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di Stefano Liburdi

Il Tempo, 1 maggio 2022

Non solo vantaggi economici ma anche valore sociale per dare opportunità a chi sconta la pena. Con la Legge Smuraglia sgravi contributivi fino all’80% alle cooperative e crediti di imposta anche alle imprese che impiegano i reclusi.

Abbattere il costo del lavoro compiendo un’azione di grande valenza sociale. Grazie a una legge che in pochi conoscono, imprese e cooperative possono beneficiare di crediti d’imposta e sgravi contributivi se svolgono attività formativa o assumono detenuti.

Da parte loro, le presone private della libertà, vedono attuarsi, in questa nuova possibilità che la vita offre loro, il dettato dell’articolo 27 della nostra Costituzione, dove dice che la pena deve tendere alla rieducazione e al reinserimento del detenuto. La legge in questione è quella del 22 giugno 2000, n° 193 “Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti”, meglio conosciuta (poco) come “Legge Smuraglia”.

Alle imprese che “assumono lavoratori dipendenti che risultano detenuti o internati presso istituti penitenziari ovvero sono ammessi al lavoro all’esterno, è concesso un credito mensile di imposta pari a 516,46 euro per ogni lavoratore assunto, in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate”, recita il testo. Nel caso in cui il detenuto venga assunto con contratto di lavoro a tempo parziale, “il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate”.

Inoltre il diritto ad applicare gli sgravi fiscali rimane anche per i 18 mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione. Per le cooperative è anche prevista la riduzione dell’80% dei contributi per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale. Condizione necessaria per usufruire delle agevolazioni è che “le imprese assumano i detenuti ammessi al lavoro all’esterno, con contratto di lavoro subordinato per un periodo non inferiore ai 30 giorni e corrispondano un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro”.

Dare formazione e offrire lavoro a chi ha sbagliato, è un’occasione imprenditoriale e una sfida sociale. Inoltre il detenuto arrivato a fine pena una volta reinserito nella società, difficilmente tornerà a delinquere e sarà così abbattuto il fenomeno della “recidiva”. I numeri dicono infatti che a tornare nell’illegalità sono circa l’80% dei reclusi che hanno scontato la loro pena interamente in carcere. Purtroppo ad oggi i detenuti con un lavoro e un salario sono solo il 35% della popolazione carceraria e di questi quasi il 90% presta servizio per l’Amministrazione Penitenziaria. “Andando in giro negli esercizi commerciali e nelle attività per chiedere se avessero bisogno di lavoratori e proponendo i detenuti, con mio grande stupore ho scoperto che la totalità degli imprenditori contattati non conosceva la Legge Smuraglia”.

A parlare è Flavia Filippi, giornalista al Tg La 7 che ha dato vita a “Seconda Chance”, un progetto di volontariato che, su incarico del Provveditore alle carceri di Lazio, Abruzzo e Molise Carmelo Cantone, si occupa di promuovere questa Legge. “Perché chi è privato della libertà e sta scontando la sua pena, ha diritto a una nuova possibilità”.

In pochi mesi sono già una quarantina i detenuti che lavorano in un’impresa o sono prossimi a farlo, frutto dell’interesse di importanti aziende della Capitale. Tra loro, solo per citarne alcune, i ristoranti “Porto”, “L’antica pizzeria da Michele”, “Residenze Argileto” al rione Monti, il circolo sportivo “Villa York”, “Botw” che organizza eventi e concerti tra cui quello di Vasco Rossi in programma a giugno a Circo Massimo, il ristorante “Uniq”, “Le Serre by ViVi”, 1l’“Osteria degli Avvocati”, il centro stampa e grafica “Pioda Imaging”, il ristorante “Mediterraneo “ all’interno del museo MAXXI, l’azienda agricola “Tre Colli” di Montelibretti e la ditta edile “Mirmat Service”.

“Seconda Chance” opera perlopiù nel carcere di Velletri e a Rebibbia Nuovo Complesso dove ha trovato il fondamentale contributo della direttrice Rosella Santoro, dell’ispettrice Cinzia Silvano, della responsabile dell’area educativa Pina Boi, degli assistenti e delle educatrici. Grazie a questo lavoro di squadra, quando un imprenditore fa richiesta di assunzione, vengono selezionati i detenuti. La scelta è tra quelli con le caratteristiche necessarie e che hanno completato il percorso interiore grazie al quale la persona ha abbandonato la cultura criminale con cui era entrata nel penitenziario, a favore della cultura della legalità.

A Rebibbia N.C. una volta a settimana entrano imprenditori legati all’edilizia, alla grafica, alla ristorazione, all’agricoltura. Una volta individuata la persona “giusta” per il lavoro richiesto, il carcere fa richiesta al Magistrato di sorveglianza che valuta la fattibilità dell’operazione. In caso di risposta positiva viene stipulato un accordo tra Amministrazione penitenziaria e azienda.

Il detenuto inizia a lavorare e riceverà lo stipendio sul proprio conto corrente collegato al carcere. Generalmente, tra il colloquio e l’inizio della prestazione, trascorrono circa due mesi. Avere del denaro a propria disposizione, permette al recluso di affrancarsi economicamente dalla famiglia e riconquistare una parte della sua dignità.

“I colloqui sono emozionanti - spiega la Filippi - Per i detenuti è un momento troppo importante. Arrivano tesi, con la fronte sudata. Qualcuno non ha dormito la notte. Si capisce che si sono vestiti bene per l’occasione”. La difficoltà più grande che la giornalista deve spesso affrontare è il pregiudizio di chi avvicina: “Il mio girare è un vero “porta a porta”. Ma ogni 30 imprenditori che mi dicono di no, incontro una persona meravigliosa che mi dice “perché no”. Questo mi ripaga di tutte le porte in faccia prese in precedenza”.