sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

Corriere della Sera, 8 settembre 2022

La proposta di Save the Children. Che cosa serve alla scuola del Dopo-Dad? L’analisi dell’associazione che denuncia: troppi studenti a rischio di lasciare la scuola. Servono investimenti nelle aree a rischio e al Sud.

Già prima del conflitto in Ucraina, nel 2021, la povertà assoluta riguardava 1 milione e 382mila minori nel nostro Paese, il 14,2%, in crescita rispetto al 2020 (13,5%). Le conseguenze della crisi energetica e dell’impennata dell’inflazione sono una grave minaccia. L’impoverimento educativo sconta ancora gli effetti di Covid e DAD, soprattutto tra i minori già in svantaggio socioeconomico. Il 9,7% degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione “implicita”, cioè con il diploma ma senza le competenze minime necessarie (secondo gli standard INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università, mentre il 12,7% dei minori non arriva neanche al diploma delle superiori, perché abbandona precocemente gli studi . Anche in questo caso, il confronto con l’Europa è pesante, visto che l’incidenza della dispersione scolastica, nonostante i progressi compiuti, in Italia resta tra le più elevate in assoluto dopo quella della Romania (15,3%) e della Spagna (13,3%), ed è ben lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla Ue. Il numero dei NEET nel nostro Paese, i 15-29enni che si trovano in un limbo fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1% ed è addirittura il più alto rispetto ai paesi UE (media 13,1%), segnando quasi 10 punti in più rispetto a Spagna (14,1%) e Polonia (13,4%), e più del doppio se si considerano Germania e Francia (9,2%).

Il rapporto - Queste sono alcune delle evidenze emerse nel nuovo rapporto “Alla ricerca del tempo perduto - Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” elaborato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini in pericolo e per garantire loro un futuro. Si tratta di un’analisi di alcuni deficit strutturali del sistema scolastico a livello nazionale e locale, in termini di spazi, servizi e tempi educativi, come mensa e tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole. Mettendo in luce la relazione effettiva tra disuguaglianze di offerta sui territori e esiti scolastici, ma anche quella tra la qualità dell’offerta, dove c’è, e la resilienza nell’apprendimento dei minori in svantaggio socioeconomico.

La scuola non è uguale per tutti - Le disuguaglianze territoriali si configurano come un fil rouge in negativo che attraversa le diverse dimensioni della povertà educativa. Guardando in dettaglio i dati sulla dispersione “implicita” emerge infatti una forte disparità geografica. Nelle regioni meridionali infatti, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3%) e in Calabria (-3,8%), permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna . Nel caso della dispersione esplicita, l’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del Sud va ben oltre la media nazionale (12,7%), con le punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%), e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%). Anche prendendo in esame la percentuale dei Neet, che in Italia è del 23,1%, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani Neet ogni 2 giovani occupati).

Le due Italie - Entrando ancor più nel merito della realtà territoriale della scuola, il rapporto prende in considerazione alcuni indicatori “strutturali” su tempi, spazi e servizi educativi, come la presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità, mettendo in luce la correlazione positiva tra la qualità dell’offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti. Mettendo a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione “implicita” più bassa e più alta , si rileva come nelle province dove l’indice è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini maggior offerta di tempo pieno (frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione), maggior numero di mense (il 25,9% delle scuole contro il 18,8%), di palestre (42,4% contro 29%) e sono inoltre dotate di certificato di agibilità (47,9% contro 25,3%). Questa correlazione appare ancora più rilevante se si considerano i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico. Prendendo infatti in considerazione le province italiane che hanno la percentuale maggiore di studenti nel quintile socioeconomico più basso , la dispersione “implicita” risulta significativamente inferiore in quelle province dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa (10 punti percentuali in meno di dispersione rispetto alle province dove meno di 1 alunno su 4 frequenta il tempo pieno alla primaria o dove meno di 1 scuola primaria su 4 ha la mensa). La stessa correlazione in positivo si evidenzia anche sulla presenza della palestra (5,5 punti percentuali in meno di dispersione implicita nelle province dove almeno il 50% delle scuole primarie ne è dotata, rispetto alle province dove la palestra è presente in meno di un quarto delle scuole) o del certificato di agibilità (12 punti percentuali in meno).

“Intervenire subito” - Nelle zone più deprivate, dove operiamo con Save the Children, tocchiamo con mano gli effetti sui bambini e gli adolescenti dell’onda lunga della crisi prodotta dalla pandemia e di una povertà che colpisce, con l’aumento dell’inflazione, in primo luogo le famiglie con bambini. Sono quartieri nei quali la scuola rappresenta un presidio fondamentale per tutta la comunità. Per questo chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dalla attivazione di “aree ad alta densità educativa” nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia, scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento, ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali. All’apertura di questo nuovo anno scolastico, chiediamo inoltre alle Regioni e agli Uffici scolastici regionali la massima vigilanza nel rispetto di quelle norme che dovrebbero tutelare le famiglie più in difficoltà: a partire dal tetto di spesa per i libri di testo e dal divieto di imporre alle famiglie contributi “volontari”; chiediamo infine interventi straordinari per assicurare la gratuità dei servizi di mensa per i bambini e le bambine la cui situazione economica è peggiorata in questa fase”, spiega Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

I dati - In Italia, le classi a tempo pieno (40 ore) nella scuola primaria superano di poco il 50% solo in Lazio (55,7%), Toscana (52,8%), Basilicata (52,4%) e Lombardia (52,3%), ma sono una rarità in Molise (7,5%), Sicilia (11,5%), Puglia (18,7%), Campania (18,8%) e Abruzzo (19,6%), mentre la media nazionale è del 37,3%. Secondo le stime del rapporto, l’investimento annuo necessario a garantire il tempo pieno in tutte le classi della scuola primaria statale ammonterebbe a 1 miliardo e 445 milioni di euro circa, destinato all’adeguamento dell’organico per riorganizzare ed estendere gli orari di lezione, al netto delle spese aggiuntive per riorganizzare e/o aumentare gli spazi necessari (es. per la mensa, presente oggi solo nella metà circa delle scuole) e per la formazione specifica degli insegnanti. Il numero di classi della primaria da trasformare in tempo pieno e il relativo investimento necessario è molto variabile da regione in regione, e si va dalle 11.587 classi e i quasi 205 milioni di euro della Campania, alle 637 della Basilicata con una spesa stimata in 11 milioni circa. Complessivamente, a livello nazionale, le classi da trasformare in tempo pieno sarebbero 81.639.