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di Leo Lancari

Il Manifesto, 7 dicembre 2023

Oggi il negoziato tra Parlamento e Consiglio europeo sul Patto immigrazione. Procedure di frontiera più rigide, con la possibilità di coinvolgere anche famiglie con bambini molto piccoli; Paese terzo sicuro dove rimandare immediatamente i migranti senza neanche esaminare la domanda di protezione internazionale e, infine, “solidarietà flessibile”. E’ soprattutto su questi tre punti che si concentrerà la riunione di oggi a Bruxelles tra i rappresentanti del Parlamento e del Consiglio europeo chiamati a negoziare le modifiche al Patto immigrazione e asilo, e le previsioni della vigilia annunciano un confronto tutt’altro che sereno.

A rendere complicata la trattativa sarebbe la richiesta avanzata dal Consiglio di rendere ancora più stringenti i criteri su chi debba essere coinvolto nella procedura di frontiera, già in vigore in alcuni Stati membri - come l’Italia - e che prevede la possibilità (oggi facoltativa ma che si vorrebbe rendere obbligatoria) di trattenere un migrante fino a un massimo di quattro settimane. Nella proposta avanzata della Commissione Ue dovrebbe riguardare tutti coloro che provengono da un Paese che ha una percentuale di riconoscimento delle richieste di asilo inferiore al 20%, una soglia che il Parlamento vorrebbe alzare contro il parere del Consiglio che la ritiene un deterrente contro i cosiddetti migranti economici. Un trattamento che non escluderebbe neanche i bambini. Sempre la Commissione inizialmente ha previsto il divieto di trattenere alle frontiere le famiglie di migranti con bambini sotto i 12 anni. In discussione oggi ci sarebbe invece la possibilità di sottoporre a procedura di frontiera anche i nuclei con bambini a partire dai 6 anni.

C’è poi la questione del paese terzo sicuro: se nel suo viaggio verso l’Europa un migrante ha attraversato un paese che garantisce livelli anche minimi di tutela, la sua richiesta di asilo può essere bocciata senza neanche un esame preliminare e il migrante rimandato indietro. E’ quanto succede oggi per alcune nazionalità tra Grecia e Turchia, un principio che si vorrebbe replicare anche per Paesi, ad esempio, come la Tunisia. Per questo, spiegava ieri una fonte del Parlamento europeo, serve “una lista di criteri ben determinata, che va compilata assieme alle agenzie internazionali che si occupano di rifugiati”.

Ma non è tutto. Un giro di vite sarebbe previsto inoltre anche per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari all’interno del regolamento di Dublino, per i quali vorrebbe cancellata la possibilità, proposta sempre dalla Commissione Ue, di attuarli tra fratelli, uno dei quali beneficiario della protezione internazionale. L’unico punto sul quale oggi non dovrebbero esserci discussioni riguarda la “solidarietà flessibile”, il meccanismo che prevede il ricollocamento dei migranti, solo in teoria obbligatorio visto che per uno Stato che rifiuta l’accoglienza sono previsti in alternativa contributi finanziari destinati a Paesi maggiormente sotto il peso degli sbarchi. Le modifiche al Patto preoccupano quanti lavorano per assistere i migranti. In un documento comune 17 Ong - tra le quali Amnesty International Picum, Border Violence Monitoring Network - denunciano i rischi di un aumento delle discriminazioni nei confronti dei migranti e di “un attacco potenzialmente irreversibile” al sistema di asilo.