settimana Khalil Mohamed Badr al-Zamaira, 18 anni, liberato dopo due anni di prigione nello scambio con gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. “Aveva solo chiesto a una guardia se c’era la tregua. Lo hanno picchiato a morte. Abbiamo gridato aiuto, ma i dottori sono arrivati un’ora e mezza dopo. Era già morto”. Anche nel suo caso non ci sono cause ufficiali del decesso, ma i segni sul corpo sembrano chiarissimi.

Nessuna risposta per la morte di Omar Hamzeh Daraghmeh, 58 anni. Era stato arrestato appena due giorni prima del decesso e stava bene. In altri tre casi (Arafat Hamdan, 25 anni, e Raja Mansour, 46, entrambi malati di diabete; e Majed Zakol, 32, malato di tumore) sembra che la causa principale sia la mancanza di cure mediche, del tutto sospese nelle carceri israeliane dal 7 ottobre. Zakol e Samour erano lavoratori di Gaza, due delle centinaia di gazawi arrestati in quanto tali. Nessuna accusa, solo quella buttata là dal ministro della difesa israeliano Yoav Gallant: sono da considerare a prescindere “combattenti infiltrati”, non manovali né contadini. Con la campagna di arresti di massa seguita al 7 ottobre (3.580 nuove detenzioni, che surclassano il numero di rilasci nei giorni di tregua, 280 prigionieri, per lo più donne e bambini) il numero di detenuti politici palestinesi si attesta oggi a 7.800. Di questi 2.873 sono stati posti in detenzione amministrativa, senza accuse ufficiali né processo.