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di Andrea Siravo

La Stampa, 2 dicembre 2023

L’accordo Italia-Albania? Rischiamo di creare la nostra piccola Guantánamo”. L’ex senatore denuncia le irregolarità dopo i sopralluoghi nei Centri di permanenza per il rimpatrio di Milano e Roma. Il fine settimana del 5 giugno 2021 e il 29 maggio 2022 l’ex senatore Gregorio De Falco era entrato nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Milano. Quel caseggiato di cemento grigio in fondo via Corelli dove venerdì primo dicembre hanno fatto i militari della Guardia di Finanza e i pm di Milano. Un’ispezione effettuata nell’ambito di un’inchiesta sulle presunte irregolarità nell’affidamento dell’appalto Martinina srl e la successiva gestione dei servizi.

De Falco, dopo i suoi sopralluoghi degli anni scorsi, oggi si è attivata anche la magistratura, se lo aspettava?

“La procura si è mossa e dico “finalmente”. Pensavo lo facesse prima dopo l’esposto a conclusione del primo sopralluogo il 5-6 giugno 2021 e quello integrativo successivo alla visita il 29 maggio 2022. Questi esposti erano l’invocazione dell’extrema ratio”.

Cosa intende?

“Me lo aspettavo, ma invece non è successo che l’amministrazione si muovesse. Quando nelle mie funzioni da parlamentare avevo chiesto conto e ragione dei fatti, l’amministrazione ha latitato”.

Per amministrazione intende le prefetture?

“Esatto, anche in Parlamento chiesi conto all’allora ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e mi venne risposto in modo molto evasivo, così come dalla Prefettura, che il parlamentare non aveva diritto ad accedere agli atti. Ciò equivale a dire che il cittadino italiano non ha diritto alle risposte e questo è di gravissimo”.

Lei ha visitato non solo il Cpr di via Corelli a Milano, ma anche quello della Capitale di Ponte Galeria. Quale era lo scopo dei suoi sopralluoghi?

“Noi non andavamo lì a controllare solo il gestore della struttura, ma la situazione di fatto e verificare se lo Stato attraverso le proprie articolazioni amministrative esercitasse o meno un trattenimento ingiusto o addirittura violento. Da quello che ho visto, i detenuti erano mantenuti in condizioni degradanti per la persona umana, direi prossime alla tortura”.

Una situazione di cui le prefetture erano e sono a conoscenza?

“Io ho verificato che l’amministrazione non effettua i dovuti controlli, né a Roma, con l’allora prefetto Piantedosi, né a Milano con il Prefetto Renato Saccone. Non ho fatto in tempo a visitare altri Cpr, ma credo che la situazione non fosse tanto dissimile. In realtà non basta affermare le responsabilità dell’ente gestore. Le prefetture in questi casi rappresentano lo Stato ed è quindi loro dovere controllare”.

Dall’inchiesta di Milano emergono gravissime carenze nella fornitura di servizi primari come l’assenza di “prestazioni sanitarie specialistiche raramente effettuate per mancanza di fondi” e la “mancanza di medicinali”. Lacune già denunciate nel suo report “Delle pene senza delitti”?

“Per farle capire le racconto un aneddoto personale della visita del 29 maggio 2022”.

Prego...

“Nelle undici ore in cui siamo rimasti dentro ho avuto un episodio di ipertensione. Mi ero rivolto a una coppia di medici padre-figlio che erano arrivati di gran carriera, dopo aver saputo della ispezione. Alla richiesta di un comune farmaco antipertensivo mi avevano risposto di non avere niente e l’unica cosa che potevano fare per me era di offrirmi un bicchiere d’acqua. Questo era lo stato dell’infermeria in un luogo in cui la gente ha sicuramente patologie e malessere”.

Come avevano giustificato l’assenza di medicinali?

“Ci dissero che loro i farmaci non potevano acquistarli poiché non gli venivano passati dall’Ats. Una situazione che obbligava i detenuti, che chiedevano di far verificare la loro condizione di salute come incompatibile con il trattenimento in un luogo ristretto, a commettere gesti autolesionistici, come quello tagliarsi braccia e gambe, o lanciarsi dall’alto per fratturarsi gli arti”.

Lo scorso 6 novembre la premier Giorgia Meloni e il primo ministro dell’Albania Edi Rama hanno firmato un protocollo d’intesa in materia di gestione dei flussi migratori. Un accordo che prevede l’apertura di due centri, tra cui un Cpr. Qual è il suo giudizio?

“Se io apro un Cpr in Albania chi viene a controllare? Lì sarà più facile tenere fuori gli occhi del diritto e della umanità. Il Cpr serve proprio a tenere lontana la sofferenza dagli occhi dei cittadini. Non solo si istituiscono in periferia, ma se addirittura ora si spostano in Albania creiamo la nostra piccola “Guantánamo”. Un luogo dove si potrà fare quello che si vuole, lontani dalla coscienza sociale. Si tratta di un escamotage spregevole ed incostituzionale, che non può esistere in un paese civile e di diritto: i diritti universali esistono solo se si riconoscono a tutte le persone in quanto tali, altrimenti non esistono per nessuno di noi”.