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di Piero Sansonetti

L’Unità, 23 aprile 2024

Sì, lo so che questo giornale non è molto amato dalla magistratura, e in particolare dalla magistratura associata e in modo specialissimo dalle Procure. Non è amato perché succede molto spesso che critichi, anche in maniera ruvida, la magistratura e in particolare le Procure. E ai magistrati - come del resto ai potenti di ogni genere - le critiche piacciono poco e la ruvidezza piace niente. Però mi rivolgo ugualmente, oggi, alla Anm (il sindacato dei magistrati) per rivolgere una domanda un po’ maliziosa ma molto sincera. Come mai l’Anm, che spesso interviene nel dibattito politico nazionale, specialmente su questioni che riguardano la magistratura e la giustizia, non ha sentito il dovere di un suo intervento politico sul caso Iuventa?

I termini del problema sono molto semplici. La nave Iuventa, che era una delle più attrezzate navi di soccorso ai naufraghi, è stata sequestrata nel 2017 dalle autorità italiane, il sequestro è stato confermato da diverse decisioni della magistratura, e il suo equipaggio è stato indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (pene fino a 20 anni) e accusato di loschi accordi con gli scafisti. Le indagini preliminari, fondate su nessuna prova e nessun indizio (come ha poi stabilito il Gip) ma - verosimilmente - su una spinta politica, forse irrobustita dall’opinione pubblica, sono durate sette anni. In questi sette anni la Iuventa, che nei mesi precedenti aveva portato in salvo quasi 15mila persone, è rimasta fuorigioco, e le autorità hanno lasciato che si riducesse in condizioni fatiscenti, ferma in porto senza assistenza.

Si tratta in tutta evidenza di malagiustizia. Costata peraltro circa 3 milioni di euro. Una buona giustizia avrebbe archiviato le accuse in poche settimane. E permesso alla nave di tornare in mare. Le conseguenze di questa malagiustizia sono state migliaia e migliaia di naufraghi lasciati senza soccorso. Sappiamo per certo che alcune centinaia di loro, o forse parecchi di più, sono morti. Sì: sono morti perché la nave Iuventa era bloccata in un porto per ordine della magistratura. So bene che questa vicenda non solleva questioni di responsabilità personali o penali. Responsabilità morali sicuramente sì. È chiaro che una parte consistente di queste responsabilità sono della magistratura (anche dei politici, della stampa, di alcuni partiti, di alcuni governi). La Anm se ne fa carico? Ritiene che la questione meriti un comunicato, una presa di posizione, una dichiarazione, un’intervista? Che giudizio dà sulla professionalità di alcuni magistrati che si sono resi responsabili di questo disastro? Mi piacerebbe se qualcuno volesse rispondermi, ma non ci conto.

Tutti i giornali trattarono nel 2017 con grande visibilità e clamore il sequestro della Iuventa e l’indagine aperta sul suo equipaggio e sulla Ong alla quale apparteneva la nave. Titoli in prima pagina. Titoli forti. La tesi comune era semplice: si è scoperto che le Ong sono la longa manus degli scafisti. Chiunque avesse nella zucca qualche granello di sale capiva che le cose non stavano così. Ma quasi nessun giornale, quasi nessun partito, quasi nessun intellettuale, opinionista o scrittore, difese la Ong e contrastò la tesi della complicità. Ora è provato che le accuse erano infondate. Tutti prosciolti dal giudice di Trapani su richiesta dello stesso Pm. Provate a dare un’occhiata alle prime pagine dei giornali del giorno dopo la sentenza. Cercate la notizia. La troverete sul manifesto, sull’Unità e un trafiletto sul Corriere della Sera (onore al Corriere che almeno un trafiletto ce l’ha messo). Se voi nei giorni del sequestro aveste chiesto a dieci passanti se conoscevano la questione Iuventa, almeno la metà vi avrebbe risposto di sì. Se oggi chiedete a 10 passanti se sanno del proscioglimento, almeno nove vi dicono di no.

Mi sarebbe piaciuto se Antonio Scurati avesse dedicato a questo il suo monologo. Alla Iuventa. Questione attualissima e che col fascismo “vivente” secondo me ha molto a che fare. E mi sarebbe piaciuto se avesse accusato i governi di allora, che fecero gli accordi coi tagliagole della Libia, anche se erano di centrosinistra, e i governi di oggi, che confermano quegli accordi, e li allargano, e varano decreti incostituzionali spazza-naufraghi. E avesse accusato i partiti, e i giornali, anche di sinistra, che inventarono la formula infame “taxi del mare”. E avesse accusato i magistrati che sequestrarono la Iuventa e altre navi, provocando ecatombi e stragi.

Non è a loro che bisogna chiedere conto? Non sono loro a dover rinnegare le proprie malefatte? Non sta lì, nella spavalda xenofobia dei nostri governanti, ed ex governanti, il volto ben riconoscibile del fascismo moderno? Se Scurati avesse pronunciato questo monologo starei qui a battergli le mani. In piccola compagnia, temo. Non riesco invece ad associarmi agli strepiti di chi sente come sfregio alla democrazia la modesta censura a un modesto testo antifascista. Che peraltro conteneva alcune posizioni davvero discutibili. Davvero, come dice Scurati, solo il Psu di Matteotti si opponeva al fascismo? Il Pcdi di Gramsci? Il Psi di Nenni? Mi dispiace per quel finalista dello Strega che ha dovuto leggere questo strafalcione. E poi, sinceramente, io credo che considerare Giorgia Meloni erede delle stragi naziste sia una gravissima sottovalutazione delle stragi naziste. E cioè sia una posizione che con l’antifascismo non ha niente a che fare. Io trovo che l’antifascismo retorico sia il migliore amico del fascismo moderno. L’antifascismo deve vivere nell’oggi. Sennò è museo. Denunciare le leggi che aumentano le pene, che aumentano i reati, denunciare l’orrore delle carceri, chiederne lo smantellamento, denunciare lo sterminio dei migranti. Che Giorgia Meloni compia o no una abiura, francamente a me interessa poco. Le abiure le lascio a Bellarmino.