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di Anna Lombardi

La Repubblica, 27 dicembre 2023

L’esercito israeliano ha preso nella sua abitazione l’ex deputata più volte detenuta: “Sono arrivati alle 5 del mattino, hanno sfondato la porta”. Khalida Jarrar è di nuovo in carcere. Ex deputata palestinese, 60 anni, storica attivista dei diritti delle donne - soprattutto quelle detenute - dirigente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e membro del Consiglio Legislativo Palestinese, è stata prelevata in casa sua a Ramallah, Cisgiordania, dall’esercito israeliano. Secondo quanto confermato anche da suo marito Ghassan all’emittente araba Al Jazeera: “Hanno sfondato la porta alle cinque del mattino”.

Non è la sola ad essere stata arrestata. Secondo un comunicato del Fplp - il movimento marxista bollato come “terrorista” da Israele (e pure da Stati Uniti e Unione Europea) - “l’esercito ha effettuato un ampio numero di fermi tra i leader e i membri dell’organizzazione, arresti che non spezzeranno la volontà del nostro popolo”. Fermi di questo tipo sono d’altronde ormai all’ordine del giorno: dall’atroce attacco di Hamas del 7 ottobre dove sono state massacrate 1200 persone, sono state almeno 4700 le persone arrestate in Cisgiordania, secondo numeri forniti dal “Club dei Prigionieri”, associazione che difende i diritti dei detenuti palestinesi.

Anche l’esercito conferma l’arresto in un comunicato dove definisce la Jarrar “leader del Fplp in Cisgiordania” e la accusa di essere “ricercata per terrorismo”. In realtà non è la prima volta che la politica palestinese finisce nel mirino delle autorità israeliane. Negli anni è finita in carcere più e più volte, tanto che le mobilitazioni in suo favore sono sempre state numerose. Insieme agli appelli in suo sostegno da parte di associazioni per i diritti umani come Amnesty International: che hanno sempre sottolineato la mancanza di regolari processi in seguito a quei fermi.

Il più clamoroso è stato quello nel 2019: arrestata dopo la morte della 17enne israeliana Rina Shnerb in un attacco terroristico, è rimasta due anni in fermo preventivo. All’epoca Gideon Levy, giornalista del quotidiano israeliano Haaretz definì “grotteschi” i motivi della sua incarcerazione, scrivendo sul suo giornale: “La si accusa genericamente di opporsi all’occupazione, aver visitato un prigioniero liberato, aver chiesto la liberazione del leader del suo movimento, aver partecipato ad una fiera del libro concedendo interviste, aver partecipato a marce”.

Della sua esperienza in carcere - e di quella di altri detenuti - Jarrar ha ripetutamente scritto, descrivendolo come un “luogo di sofferenze quotidiane e lotte costanti contro i soprusi di guardie e amministrazione, dove sopravvivono persone reali, ciascuna con la propria storia”. Raccontando di soprusi continui da parte della polizia e di condizioni terribili in cui sono costrette a vivere le detenute, spesso trattenute, proprio come lei, senza processo. Già prima dell’attacco del 7 ottobre, dove Hamas ha brutalmente assassinato 1200 persone, nelle carceri dello Stato ebraico erano reclusi 971 detenuti sottoposti a fermo amministrativo, un numero che segnava il triste record degli ultimi vent’anni (secondo dati riportati da Haaretz).

Khalida Jarrer ha sempre trovato il modo di reagire alle ristrettezze del carcere. Nel 2019 organizzò una scuola al suo interno dopo il rifiuto delle autorità di fornire insegnanti alle minorenni che volevano continuare a studiare: “La prigione insegna a risolvere le sfide quotidiane con mezzi semplici e creativi, dal cibo al rammendo di vecchi abiti, fino al trovare un sistema comune per sopravvivere tutte insieme”.