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di Luigi Ferrarella

Corriere della Sera, 15 dicembre 2023

“Nessun medico e un solo infermiere”. La ditta “La Martinina” aveva vinto l’appalto da 4,4 milioni della Prefettura per la gestione del centro, ma non garantiva gran parte dei servizi. Quando il primo dicembre Guardia di Finanza e Procura di Milano si sono presentate nel Cpr-Centro permanenza rimpatri di via Corelli per una ispezione a sorpresa che raffrontasse la realtà di un giorno qualunque con i racconti e i video dei testi ascoltati in segreto nelle settimane precedenti, hanno trovato “presente un singolo infermiere” anziché la prevista turnazione di nove su 24 ore; “e nonostante specifica richiesta nessuno dei medici della struttura” (in teoria tre su 6 ore al giorno) “si è presentato in mattinata e primo pomeriggio. Pur prevista la presenza di uno psicologo, non è stato possibile incontrarlo o contattarlo. Non era presente alcun mediatore culturale, dopo alcuni minuti si è presentata una delle dipendenti del gestore che si stava occupando di altre mansioni ed è di madrelingua araba”, e quasi tutti gli stranieri “lamentano non aver avuto accesso adeguato all’informazione legale”.

La relazione dell’ausiliario dei pm, lo specialista di medicina detentiva Nicola Cocco, sottotitola quello che agli atti si vede nella videoregistrazione dell’ispezione: e cioè il fatto che la società La Martinina srl non garantisse affatto molti dei servizi che a fine 2022 aveva assicurato per aggiudicarsi l’appalto della Prefettura di Milano da 4,4 milioni per la gestione del centro sino al 31 dicembre 2023, appalto rinnovato lo scorso 13 novembre dalla Prefettura alle medesime condizioni contrattuali anche per tutto il 2024 (mercoledì sera è scattato il sequestro preventivo d’urgenza).

“Il rubinetto dell’infermeria non dispensava acqua calda, non c’era un frigo per la conservazione dei farmaci salva-vita, e viene riferito che allo scopo è usato il mini-frigo nell’ufficio del Direttore”, osserva Cocco, che “dall’analisi delle schede di terapia” constata “un utilizzo di psicofarmaci in circa il 60% delle persone”, prescritti per lo più con “un ruolo sedativo e non specificamente terapeutico”.

Le camerate sono dotate di “brande fornite dei soli materassi di gommapiuma che appaiono sporchi e malandati, con coperture sottilissime di simil-carta che si disfano al tatto. Docce e toilette alla turca sono sporche, in uno dei locali la finestra è rotta e la temperatura è fredda, chi usufruisce dei servizi non ha privacy perché l’unico riparo è costituito da teli di plastica spessa”. Il cibo, con data di scadenza giusta di quel giorno, è recapitato in monoporzioni di plastica non deteriorate e non contaminate, “di quantità accettabili” pur se “di qualità che all’assaggio risulta scadente”, ma “la pulizia dei contenitori di trasporto (responsabilità del catering) lasciava a desiderare”, e per tenere caldi i pasti viene usato un riscaldatore elettrico in “un magazzino in cui sono conservati materassi ed effetti personali dei detenuti, non garantendo alcuno standard di pulizia per gli alimentari”.

Contrariamente al capitolato d’appalto non c’erano attività culturali, religiosi o ricreative, che i pm avevano già scoperto essere state fatte figurare dalla società alla Prefettura tramite false convenzioni con ignare associazioni. Un’unica “dotazione” c’è: ma è “un pallone in cortile”.