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di Umberto De Giovannangeli

L’Unità, 11 ottobre 2023

“Io penso che la pace sia la precondizione di qualunque programma serio che si possa fare nel nostro Paese ma soprattutto in Europa. La pace vuol dire la fine di una ostilità che ha distrutto il sogno di una Europa politica”. Hanno provato a liquidare l’iniziativa come l’”ennesima trovata mediatica di Michele”. L’hanno tacciato di megalomania. Si sono inventati candidature ultrasenili, rispetto alle quali gli iscritti allo Spi Cgil sembrano dei giovani pionieri. Tutto, meno che incalzarlo nel merito. “Adesso parlo io”. La parola a Michele Santoro e al suo “partito della Pace”. “La nostra parola d’ordine - dice - non è ‘basta con l’invio delle armi, è ‘uscire dalla guerra’”. Ed ancora: “Il sistema di guerra è diventato il vero sovrano e comanda ogni cosa, pervade l’economia e domina la politica anche quando la guerra non c’è o non è dichiarata. È questa la ragione per cui la stessa guerra d’Ucraina non riesce a finire”.

Il mondo riscopre l’orrore del conflitto-israelo palestinese...

Da questo focolaio può davvero partire la terza guerra mondiale. Parliamo di un crocevia del mondo. Quelle immagini di orrore ci colpiscono in profondità, perché quei giovani israeliani uccisi o rapiti al rave party hanno le stesse sembianze dei nostri figli. Li sentiamo vicinissimi a noi. Ma attenzione a non assumere soltanto questo come sguardo, senza comprendere che Israele è in qualche modo quasi un’anticipazione del mondo che noi stiamo costruendo con la guerra in Ucraina.

Vale a dire?

Un mondo di apartheid, dove l’Occidente si rintana in se stesso e vive tutto quello che lo circonda come un possibile nemico, e non si rende conto che se la forza delle armi, la potenza militare viene usata per soffocare la speranza, questo favorisce e alimenta il terrorismo. Il terrorismo nasce dal fatto che la speranza politica si attenua, nasce dal fatto che non c’è più una trattativa in corso alla quale si affida una possibile soluzione. Quando prevale soltanto il sistema di guerra, è chiaro che il terrorismo diventa un modo asimmetrico di portare avanti la guerra. Ma in questo caso si tratta di qualcosa di pericolosissimo perché innesca un possibile conflitto mondiale. Si guarda all’Iran, alle relazioni tra l’Iran e Hamas, tra l’Iran e la Russia, e ti rendi conto pure di cosa significhi destabilizzare il mondo con la guerra. È evidente che ci sono connessioni tra tutti questi scenari di guerra. Andare ad alterare gli equilibri senza avere delle soluzioni in mano, volendo magari imporre la tua idea di democrazia con la forza delle armi, alla fine sconquassi e i risultati sono come onde che vanno ad infrangersi in altri posti. Bisogna essere molto attenti a ricostruire un quadro di pace. Io sento la mancanza dell’Europa. Vanno adesso le navi americane e noi ci dobbiamo imbarcare. È assurdo. L’Europa dovrebbe vivere la questione israelo-palestinese come una sua questione, da protagonista. Quello che manca è il ruolo di una Europa disarmata che si oppone al sistema di guerra. Ed è un’assenza drammatica.

Il “partito della Pace”. Su questa iniziativa si è montata una campagna mediatica affossatrice di una violenza verbale estrema. Come risponde a questo fuoco di fila?

Intanto c’è stato un appello che è stato firmato da migliaia di persone. Partirei da questo. Definirla una trovata di Santoro mi sembra molto riduttivo. Ci sono tantissime personalità che hanno sottoscritto questo appello, ma ancora più importanti sono i riscontri che riceviamo quotidianamente, a dimostrazione che c’è una fetta di opinione pubblica che pensa di non essere rappresentata assolutamente dalla politica che c’è. A quelli che ci accusano di voler accentuare la frammentazione, di alimentare le divisioni, rispondiamo che il nostro principale problema è far esprimere quelli che hanno perso la fiducia e che non votano più. Noi ci rivolgiamo soprattutto a loro. Trovo abbastanza miope l’atteggiamento che hanno certi giornalisti nei nostri confronti, che poi riflettono quelli dei loro partiti di riferimento, perché non capiscono che noi ci rivolgiamo soprattutto a chi non vota, a chi in questo momento fa prevalere il disincanto nelle sue valutazioni, a chi non vede più speranza in quello che accade in politica. È soprattutto a questa gente qui che vogliamo parlare.

Se c’è una parola abusata, quella parola è “pace”. Ma una pace non declinata politicamente, non è un mero esercizio retorico?

