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di Andrea Galli

Corriere della Sera, 14 ottobre 2023

“Lavoro e volontariato, il nostro viaggio è finito”. Varese, il laboratorio di Cassano Valcuvia: 600 abitanti e 43 ospiti. Mentre la popolazione invecchia, negli ex locali dei frati arrivano ragazzi dall’Africa. Questo in cima alla strada è un paese piccolo, invecchiato e in speranzosa ma forse vana attesa di nuove generazioni, come il resto d’Italia. Invece no, a esplorarlo, e soprattutto a trascorrere una mattina nel colossale antico eremo dei frati carmelitani - rimasti appena in tre, i religiosi se ne andarono anni fa -, Cassano Valcuvia, in provincia di Varese, appare addirittura un laboratorio futurista. O forse no, una soluzione fisiologica, obbligata.

Premesso che quell’”addirittura” è una dedica rivolta a chi vive lontano dalla realtà inquadrando il luogo, e i suoi residenti, come un’unica fonte di guai e pericoli, una sciagura per la povera Patria, ecco, bastino pochi elementi: il paese conta 600 abitanti, e nell’ex eremo, preso in comodato d’uso dalla Cooperativa San Martino, specializzata in minori non accompagnati, possono abitare cinquanta adolescenti. Adesso ce ne sono 43: originari di Egitto, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Benin, Camerun, accomunati dai percorsi d’orrore, tra lager e rastrellamenti, fino alla Tunisia, quindi il Mediterraneo, infine Lampedusa, arrivano, sostano, e appena maggiorenni lasciano la struttura, come da legge.

Nel periodo tra l’ingresso e l’uscita, il personale governato dalla responsabile, la 38enne Camilla Galliani, donna pratica, di forza e insieme di calma, lavora affinché i ragazzini recuperino le fatiche fisiche e mentali - da casa ai barconi anche un anno, un anno e mezzo -, e possano, quando sarà, lasciare la comunità “strutturati al massimo”. E dunque, qui sul posto si va in classe per l’alfabetizzazione, quando si è pronti si esce per frequentare le scuole, oppure imparare un mestiere; con novembre, su convinta adesione della sindaca Serena Barea, i migranti inizieranno a fare volontariato nelle strade: non meri progetti creativi bensì opere di pulizia, assistenza agli anziani, manutenzione dell’arredo urbano. Non che manchi la creatività, attenzione: per dire, il locale teatro, che ha già assunto un paio di ospiti dell’ex eremo, ha organizzato un percorso per scovare, chissà mai, talenti recitativi, di sceneggiatura o regia.

Del resto, tutti quanti siamo quel che siamo anche in conseguenza delle persone che incrociamo strada facendo. Il caso, la fortuna, le rinascite. Sicché, pur se un po’ persa tra le valli, la geografia di Cassano Valcuvia, non lontano dalla Svizzera, dall’inaugurazione della struttura avvenuta nel 2021 ha registrato assunzioni in un ristorante di sushi, interessi delle società calcistiche, famiglie ignare dell’Africa che si son ritrovate in salotto a discutere del continente dopo il fidanzamento tra le figlie e i ragazzini, insomma, un’inevitabile condivisione di step culturali magari ritenuti impossibili, se non degradanti, fino a un secondo prima. Dopodiché, osserva con frequenza la dottoressa Galliani, “non siamo un posto magico, di sorrisi e armonie, senza problemi”.

La fatica la si può soltanto immaginare, e forse nemmeno. Il vissuto degli adolescenti, i traumi, gli episodi di razzismo, e la costante, per i neo-arrivati, di saper utilizzare un’unica forma di comunicazione: la violenza. E ancora, le ovvie contrapposizioni tra nazionalità, la consapevolezza, laddove presente un identico passaggio in Libia, d’aver avuto trattamenti antitetici a seconda che si fosse di carnagione chiara o scura, l’abituarsi alle regole, tassative come in caserma altrimenti non se esce, evidente.

Il prefetto di Varese, Rosario Pasquariello, ha gestito con sapienza i momenti di tensione tra ragazzini e residenti. Non mancano le fughe, anche di massa, ché l’Italia non sempre è il punto d’approdo definitivo. Non sono mai transitate coetanee, a Cassano Valcuvia: per loro, i trasferimenti dall’Africa alle citte europee sono “protetti”. Nel senso che, ancor prima di sbarcare, sono prese in consegna dai soldati delle bande di sfruttatori, mentre i ragazzini possono pure annegare.