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di Francesco Machina Grifeo

Il Sole 24 Ore, 31 gennaio 2024

Lo ha chiarito la Corte Ue, sentenza nella causa C-560/20, affermando che ha diritto al permesso anche la sorella non autosufficiente. Il raggiungimento della maggiore età nel corso della procedura di ricongiungimento familiare, da parte di un “rifugiato minore non accompagnato”, non osta all’ingresso dei genitori nell’Unione europea. Lo ha chiarito la Corte Ue con la sentenza nella causa C-560/20 (Landeshauptmann von Wien) aggiungendo che nel caso specifico deve essere concesso anche un permesso di ingresso e di soggiorno alla sorella maggiorenne del rifugiato non autosufficiente. Inoltre, tale diritto non può essere subordinato alla disponibilità di un alloggio, di un’assicurazione contro le malattie oppure a risorse sufficienti per loro e per la sorella.

Il caso - I genitori e la sorella maggiorenne di un cittadino siriano, minore non accompagnato, hanno presentato domanda di ingresso in Austria dopo che il ragazzo aveva ottenuto lo status di rifugiato. Le autorità austriache glielo hanno negato in quanto, nel frattempo, il giovane siriano era diventato maggiorenne. A questo punto i familiari hanno promosso un giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo di Vienna che, a sua volta, ha girato la questione alla Corte di giustizia. La sorella, si precisa nel rinvio, a causa di una paralisi cerebrale, dipende in modo totale e permanente dai genitori.

La motivazione - In primo luogo, la Corte dichiara che un rifugiato minore non accompagnato, diventato maggiorenne nel corso della procedura relativa alla domanda di ricongiungimento familiare con i suoi genitori, ha comunque diritto al ricongiungimento. Si tratta infatti di un diritto che non può essere subordinato alla maggiore o minore celerità nel trattamento della domanda. In secondo luogo, la Corte rileva che, a causa della malattia della sorella, se quest’ultima non fosse ammessa al ricongiungimento con i genitori, il rifugiato sarebbe, de facto, privato del suo diritto. In tal modo violando sia l’obiettivo della direttiva relativa al ricongiungimento familiare, sia i dettami della Cedu. La Corte constata, in terzo luogo, che non si può esigere né dal rifugiato minorenne né dai suoi genitori che essi dispongano, per se stessi e per la sorella gravemente malata, di un alloggio sufficientemente grande, di un’assicurazione contro le malattie nonché di risorse sufficienti. È infatti praticamente impossibile, prosegue la Corte, per un rifugiato minore non accompagnato soddisfare tali condizioni.

Parimenti, è estremamente difficile per i genitori del minore, concludono i giudici, soddisfare simili condizioni ancor prima di aver raggiunto il figlio. Pertanto, subordinare la possibilità del ricongiungimento familiare dei rifugiati minori non accompagnati con i loro genitori a queste condizioni equivarrebbe a privare tali minori del loro diritto al ricongiungimento.