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di Federico Capurso

La Stampa, 24 luglio 2023

Giorgia Meloni avrà evitato l’argomento “blocco navale” con gli ospiti della prima conferenza internazionale sullo sviluppo e l’immigrazione che si è tenuta ieri alla Farnesina, a Roma. Erano presenti Capi di Stato e primi ministri di molti Paesi africani e del Medio Oriente, oltre ai vertici europei, di istituzioni bancarie e di organizzazioni internazionali.

Con loro la premier ha preferito mettere in soffitta la vecchia propaganda e rilanciare invece “il modello del partenariato”, “il rafforzamento dei flussi legali di immigrazione” e, soprattutto, l’idea di creare “un fondo di sviluppo con risorse che tutte le nazioni partecipanti mettono a disposizione “, attraverso il quale puntare su investimenti in infrastrutture, “perché è la via più duratura per fare cooperazione”.

L’incontro dà il via a quello che Meloni battezza come “Processo di Roma”. Non un “intervento spot”, assicura più volte, “ma un percorso” che avrà un seguito già nel prossimo autunno, perché tra due mesi dovrebbe tenersi la prossima conferenza in Tunisia o negli Emirati Arabi Uniti, i due paesi che - a quanto risulta a La Stampa - hanno già dato disponibilità alla premier.

A questo fondo, che “ha un orizzonte di medio termine” per la sua realizzazione, Meloni vuole però anche dare un tocco sovranista e propone quindi che “le nazioni che ricevono i finanziamenti debbano essere anche quelle che decidono come spenderli”.

Per la premier, i sei settori principali di investimento dovrebbero essere “agricoltura, energia, infrastrutture, educazione, sanità e acqua”, ma non sono direzioni obbligate, perché - ribadisce - “è fondamentale in un rapporto da pari a pari”. L’accordo con la Tunisia “è un modello per tutta l’Europa sul fronte energetico”, dice la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Su quello di controllo dell’immigrazione clandestina, invece, ha già dato prova di essere frutto di violenze crudeli nei respingimenti al confine, ma Meloni si mostra fredda di fronte all’ipotesi di vincolare gli aiuti economici a Tunisi a una garanzia di rispetto dei diritti umani: “Dobbiamo cercare di accompagnare queste nazioni per avvicinarle ai nostri standard, ma la Tunisia - sottolinea la premier - è una nazione in estrema difficoltà e non va abbandonata perché sarebbe pericoloso. Lo sviluppo crea democrazia”.

Questo atteggiamento non si traduce però nel voler mettere in un cassetto anche la questione Regeni: “Non penso affatto che sia un caso archiviato. Continuo ad occuparmene come ho fatto con Zaki, senza parlarne con voi”, dice ai giornalisti in conferenza stampa. Quattro i filoni affrontati durante i lavori della conferenza. Innanzitutto, contrastare l’immigrazione illegale e i trafficanti, che destabilizzano i Paesi in cui operano. Poi, il rafforzamento della cooperazione tra forze di polizia e giudiziarie, amalgamando le legislazioni che si occupano di questa materia, ma anche migliorare la gestione degli strumenti di rimpatrio e aumentare i flussi di immigrazione legale, con corsie preferenziali per nazioni che collaborano nella lotta i trafficanti e quote aggiuntive per chi fa formazione al lavoro

 Di questi temi, che hanno un risvolto sulla stabilità politica e sociale del continente africano e, indirettamente, anche dell’Europa, Meloni annuncia che ne parlerà anche con il presidente Usa Joe Biden: “Il tema dell’attenzione sulle risorse allo sviluppo e la stabilità come elemento di sicurezza - dice - è un tema che deve interessare i nostri alleati”. E si discuterà anche di Cina (ma non della via della seta), che in Africa svolge un ruolo centrale nello sfruttamento delle risorse di molti Paesi africani.