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di Guido Olimpio

Corriere della Sera, 2 gennaio 2024

I ribelli Houthi e gli Usa “mostrano i muscoli”. Il movimento yemenita usa le incursioni per sottolineare la solidarietà verso i palestinesi. Davanti alle aggressioni ripetute la Casa Bianca ha tre esigenze: garantire la sicurezza su una rotta commerciare strategica; evitare l’escalation; resistere alle pressioni da parte di un’ala del Congresso che accusa Joe Biden di essere troppo cauto.

La sfida nel Mar Rosso è un pericoloso gioco di equilibrio dove i protagonisti mostrano muscoli, colpiscono ma cercano al tempo stesso di evitare un conflitto totale. Anche se, giorno dopo giorno, ci si avvicina al punto di non ritorno tra informazioni non sempre verificabili.

Domenica le unità Usa che proteggono la via d’acqua hanno reagito all’ennesimo atto di pirateria da parte dei filo iraniani Houthi distruggendo con gli elicotteri tre barchini che avevano tentato di assaltare un cargo. Lunedì sera sono circolate notizie - poi smentite - di un altro scontro a fuoco tra una nave statunitense e vedette yemenite. Teheran, intanto, ha spostato una sua fregata, l’Alborz, in zona mentre la fazione sciita ha ribadito che proseguirà negli attacchi al traffico marittimo fintanto che Israele resterà nella Striscia di Gaza. Crisi concatenate, con ripercussioni ampie.

Davanti alle aggressioni ripetute la Casa Bianca ha tre esigenze: garantire la sicurezza su una rotta commerciare strategica; evitare l’escalation; resistere alle pressioni da parte di un’ala del Congresso che accusa Joe Biden di essere troppo cauto. Secondo i media il Pentagono sta valutando dei piani per accentuare la forza della rappresaglia e l’affondamento dei battelli è un primo test, con un confronto limitato ma diretto. C’è chi non esclude raid di missili da crociera - come avvenne nel 2016 - operazioni contro le basi usate per lanciare i droni e le batterie di missili antinave.

Gli americani potrebbero cercare di stabilire “regole di ingaggio” simili a quelle adottate con le milizie - sempre sostenute dall’Iran - in Siria e Iraq: ogni provocazione armata riceverà una risposta proporzionata. Un tentativo di imporre un principio di deterrenza senza precipitare in un’altra guerra. Scenario temuto da Washington ma anche dagli alleati locali, come Arabia Saudita ed Emirati, e da quelli occidentali. Francia e Italia sono per la tutela della navigazione, però si sono sfilate dalla coalizione creata dagli Usa. La Gran Bretagna è interventista: per il quotidiano Times è pronta ad agire con i suoi caccia. Resta il punto centrale: le eventuali mosse militari metteranno fine alla minaccia dei miliziani? La soluzione non dipende solo dagli Stati Uniti ma, ovviamente, è legata alle decisioni degli Houthi e, in buona parte, all’influenza dello sponsor iraniano.

Il movimento yemenita usa le incursioni per sottolineare la solidarietà verso i palestinesi, per dimostrare la capacità di condizionare uno scacchiere con mezzi relativamente economici (ma dall’alto impatto), per accrescere il proprio status, per collaborare con Teheran, interessata a manovrare senza però pagare un prezzo. Secondo gli analisti gli Houthi e gli iraniani muovono su una strategia binaria: mantengono un “fuoco lento” (ecco gli strike selezionati), sperano di evitare passi irreversibili.

L’Iran cammina su un sentiero abituale dove i suoi leader usano parole forti ma lasciano poi i fatti alle milizie amiche, impiegate spesso per controbattere ai colpi portati da Israele. Un tentativo formale di separare le responsabilità. Gerusalemme, a sua volta, fa di tutto per smascherare i legami operativi, ideologici, militari tra gli ayatollah e i movimenti. Altalenante l’approccio di Washington. Gli americani, sempre per delimitare le tensioni, hanno inizialmente considerato minore il coinvolgimento di Teheran nelle molte trame, compresi gli assalti degli Houthi. E lo hanno detto pubblicamente. Una posizione poi rivista in seguito all’intensificarsi dei pericoli per la navigazione. L’intelligence statunitense ha accusato gli iraniani di appoggiare concretamente i combattenti yemeniti nelle loro missioni attorno allo Stretto di Bab el Mandeb. Un ripensamento che potrebbe anticipare una ritorsione Usa piena di incognite. Da questa storia, a prescindere dagli sviluppi è emersa una lezione severa. Il sistema è fragile e basta un attore minore - se ben organizzato - per scuoterlo.