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di Andrea Cegna

Il Manifesto, 8 aprile 2023

Un nuovo rapporto accusa l’esercito messicano di nascondere informazioni sui 43 studenti scomparsi nel 2014. Gli infiltrati nella scuola, i legami con i narcos, le prove alterate: “Mancano 70-80 documenti”. Il Gruppo indipendente di Esperti interdisciplinari (Giei) ha presentato il 31 marzo - il giorno in cui sarebbe dovuto terminare il suo lavoro d’indagine - il suo quinto report intitolato Una visión global sobre los hechos, los responsables y la situación del caso Ayotzinapa. Ciò che accadde a Iguala, la scomparsa di 43 studenti messicani, nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2014, fu un crimine di stato.

Angela Maria Buitrago e Carlos Martin Beristan hanno mostrato prove secondo cui “l’esercito messicano continua a negare l’esistenza di documenti e non risponde agli ordini presidenziali”. I due rappresentati del Giei hanno anche ribadito che a causa della paura non si riesce a rompere il muro di silenzio necessario a risolvere il caso e così, nonostante ci siano “tante persone che sanno cose”, non si trovano a ora nuove testimonianze. Il rapporto sostanzia maggiormente quanto rivelato nell’ultimo anno. Il documento, presentato in conferenza stampa nella sede della Commissione dei diritti umani di Città del Messico, ripercorre tutto quello che gli esperti indipendenti hanno potuto verificare dopo essere tornati operativi nel paese.

Viene evidenziato che “diversi membri dell’esercito erano legati a (il cartello) Guerreros Unidos” e che “allo stesso modo ci sono prove documentali recenti, del secondo semestre del 2022, in cui il ministero della difesa nazionale dispone che le risposte da fornire sul caso devono “essere concordate” tra le diverse realtà e “concesse nei termini che sono stati concordati”.

Ci sono evidenti “prove tecniche che molti (militari, ndr) abbiano mentito sui loro movimenti”, si legge nel punto 10 del rapporto, assieme a “ufficiali dell’esercito del Battaglione 27 e del Battaglione 41 che erano collusi con il traffico di stupefacenti, come si evince dalle intercettazioni telefoniche da Chicago, Usa, che indicano pagamenti e rapporti con almeno un comandante e un capitano e da dichiarazioni di testimoni protetti che hanno raccontato di come ricevevano denaro periodicamente in modo da permettere ai Guerreros Unidos di muoversi indisturbati, il che spiega, in parte, il ruolo avuto nella notte di Iguala, l’occultamento e la mancanza di protezione dei giovani nonostante le informazioni che erano in loro possesso”.

Beristan ha aggiunto: “Sappiamo che ci sono almeno 80 o 90 documenti mancanti. Lo sappiamo perché abbiamo ricevuto documentazione delle intercettazioni che le autorità ricevevano quotidianamente dai tre infiltrati tra gli studenti”. “Abbiamo avuto accesso a documenti che testimoniano la decisione interna di non dare altre informazioni, di dare come risposta che non c’è di più. Il Giei ha un documento che prova questo. È inaccettabile”, ha aggiunto Beristan. Questi documenti e queste prove non solo potrebbero determinare, secondo i due portavoce del Giei, le responsabilità sul caso ma potrebbero aiutare a capire dove i 43 siano finiti.

La scuola normale rurale di Ayotzinapa fu infiltrata da almeno tre militari, uno è tra gli scomparsi, un altro - come si legge nel rapporto - il 27 settembre 2014 ha deciso di sospendere l’operazione perché “non più al sicuro”. I tre davano informazioni giornalmente e nella notte del 26 settembre comunicavano in tempo reale con i propri superiori. Il Giei continuerà a investigare fino al 10 giugno, quando presenterà le conclusioni di un lavoro portato avanti superando ostacoli istituzionali, al servizio dei genitori dei 43 desaparecidos e dialogando costantemente con la commissione Per la Verità su Ayotzinapa.

Un’indagine che ha obbligato le istituzioni a parlare di “crimine di stato”, mostrando le responsabilità dell’esercito - e le sue compromissioni con il crimine organizzato -, del ministero della difesa e della procura, impegnati tra le altre cose ad alterare la scena del crimine nella discarica di Cocula, così come delle polizie e della politica anche a causa del loro “dialogo” con i gruppi criminali. Il fantasma della notte di Iguala, senza la reale possibilità di un’indagine approfondita, aleggerà sopra il paese lasciando più di un dubbio sulla democrazia in Messico.