Io penso che la pace sia la precondizione di qualunque programma serio che si possa fare nel nostro Paese ma soprattutto in Europa. La pace vuol dire la fine di una ostilità che ha distrutto il sogno di una Europa politica. Oggi la guerra in Ucraina rappresenta questo. Rappresenta la ricostruzione di una barriera tra Occidente e Oriente che ci fa tornare indietro nel tempo. Rappresenta un comando americano in Europa, un’assenza di strategia europea sia sul terreno militare sia in politica estera. Non c’è un punto di vista europeo in questo momento in campo. C’è un punto di vista americano a cui gli europei si accodano. La pace non è solo un bisogno spirituale. È anche quello, soprattutto per quanto riguarda i giovani, per le tantissime persone che pensano che anche all’interno di noi stessi dobbiamo bandire la violenza. Non solo nei rapporti politici. Dobbiamo superare la dicotomia amico-nemico. Ma pace è anche bisogno di una Europa politica che faccia sentire la sua presenza. Di una Europa economica che badi ai propri interessi. Perché l’altro elemento è che con questa guerra sono stati completamente distrutti gli interessi economici dell’Europa. Che non ha alcun vantaggio nel creare una barriera di non collaborazione con la Russia. Nella mia visione, la Russia fa parte dell’Europa. Qui si parla di “Piano Mattei”, Giorgia Meloni lo sventola in ogni dove. Ma forse qualcuno dovrebbe sprecare un po’ di tempo per spiegare che cosa fu, a suo tempo, il “Piano Mattei”.

Ci provi lei a spiegarlo...

Quando c’era un modo diviso in blocchi, fu il tentativo di costruire una rete di collaborazione con l’Unione Sovietica, non con la Russia di Putin, con l’Urss, cioè con l’Unione Sovietica comunista. Questo era il Piano Mattei. Con tutta probabilità Mattei fu ammazzato da Cosa nostra per fare un favore alle 7 grandi sorelle del petrolio, perché lavorava su quest’asse, sia con l’Africa che con la Russia, non in chiave anti americana, ma non americana. Certamente in chiave europea. Questa è la ragione per cui Mattei è morto. Adesso parlare di Mattei mentre stiamo facendo i vassalli degli Stati Uniti, mi sembra veramente un sacrilegio.

Perché queste tematiche non possono essere la base di un’alleanza con le altre forze dell’opposizione di sinistra?

Possono esserne la base. Quello che noi intendiamo fare è innanzitutto agire da motore per costruire un’alleanza ampia per l’uscita dell’Italia dalla guerra. Per fare in modo che le posizioni che Elly Schlein esprime, ma che vengono “edulcorate” dalle mediazioni interne al Pd, possano diventare più chiare e risolutive.

Vale a dire?

Abbandonare la logica delle armi. Su questo la Schlein mantiene ancora una forte ambiguità. Lo fa, credo, non tanto per convinzioni personali quanto per non avere il partito contro. Ma su questo occorre prendere una posizione chiara. Non si può continuare a sfilare per la pace tutti quanti insieme, quelli che sono contrari alle armi e quelli che invece pensano che bisogna mandare più armi ancora all’Ucraina per risolvere il conflitto. Gino Strada ci ricordava che non si può essere pacifisti e per l’invio delle armi. È una contraddizione che non si può consentire. Questo vale per la Schlein, ma anche per il Movimento 5Stelle. Teoricamente l’M5S è la forza che con più chiarezza è contraria all’invio di armi, però non fa del tema della pace la bandiera principale della sua iniziativa politica, la considera con un certo imbarazzo. In questo assomiglia un po’ alla Schlein, sia pure in meglio dal mio punto di vista. E vale anche per Sinistra Italiana di Fratoianni, che è insieme ai Verdi. Siccome i Verdi a livello europeo sono favorevoli all’invio di armi, anche lui è imbarazzato ad alzare questa bandiera. Chi per una ragione chi per un’altra, chi più chi meno, sono tutti imbarazzati. Costruire un motore, un competitor è uno stimolo, non un impedimento. Noi siamo un “partito”, nel senso che prendiamo parte per la pace. È l’unica accezione che oggi diamo a questo termine. Siamo un “partito” preso per la pace. Oggi il nostro obiettivo è fare in modo che l’opinione pubblica che non ha potuto manifestare la sua critica nei confronti dell’andamento di questa guerra, possa farlo e trovare persone che la rappresentino. Questo è il nostro obiettivo prioritario, ma c’è anche quello di essere il motore che accende una maggiore energia nelle altre forze che potrebbero essere sensibili rispetto a questo discorso. Fin qui ho citato forze di sinistra, ma credo anche in Forza Italia e perfino in certi settori del partito della Meloni, ci possano essere forti resistenze ad essere così inclini a seguire gli americani in tutto e per tutto. Attizzare una competizione su questo argomento, vuol dire accendere tante scintille in tutto il campo, non solo in quello di sinistra ma anche nel campo della destra.

