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di Fabio Tonacci

La Repubblica, 10 dicembre 2022

Un anno fa i giudici li avevano definiti illegali. Ma Piantedosi ha appena firmato una circolare per riattivarli. Tra le polemiche. Sul confine italiano di Nord-Est sono ricominciati i respingimenti dei profughi che percorrono la rotta balcanica. Il Viminale li chiama “riammissioni informali” e sostiene che siano attuabili sulla base di un accordo con la Slovenia del 1996 mai ratificato dal Parlamento. La locuzione burocratica, però, non riesce a nasconderne la vera natura: riconsegnare alla polizia slovena i richiedenti asilo rintracciati nei pressi della frontiera impedisce l’esercizio del diritto alla protezione internazionale, dunque è una pratica illegale. E a stabilirlo è stato il tribunale di Roma con un’ordinanza del gennaio 2021, motivo per cui le riammissioni erano state sospese. Adesso la direttiva del 28 novembre del ministero dell’Interno le ha riattivate. E la Lega esulta.

Partiamo da qui, dalla direttiva. Porta la firma di Maria Teresa Sempreviva, Capa di gabinetto del ministro Piantedosi. Si invitano i prefetti di Trieste, Udine e Gorizia nonché il commissario di governo per la provincia di Bolzano “ad adottare iniziative volte a dare ulteriore impulso all’attività di vigilanza sulla fascia di confine, al fine di assicurare la più efficace attuazione degli accordi stipulati con la Slovenia e l’Austria”.

Nel testo si spiega che l’input si rende necessario per il “massiccio afflusso di migranti attraverso la rotta balcanica”. Sono riportate anche le cifre: dal primo gennaio al 25 ottobre di quest’anno al confine italo-sloveno “sono stati rintracciati 9.990 migranti irregolari, il 23 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021”. Non sembrano numeri da esodo bibilco e ingestibile.

La direttiva è scritta in modo volutamente vago. Sempreviva si guarda bene dal mettere nero su bianco la ripresa delle riammissioni informali, non foss’altro perché il giudice di Roma Silva Albano, pronunciandosi l’anno scorso sul ricorso presentato da un cittadino pachistano, le ha definite nell’ordine: “illegittime sotto molteplici profili”; contrarie al regolamento di Dublino; contrarie agli articoli 2 e 3 della procedura amministrativa perché ai respinti non veniva dato alcun atto da impugnare; contrarie all’articolo 80 della Costituzione perché il bilaterale con la Slovenia non è stato ratificato dal Parlamento; contrarie all’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il Viminale - allora guidato da Luciana Lamorgese - le aveva interrotte. Le riammissioni, così, erano crollate dalle 1.028 del 2020 alle 18 del 2021, quest’ultime nei confronti di cittadini albanesi, kosovari e stranieri irregolari capitati al confine per caso.

Che l’obiettivo del ministro Piantedosi sia ordinare alla polizia di frontiera di riprendere questo tipo di pratica lo ha detto pubblicamente il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco. E a Repubblica lo conferma il prefetto di Trieste Annunziato Vardé. “Dopo la direttiva ci sono già state delle riammissioni, come ci saranno in futuro. Si procederà con quella formula laddove ricorrono i presupposti previsti dall’accordo tra Italia e Slovenia e dalla normativa vigente in materia”. Il prefetto Prisco, però, non fornisce il numero dei riammessi né intende spiegare nel dettaglio quale siano tali presupposti, perché sa bene quanto la materia sia spinosa. Per lui, per il ministero e per chi è chiamato ad applicare la direttiva.

L’ordinanza del Tribunale di Roma, infatti, ha bocciato in toto le riammissioni, ritenendole ancor più gravi quando avvengono nei confronti dei richiedenti asilo. E a nulla vale il fatto che poi quel pronunciamento sia stato ritirato perché il ricorrente pachistano non aveva fornito sufficienti prove di essere stato riportato in Slovenia, poi a catena in Croazia e in Bosnia, fuori dall’Ue. La sostanza resta.

“Già immaginiamo quali artifici si potranno inventare per sostenere che i prossimi respinti in Slovenia non sono classificabili come richiedere asilo”, ragiona Gianfranco Schiavone, presidente del triestino Consorzio italiano di solidarietà, ente che si occupa dell’accoglienza dagli anni Novanta. “La direttiva di Piantedosi è stata accolta con trionfo dalla Lega e dal governatore Fedriga, che da mesi lancia l’allarme per un’invasione che non c’è ed è smentita dai numeri. Se ci sono profughi che dormono per strada a Trieste è perché da quest’estate il sistema dell’accoglienza è stato deliberatamente ingolfato dalle istituzioni che non hanno gestito i trasferimenti degli ospiti in altre località”. A pesare sulla decisione del Viminale sono le statistiche diffuse dall’agenzia europea Frontex, che registra 128 mila attraversamenti della rotta balcanica nei primi dieci mesi dell’anno contro gli 85 mila del Mediterraneo centrale. Sono per lo più afghani che fuggono dal regime dei talebani. Eppure l’Italia riprende i respingimenti, mascherandoli da riammissioni.