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di Serena Riformato

La Stampa, 6 febbraio 2023

La premier: “Noi non trattiamo con la mafia. E non caliamo la testa”. Ma poi si dimentica di introdurre sul palco il candidato nel Lazio Rocca. Alla fine del suo discorso, Giorgia Meloni risale sul palco trafelata per annunciare l’entrata di Francesco Rocca, rimasto in attesa dietro le quinte: “Ce l’ho fatta a dimenticarmi”, la premier si scusa con il candidato del centrodestra per il Lazio a cui sarebbe, in teoria, dedicata la convention all’Auditorium della Conciliazione.

Il voto regionale finisce invece sullo sfondo, come gli altri leader della coalizione presenti, Maurizio Lupi, Matteo Salvini, Antonio Tajani, persino Silvio Berlusconi, con un videomessaggio registrato. Meloni sceglie il palco di Rocca per farne l’evento dell’orgoglio di Fratelli d’Italia, nei giorni in cui due colonnelli del partito sono sotto accusa per l’uso disinvolto dei materiali ministeriali riservati su Alfredo Cospito.

Accolta dalla standing ovation, “semplicemente Giorgia”, come la presenta l’attore Pino Insegno, ripropone la narrazione della sfavorita che ha battuto i pronostici: “Per qualcuno dovevamo durare qualche settimana, invece siamo ancora qui e diversi dagli altri”. “Non abbassare la testa”, le urlano dal pubblico: “nun te preoccupà”, risponde lei in romanesco.

La premier traccia il bilancio dei primi cento giorni di governo, rivendica tutti i provvedimenti più discussi - dal decreto Rave alle norme sulle Ong - e deride chi la critica con vocine caricaturale (“L’Italia è isolatissima, che tragedia”, si finge in lacrime). Non fa mai il nome di Alfredo Cospito, ma ribadisce: “Credo che lo Stato non debba trattare con la mafia e con chi lo minaccia”. L’intera liturgia è costruita per convincere che la polemica sia acqua passata.

Ecco quindi Giovanni Donzelli, l’epicentro, in prima fila, seduto di fianco a Fabio Rampelli, per smentire anche l’ipotesi che la nomina del deputato toscano a commissario della federazione romana di FdI abbia lasciato dissapori fra i due. Il coordinatore nazionale del partito si preoccupa solo di organizzare i movimenti dei giovani volontari che da lì a poco saliranno sul palco per cantare l’inno d’Italia con la mano sul cuore.

Le sue dimissioni dal Copasir come quelle del sottosegretario alla Giustizia Delmastro non sono un argomento sul tavolo di palazzo Chigi, nonostante le proteste delle opposizioni: “Meloni si è assunta la responsabilità di difendere l’indifendibile - dice il candidato alla segretaria Pd Stefano Bonaccini - la Costituzione prescrive disciplina e onore per chi ricopre cariche istituzionali e non c’è dubbio che Delmastro non ha dimostrato né disciplina né onore”.

Chi ha l’aria di avere meno voglia di spendersi per i maggiorenti meloniani è Forza Italia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani sostiene sì che “il caso Donzelli-Delmastro debba essere chiuso”, ma allo stesso tempo smarca ilproprio partito: “Noi di Forza Italia non abbiamo mai alzato i toni”. Concetto ribadito da Silvio Berlusconi: “Promuovere unità e non prestare il fianco a chi ci vuole dividere questo è l’atteggiamento che abbiamo tenuto sul caso di Alfredo Cospito. Ben alla larga da ogni forma di polemica”. Il leader della Lega sposta l’attenzione sugli anarchici: “Se ancora qualcuno inneggia alla lotta armata è un dovere dello Stato evitare che questa persona parli con i giovani e con l’esterno. Se ti hanno dato il 41 bis, ti fai il 41 bis, punto”.