Abbiamo parlato di contenuti. Ma se fossimo in un salotto mediatico l’avrebbero interrotta per chiederle, “sì vabbè, ma chi candidate?”. I giornali si sono sbizzarriti su questo...

Ho una certa fama come scopritore di talenti. Direi che la gente si fida di me anche da questo punto di vista. Non c’è televisione che conta dove non c’è qualcuno che non sia stato mio allievo o comunque persone che abbiano lavorato insieme a me. Vuoi che non abbia l’occhio per capire quali siano i giovani giusti da mettere in una lista, o le donne…La rappresentazione che vogliono dare di noi, come quelli che faranno una lista di soli vecchi, a me fa solamente ridere. D’altro canto, bastava vedere la nostra recente assemblea, per capire il ruolo che avevano i giovani dentro quella riuscitissima iniziativa. Se poi al Corriere della Sera interessa solo chi ha più di 70 anni, non so che farci. Non posso inseguire questa informazione che ormai ha perso qualunque senso del pudore. Montano la polemica sulla “tassa” per partecipare ad un’assemblea, quando invece dovrebbero apprezzare il fatto che uno non soltanto partecipa all’assemblea ma la finanzia pure. Qualcuno mi ricordava che i socialisti, quando ancora esisteva un partito socialista unitario, prima della scissione di Livorno, quando partecipavano ad un’assemblea nazionale, documentavano le loro spese, e tutti contribuivano a creare una medietà di costo di partecipazione: chi stava più vicino dava il suo contributo per quello che veniva più da lontano. È una cosa meravigliosa. Il fatto che questi giornali abbiano perso il ricordo, la memoria di cos’erano le società di mutuo soccorso, le prime iniziative solidali del movimento operaio, è gravissimo. Vabbè che Repubblica è il giornale di Elkann-Agnelli, e non possono avere una sensibilità per questo argomento, però nel loro Dna c’è anche il fatto di essere stati un giornale, importantissimo, di riferimento per la sinistra italiana. Invece hanno smarrito qualunque tipo di memoria. Cercheremo di ricordarglielo, ovviamente in maniera amichevole.

Papa Francesco è stato il primo ad utilizzare la definizione, molto efficace, di una “terza guerra mondiale a pezzi” in atto. Nel mondo ci sono più di 50 conflitti in corso. In Nagorno Karabakh è in atto un genocidio. Perché ci si dimentica?

Si dimentica perché l’Azerbaigian è il nostro fornitore di gas. La questione dell’Europa, come la poniamo noi, non è semplicemente quella di costruire un soggetto che esca dalla guerra, ma che sia una Europa disarmata. Una Europa che agisca per la soluzione dei conflitti su tutto il pianeta. In particolare in quella parte del mondo che è di più stretta competenza dell’Europa.

Vale a dire?

L’Africa. Anzitutto l’Europa non deve creare una barriera tra Occidente e Oriente, e questo è prioritario, ma l’altra azione è quello di agire nel continente africano, da protagonista. E deve farlo anche per quanto riguarda la questione palestinese, completamente dimenticata e che torna all’attenzione quando si trasforma in guerra con Israele. Una Europa che divenga grande protagonista della pace su scala mondiale. È questa l’Europa che noi vogliamo, l’Europa che sogniamo. Poi c’è un altro punto dirompente, che vorrei fosse chiaro. Noi siamo già sul bordo di un cratere. E questo cratere si chiama regressione. Noi dobbiamo sperare che l’inverno sia mite, perché ci saranno seri problemi per riscaldarsi, seri problemi per le condizioni di tantissime persone. Dai nostri conti correnti sono già stati “tagliati” 25 miliardi di euro. L’inflazione ha rosicchiato il valore dei nostri risparmi per una montagna di miliardi. Tutto questo noi non lo vediamo ma si riflette sul fatto che anche i figli del ceto medio fanno fatica ad andare all’università. Bisogna capire perché in Italia il conflitto sociale sia così basso, ma questo non vuol dire che le condizioni di sofferenza siano basse. Non vuol dire che riguardino sola la parte più marginale della società, i più poveri. C’è un impoverimento generale. Tutti i servizi sociali più importanti sono peggiorati. Quando sento parlare la Meloni che decanta questi suoi risultati economici, dico sempre che la gente dovrebbe semplicemente guardare la sua esperienza concreta e capire quello che sta succedendo. Il costo per andare all’università è diventato insopportabile. Noi ci dovremmo porre il problema della gratuità, per lo meno per gli studenti che vengono da famiglie dove il disagio è maggiore, invece abbiamo una diminuzione di studenti universitari, una fuga dei giovani dall’Italia. Sono i giovani migliori che se ne vanno. Il sole “europeista” si è oscurato ancora di più in Italia. Noi vorremmo riaccenderlo.