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di Alessandra Ziniti

La Repubblica, 21 dicembre 2023

Ecco il nuovo Patto europeo asilo e migrazione. È il fallimento dell’idea di un’Europa inclusiva e accogliente, è la prima pietra della fortezza Europa che decide di investire in muri, recinzioni e centri di detenzione a costo di chiudere più di un occhio sul diritto d’asilo e sulla violazione dei diritti umani. Alla fine di lunghi anni di braccio di ferro e melina, i 27 (eccezion fatta per Ungheria e Polonia che si rifiutano di applicarlo) sono riusciti a trovare l’accordo sul Patto asilo e migrazione. Storico certo, come lo definisce Ursula Von der Leyen e molti leader europei: perché è il primo che arriva 33 anni dopo il trattato di Dublino (che non viene affatto superato) ma soprattutto perché segna l’affermazione dell’approccio securitario su quello umanitario.

Solidarietà obbligatoria solo in caso di crisi - Il concetto di solidarietà obbligatoria (che siano ricollocamenti o il pagamento di quote da 20.000 euro a migrante) in situazioni di crisi o di guerra ibrida attraverso la strumentalizzazione dei flussi migratori non è certo il cuore del Patto che, quando diventerà operativo, avrà i suoi effetti più visibili nel moltiplicarsi di veri e propri centri di detenzione in tutti i Paesi di primo approdo (a cominciare dall’Italia) che saranno chiamati ad applicare le cosiddette procedure accelerate di frontiera a tutti coloro che arrivano dai cosiddetti Paesi sicuri e, più in generale, da quelli che hanno un tasso basso (sotto il 20 %) di domande d’asilo accolte.

Il modello Albania - Dunque, di fatto, la stragrande maggioranza di chi arriva sarà immediatamente detenuto nei luoghi di frontiera nell’attesa che (entro tre mesi) la richiesta di asilo venga esaminata. In caso di diniego dovrà essere rimpatriato. O meglio dovrebbe visto che il Patto non fa i conti con l’assenza di accordi con la più parte dei Paesi d’origine. E quindi, alla fine, gli espulsi che non si riuscirà a rimpatriare finiranno per rimanere da clandestini in Europa, come ha sottolineato ieri la segretaria del Pd Elly Schlein: “C’è una solidarietà obbligatoria ma flessibile. Vuole dire che si potrà scegliere di pagare per non accogliere, in qualche modo dando un prezzo al diritto all’accoglienza. E se qualcuno decide di pagare vuol dire che quei migranti restano in Italia: forse il governo non se ne è accorto”.

La soddisfazione dell’Italia - Al governo italiano va benissimo così. “È un grande successo, ora si potrà contare su nuove regole per gestire i flussi migratori e contrastare i trafficanti di esseri umani” “dice il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi”. Ma per l’Italia, l’accordo è molto meno vantaggioso di quello che si vuol far credere.

La stretta ai movimenti secondari - Il Patto obbliga infatti i Paesi di primo approdo ad una rigorosissima segnalazione di tutti coloro che entrano, con rilevazioni biometriche ed impronte anche per i bambini dai sei anni in su. Un modo per limitare al massimo i cosiddetti movimenti secondari verso i Paesi del centro e nord Europa che così avranno gioco più facile nel rimandare in Italia i migranti sbarcati che dovessero riuscire a passare la frontiera. In caso di forte pressione migratoria, l’Italia dovrà presentare una richiesta motivata alla Commissione europea che valuterà. Ogni anno verrà istituito un pool di solidarietà, al quale tutti i Paesi dell’Ue dovranno contribuire con i ricollocamenti o in alternativa contributi finanziari, calcolati sulla base della popolazione e del Pil.

La denuncia delle Ong: “Attacco al diritto d’asilo” - Un accordo a cui plaudono le Nazioni Unite ma che registra invece la forte critica delle Ong sull’aggressione al diritto d’asilo. Save the children in particolare denuncia le “palesi violazioni dei diritti dei minori”.