sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alessandra Serio

tempostretto.it, 13 marzo 2024

Il carcere messinese ha una capienza di 300 posti, 90 oggi però sono inagibili per i lavori di ristrutturazione in corso. Oggi detenuti ce ne sono 209, 175 uomini e 34 donne. Una cinquantina di loro lavora fuori dal carcere. Una di loro ha un figlio di 2 anni che sta vivendo i suoi primi anni all’interno delle mura di una cella e ci sono diversi soggetti che soffrono di patologie serie e faticano a curarsi adeguatamente.

Tutti hanno confermato ad Elisabetta Zamparutti e Sergio d’Elia di Nessuno Tocchi Caino che, rispetto alle altre strutture dove sono stati rinchiusi e in particolare rispetto agli altri carceri siciliani, a Messina vivono meglio. Qui l’acqua calda è disponibile h24, le celle sono in condizioni strutturalmente adeguate, sono dotate di bagni, di riscaldamento ed in molte ci sono anche i frigoriferi, il cibo è di qualità sufficiente. Insomma a Messina, come conferma la direttrice Angela Sciavicco: “I detenuti riescono a soddisfare i loro bisogni primari, una cosa purtroppo non scontata in altre strutture, malgrado siamo nel 2024″. Anche la pianta organica degli agenti penitenziari e del resto del personale è coperta.

Ma non è adeguata, se si considera che a Messina ci sono diversi “circuiti” penitenziari: c’è il settore dell’alta sicurezza femminile, c’è la media sicurezza, c’è il così detto settore ex articolo 32, ovvero i detenuti trasferiti a Messina perché hanno “creato problemi” in altre carceri o che per motivi di sicurezza specifici non possono stare in altri “bracci”. Ogni circuito richiede un tipo di controllo diverso e specifici interventi di supporto rieducativo e di risocializzazione. Una complessità che richiederebbe quindi un numero di personale maggiore, sia a livello di agenti penitenziari che di educatori e operatori. “Non siamo in sovraffollamento perché sulla carta ci sono meno detenuti della capienza - sottolinea Elisabetta Zamparutti - ma siamo al limite se si considera l’inagibilità di alcune celle e i diversi regimi. Di fatto la maggior parte dei detenuti resta nella cella, condivisa con altre 5 persone, circa 19, 20 ore al giorno”.

A Gazzi c’è anche un centro clinico, tanto che alcuni detenuti sono stati trasferiti a Messina proprio per avere accesso ad una data cura. Che però ancora attendono, come hanno raccontato agli esponenti dell’associazione. Perché l’assistenza sanitaria è l’altra criticità grossa, evidenziata anche dai delegati della Camera Penale, gli avvocati Gianfranco Briguglio, Maria Puliatti, Alessandro Faramo, Denise Zullo e Andrea Magrofuoco, in rappresentanza della commissione permanente carceri istituita dalla Camera penale per vigilare sull’emergenza carcere.

Da quando l’amministrazione penitenziaria centrale ha rinunciato ad assumere e gestire proprio personale medico, infatti, l’assistenza sanitaria dei detenuti è passata all’Asp, con tutti i problemi che ciò comporta. Perché se è sempre più difficile curarsi per un normale cittadino, figurarsi per chi vive ristretto e non ha neppure una “corsia” riservata.

Carcere femminile senza ginecologo - “Nel centro clinico abbiamo incontrato un giovane medico alla sua prima esperienza in assoluto nella professione - racconta D’Elia - il che la dice lunga su quello che è la difficoltà nelle carceri italiane in generale a fornire adeguata cura”. “E’ difficile trovare medici che vogliano lavorare nel pubblico, è un problema generale che si ripercuote a cascata anche sul carcere - conferma la direttrice - Figurarsi quanto può essere complicato trovare sanitari motivati a venire in carcere. Si è persa poi la specializzazione che un pool di personale alle dirette dipendenze dell’amministrazione penitenziaria aveva invece contribuito a formare. Perché un detenuto malato di una data patologia è diverso da un malato della stessa patologia che però in più non patisce la detenzione, ha bisogno di cure diverse”. A Gazzi oggi visitano 14 specialisti, conferma la Zamparutti: “Anche se non abbiamo avuto la possibilità di capire in quali branchie siano specializzati e quante ore operino, pare grave che in un carcere che abbia la sezione femminile manchi il ginecologo, essenziale per delle detenute”.

L’assistenza piscologica - Anche l’assistenza psicologica e i progetti di socializzazione soffrono, hanno evidenziato i delegati della Camera Penale. Nel primo caso perché sono state ridotte drasticamente, quasi dimezzate, le ore finanziate per l’assistenza psicologica assicurata da specialisti esterni. Le attività rieducative e socializzanti sono inoltre assicurate grazie al sostengo di enti e associazioni esterne. “C’è una assenza di programmazione grave - sottolinea Zamparutti - dovuta al fatto che l’amministrazione centrale definisca le risorse a giugno, consentendo una programmazione soltanto tradiva delle attività e impedendo quindi di spendere più efficacemente le risorse che ci sono”.

Crescere in carcere - “Vogliamo porre all’attenzione del neo nominato Garante per l’infanzia, in attesa del Garante dei detenuti, il caso del bimbo di 2 anni che sta crescendo in carcere con la madre - sottolinea Saro Visicaro, anche oggi in carcere insieme alla delegazione di Nessuno tocchi Caino - La mancanza di strutture idonee e alternative non sembra alla portata delle politiche sociali”.