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di Francesco Grignetti

La Stampa, 1 ottobre 2023

Accolto il ricorso di quattro tunisini rinchiusi nel centro per le espulsioni facilitate di Pozzallo. FdI: “Muove più sdegno che sorpresa”. Alla prova del giudice, naufraga subito il decreto Cutro. “Illegittimo”, lo definisce Iolanda Apostolico, la magistrata di Catania che esamina i ricorsi dei primi quattro tunisini che sono stati rinchiusi nel Centro per le espulsioni facilitate di Pozzallo, appena inaugurato. Non va la fidejussione per evitare il trattenimento, così come è stata configurata dal governo. Ma è la stessa procedura prevista dal decreto ad essere messa in discussione dalla giudice, in quanto prevede in automatico, non caso per caso, e senza nemmeno adeguate motivazioni, il trattenimento di 30 giorni per chi arriva da un Paese considerato sicuro a priori.

Immediatamente si è scatenata la polemica. Nessun si è soffermato su quanto dice il Governatore uscente della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che avverte quanto “l’invecchiamento della popolazione ci impone di essere aperti all’immigrazione” e ha ricordato come in “Giappone l’immigrazione era un tabù e ora, da qualche anno, hanno un piano”. No, la sarabanda parte per i quattro tunisini di Pozzallo. “Sbarcato da 10 giorni, e ricorso subito accolto dal Tribunale. Ma aveva l’avvocato sul barcone? Riforma della giustizia, presto e bene”, si fa sentire Matteo Salvini. Commenta il capogruppo FdI Tommaso Foti: “Muove più sdegno che sorpresa”, mentre per Sara Kelany, responsabile immigrazione del partito “spiace dover constatare come ancora una volta si pieghi il diritto all’ideologia”.

Il Viminale ha annunciato ricorso. Ed era scontato, perché la decisione presa nel tribunale di Catania è una picconata alle fondamenta della strategia italiana (ed europea) di rimpatriare più migranti possibile, a cominciare dai tunisini.

C’è il nodo della fidejussione per evitare il trattenimento, che sarebbe contemplata dalle regole europee, ma nella versione italiana non è “compatibile” con la Direttiva. Già, perché è diabolica: deve essere fatta in banca e soltanto dal diretto interessato, non da terzi. Ma come può un migrante sbarcare da un barcone e avere già il conto corrente? Inoltre, la fidejussione andrebbe valutata individualmente; il governo ha invece fissato la cifra di 5000 euro.

C’è poi l’aspetto della “procedura accelerata di frontiera”, che è quanto solitamente accade ai varchi di controllo passaporti qualora uno straniero non abbia il visto di ingresso. Cioè il respingimento senza entrare nel territorio italiano. Per via del decreto, ora si trova ad essere dilatata nello spazio (da Lampedusa dove sbarcano a Pozzallo dove vengono trattenuti) e nel tempo (dalle poche ore per l’esame di un passaporto ai 30 giorni per completare l’esame della richiesta di asilo).

Se cade però ogni possibilità di evitare il trattenimento con modalità alternative (e si capisce meglio come e perché è stata pensata questa fidejussione), resta solo il trattenimento. Misura indubbiamente coercitiva. E ciò, come citato dalla giudice Apostolico, va contro la giurisprudenza europea, che nel 2020 ha espressamente escluso che un richiedente asilo “sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata, e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura”.

Per i quattro giovani tunisini, il provvedimento del questore non è stato convalidato. Ciò a prescindere dalle loro spiegazioni sul perché siano arrivati in Italia. Chi perché inseguito dai creditori. Chi “minacciato dai suoceri” che lo ritengono responsabile della morte della figlia, deceduta in un precedente tentativo di traversata. Chi si dichiarava “perseguitato per le caratteristiche fisiche che i cercatori d’oro del suo Paese, secondo credenze locali, ritengono favorevoli nello svolgimento della loro attività, cioè alcune particolari linee della mano”. Infine il quarto ha detto di essere qui a cercare fortuna perché in Tunisia la sanità costa cara e sua moglie ha bisogno di assistenza al momento del parto.

I quattro sono stati immediatamente liberati, salvo uno, arrestato perché già espulso in precedenza, e un altro che nelle stesse condizioni ha preferito tornare in Tunisia. “Ovviamente - spiega Riccardo Campochiaro, direttore del Centro Astalli di Catania, l’istituto dei gesuiti che si occupa di migranti - queste persone sono richiedenti asilo e lo Stato dovrà trovargli un posto in un Centro di accoglienza”.

In definitiva, il provvedimento della giudice Apostolico smonta il trattenimento “breve” che il decreto Cutro aveva introdotto per chi proviene da Paesi considerati sicuri. E stavano già sorgendo i Centri di trattenimento da 30 giorni, via di mezzo tra i Cpr e i Centri di accoglienza. Aspetto ben chiaro al ministero dell’Interno, dove si ricorda come la “procedura accelerata di frontiera trova l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo”.