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di Ilario Lombardo

La Stampa, 27 gennaio 2023

Faccia a faccia disteso con il ministro dopo una settimana di polemiche sulle intercettazioni e di tensioni con i magistrati. Non c’è un cronoprogramma per la riforma ma una prima road map. Si comincia dall’abuso d’ufficio e dal piano carceri.

Il cronoprogramma vero e proprio non c’è. C’è una prima mappa ideale sulla riforma della giustizia, alcuni punti fermi, qualche ragionamento più vago e qualche auspicio. Ma dopo tre ore di riunione, prima a due, e poi estese ad altri partecipanti, quello che emerge è un metodo, orientato a mantenere la tenuta politica della coalizione, a disinnescare le pressioni degli alleati di Lega e Forza Italia.

L’esempio di come le cose non devono andare, secondo Giorgia Meloni, viene servito dal Carroccio. In particolare, da Giulia Bongiorno, senatrice, avvocata di Matteo Salvini, e regista per conto del partito delle materie di giustizia. È lei che annuncia di aver depositato una proposta di legge sulla separazione delle carriere proprio mentre Meloni sta incontrando il Guardasigilli Carlo Nordio a Palazzo Chigi, dopo quasi una settimana di polemiche e di distinguo che hanno lacerato la maggioranza e imbarazzato Fratelli d’Italia. Ovviamente nessuno pensa a una casualità. Anche Forza Italia ha presentato una norma simile. E, all’opposizione, il Terzo Polo non ha perso neanche ieri l’occasione per mostrarsi disponibile a un accordo.

“La separazione delle carriere si farà, è nel programma - dice Meloni durante la riunione - Ma non così, senza inserirla in una riforma organica della giustizia che resta un nostro obiettivo di legislatura”. Tanto più che servono modifiche di rango costituzionale. Sono iniziative spot, secondo Meloni, utili magari a drenare un po’ di consenso per le elezioni regionali in Lombardia, dove la Lega è in sofferenza, ma che rischiano di mandare in confusione il lavoro del governo. È quello che la premier spiega anche a Nordio e al sottosegretario Andrea Delmastro, pregandoli “di coordinarsi meglio sulle dichiarazioni”. I due, l’ex pm veneto e il fedelissimo di Meloni spedito in via Arenula, si sono resi protagonisti per giorni di un duello a distanza. Per questo, la leader li incontra da soli, uno alla volta, prima di allargare il vertice a quattro anche al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

Nordio calibri meglio le parole sui magistrati - e ieri lo ha fatto intervenendo all’apertura dell’anno giudiziario; Delmastro eviti di fare il controcanto al ministro: questo il senso delle raccomandazioni di Meloni. Il clima è abbastanza disteso. C’è voglia di sanare le incomprensioni e di chiarire il migliore percorso per la riforma. Il nodo delle intercettazioni viene sciolto con un compromesso che sembra dare ragione più alla posizione storica di FdI e meno a Nordio. “Non va colpito lo strumento in sé, ma l’uso distorto che se ne fa”, concordano tutti: “Vanno fermati i processi sommari sulla stampa, la gogna mediatica”. “Anche le fughe di notizie, però”, aggiunge il ministro. Nordio in Parlamento aveva proposto una stretta all’uso delle intercettazioni da parte dei pm. Delmastro lo aveva corretto, sostenendo che andava invece colpita la pubblicazione sui giornali delle trascrizioni irrilevanti.

Una soluzione non c’è. La formula legislativa verrà pensata nei prossimi mesi. Sono altre, confida Meloni, le urgenze sulla giustizia. Ognuno dei partecipanti ha la sua idea. Per la premier è indispensabile “iniziare da un grande piano sulle carceri”, contro il sovraffollamento e “per affermare la certezza della pena”. La presidente del Consiglio parla di “giustizia più giusta e più vicina ai cittadini”, e così indica la necessità di un inasprimento della lotta contro “la criminalità diffusa, compresa quella che qualcuno definisce minore”. Per rendere “più veloce la giustizia” Nordio invece suggerisce di partire dall’abuso d’ufficio, dai reati contro la Pubblica amministrazione che definisce “evanescenti”, come il traffico di influenze. “La paura della firma blocca l’economia ed è un problema per la realizzazione del Pnrr”. Un concetto che il ministro ha ribadito più volte in questi mesi. E che potrebbe essere, quello sì, il primo vero mattoncino della riforma.