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di Luca Mattiucci

La Repubblica, 21 ottobre 2023

A crescere sono i tempi di detenzione media (+1700%) e le manutenzioni straordinarie (15 milioni di euro): un migrante nel ‘98 attendeva 30 giorni, oggi è “detenuto” per 540 giorni. Un sistema costoso e inumano, spesso ingovernabile, che negli anni è divenuto lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini, che nel solo arco 2018-2021 rappresentano circa il 50% delle persone in ingresso in un CPR e ben il 70% dei rimpatri. Eppure i migranti tunisini sono solo il 18% degli arrivi via mare tra il 2018 e il 2023.

Il dossier di ActioAid. È questo il dato emblematico che salta all’occhio scorrendo il report elaborato da ActionAid in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”: un’analisi dettagliata sul sistema di detenzione dei Centri di permanenza per il rimpatrio dal 2014 al 2021, raccolti grazie a 51 richieste di accesso agli atti a Ministero dell’Interno, Prefetture, Questure e a 30 richieste di riesame. Un lavoro di ricostruzione di informazioni, dal dato complessivo fino alla singola struttura, disponibile in formato accessibile e aperto a tutti sulla Piattaforma Trattenuti.

Il fallimento bipartisan. Dal 2017 in poi i diversi Governi in carica hanno scelto di investire nella detenzione amministrativa degli stranieri come efficace politica di rimpatrio con l’obiettivo di istituire un Cpr in ogni regione, 20 in tutto, arrivando ad una capienza di 1395 posti del 2022. Ad oggi ad essere attive sono 10 strutture, di cui solo 9 aperte e funzionanti. Una riduzione dei posti dovuta all’impossibilità di gestire queste realtà: atti di autolesionismo, rivolte, disordini provocati dalle condizioni di estremo disagio e privazione dei diritti più elementari delle persone trattenute senza aver commesso reati, ha portato a continui danni e distruzioni rendendo indisponibili la stragrande maggioranza dei posti. Basti pensare che già dal 2018 l’intero sistema CPR funziona al 50% della sua capacità ufficiale.

Si allungano i tempi di detenzione. Ma al diminuire dei posti ad essersi allungati sono i tempi di detenzione: nel 1998 la durata media era di circa 30 giorni mentre nel 2023 i giorni diventano circa 540, senza peraltro che i rimpatri siano aumentati: nel 2014 erano pari al 60%, mentre nel 2021 si sono ridotti al 49%. Uno scenario al collasso che lungo lo Stivale disegna due tipologie di CPR: quelli di frontiera, come Trapani e Caltanissetta, dove i tempi di permanenza sono più brevi ma i rimpatri hanno un’incidenza importante. Dall’altra ci sono quelli ribattezzati “ad estensione carceraria”, come Torino e Brindisi, dove la permanenza si allunga a dismisura, ma i rimpatri sono fermi al palo.

21 mila euro a persona e 36 minuti di assistenza. Alla gestione incontrollata, secondo ActionAid, si somma poi anche un’allarmante confusione amministrativa unita ad un’assenza di trasparenza: “Il caos gestionale emerge fin dalle interlocuzioni con le prefetture. - dichiara Fabrizio Coresi, esperto Migrazioni ActionAid - A Gorizia, Caltanissetta e Brindisi è impossibile distinguere le spese di manutenzione ordinarie del CPR da quelle del centro di prima accoglienza attiguo. Negli ultimi due casi, CPR e CPA sono inoltre gestiti dai medesimi soggetti privati”.

I soggetti coinvolti. Ad essere coinvolti nella gestione delle strutture sono cooperative e soggetti for profit, tra cui anche multinazionali. Gestioni che spesso vengono prorogate all’infinito: tra il 2018 e il 2021 in ben sei CPR su dieci sono stati totalizzati circa tremila giorni di proroghe.

E se i capitolati di gara sono poco chiari, perché si sovrappongono in quattro macroaree che operano contemporaneamente, generando disparità tra qualità e costi dei servizi offerti, molto più chiari appaiono i costi esorbitanti per un numero decisamente limitato di posti: 53 milioni di euro tra il 2018 e il 2021, con un costo medio per singolo posto di 21mila euro annui. Di questi ben 15 milioni vengono spesi per la manutenzione straordinaria spesso dovuta a danneggiamenti in conseguenza delle lunghe permanenze.

Ridicoli i livelli di assistenza. Dall’altra parte invece i servizi di assistenza alla persona risultano al limite del ridicolo: 9 minuti di assistenza legale, 9 minuti di assistenza sociale e 28 minuti per la mediazione linguistica, il tutto su base pro-capite settimanale. “L’investimento nei Cpr ha prodotto una crescita dei costi umani ed economici delle politiche di rimpatrio. Dal 2017 si rimpatria di meno, a costi più alti e in maniera sempre più coercitiva - conclude Fabrizio Coresi - Il ricorso a queste strutture ha già dimostrato di essere fallimentare, tuttavia, si continuano a presentare i Cpr come una soluzione per aumentare il numero dei rimpatri. I dati raccolti, invece, dicono l’esatto contrario. L’analisi presentata impone nuove domande all’esecutivo. Ci auguriamo che il Parlamento voglia usare i dati messi a disposizione per esercitare il ruolo di indirizzo e controllo che gli è proprio, chiedendo al Governo di chiarire il perché, fra le altre cose, si continua ad investire su un sistema fallimentare da ogni punto di vista”.