sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alessandra Ziniti

La Repubblica, 7 gennaio 2022

Bimba annega, un altro in salvo. I destini diversi dei piccoli nella strage infinita dei migranti. Lampedusa era ancora lontana, almeno altre sei ore di navigazione, quando il barchino sul quale erano stipati in 38, si è capovolto.

Nessuna mano, se non quelle dei genitori che annaspavano cercando disperatamente di tenerli a galla, a tirarli fuori dall’acqua. Jamila e Ibrahim si sono guardati per l’ultima volta, stretti tra le braccia delle loro mamme, prima che il cielo diventasse mare e il mare cielo. Poi risucchiati nel vortice d’acqua, sono andati incontro al loro tragico (e al momento diverso) destino: Jamila, un anno appena, non ce l’ha fatta, il corpicino prono abbandonato in mare recuperato prima di essere inghiottito dal buco nero del Mediterraneo, Ibrahim invece, un anno e mezzo, respirava ancora quando le braccia forti di alcuni pescatori tunisini (i primi ad arrivare) lo hanno sottratto alla morte.

“Era con la mamma sul barcone che si è rovesciato, sono finiti in mare e ha cominciato ad ingerire acqua fino a riempire i polmoni. Quando è arrivato qui da noi era in condizioni molto critiche. Insieme ad un collega l’ho subito intubato, stabilizzato e messo sull’elicottero che lo ha portato a Palermo all’ospedale dei bambini. Speriamo di essere riusciti a salvargli la vita”, racconta Vincenzo Mazzarese, medico dell’ambulatorio. Il corpicino di Jamila, avvolto in una coperta, è rimasto a lungo sul tavolo dell’obitorio insieme a quelli di una donna e di uomo, le altre due vittime di questo ennesimo naufragio arrivato dopo cinque giorni di sbarchi continui.

“Siamo in una guerra che molti ignorano o fanno finta di ignorare. Serve una legge speciale per Lampedusa che ci aiuti concretamente, serve una task force pronta ad occuparsi di tutti gli aspetti connessi ai soccorsi e alla macchina dell’accoglienza: il ministro Piantedosi venga a vedere di persona”, dice sconvolto il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino che negli ultimi tre mesi di bare bianche per piccoli migranti ne ha dovute recuperare già otto. 

Vita e morte che si incrociano in una manciata di minuti nel tratto di mare più pericoloso del Mediterraneo su cui già più di 2.500 persone nei primi cinque giorni dell’anno si sono avventurate. Era stata una notte di sbarchi a Lampedusa, ben sette barchini tutti di metallo con motore fuoribordo (come quello su cui viaggiavano Jamila e Ibrahim) erano partiti uno dietro l’altro dalle coste della Tunisia ed erano approdati a Lampedusa con più di 300 persone a bordo: non solo tunisini ma, come ormai accade sempre più spesso, tanti subsahariani che pagano un prezzo più basso per salire su questi gusci facilmente rovesciabili. “Spero che il governo Meloni si ravveda e nel Milleproroghe conceda al nostro Comune gli aiuti promessi. Con questi ritmi, con questi numeri da capogiro anche in pieno inverno, non so fino a quando riusciremo a fronteggiare tutto ciò”, dice sconsolato il sindaco di Lampedusa, che guarda quasi con sollievo ai quattro giorni di maltempo previsti da lunedì, sperando in una tregua degli sbarchi, aumentati di otto volte rispetto agli stessi giorni dello scorso anno.