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di Emanuele Bonini

La Stampa, 31 gennaio 2024

Commissione e Corte di giustizia ribadiscono la centralità dei minori non accompagnati e il ricorso limitato ai centri. L’Italia e il governo Meloni sotto la lente d’ingrandimento di Bruxelles per le nuove regole in materia di gestione dei richiedenti asilo minorenni. La Commissione europea, rileva la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, “sta analizzando” le disposizioni contenute nel decreto legge Immigrazione e sicurezza del 5 ottobre 2023. L’esecutivo comunitario non è voluto entrare nel merito, nel rispetto del processo legislativo di uno Stato membro, e ha atteso l’esaurimento dell’iter di approvazione. Le nuove regole, entrate in vigore il 5 dicembre 2023, ora sono ora al vaglio per quanto riguarda il trattamento dei minori.

C’è il dubbio che in Italia si faccia un ricorso troppo facile dei centri di accoglienza. Qui Johannson ricorda che sia la strategia dell’UE sui diritti dei minori del 2021 sia la comunicazione del 2017 sulla protezione dei minori migranti sottolineano che “la vulnerabilità dei minori migranti richiede una tutela, delle garanzie e un sostegno aggiuntivi e mirati” e che la detenzione dei minori dovrebbe essere utilizzata “come ultima risorsa e per il tempo opportuno più breve possibile”. È qui che l’esecutivo comunitario intende valutare “la conformità ai requisiti del diritto dell’Unione” del decreto Immigrazione e sicurezza. In Italia gli operatori intravedono il rischio che i minori non accompagnati finiscano in centri per adulti. Ma sono loro. I partiti di opposizione attaccano, e in sede europea il Movimento 5 Stelle, ha sollevato il tema con tanto di interrogazione sulle misure del governo Meloni e il rispetto delle regole comuni. Che si intrecciano con la giurisprudenza.

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha sancito la supremazia dei minori. Nel caso di migranti minorenni non accompagnati va garantito il ricongiungimento familiare con membri della famiglia già presenti su suolo Ue. Pronunciamenti del 2022, che stabiliscono anche che se il minore compie 18 anni mentre l’iter di gestione della domanda è in corso e non è chiuso, fa fede il momento in cui è iniziato. Il fatto di diventare maggiorenni durante la procedura non cambia l’obbligo alla protezione speciale. Un principio ribadito una volta di più anche con la sentenza di oggi. “Un rifugiato minore non accompagnato ha diritto al ricongiungimento familiare con i genitori anche se è diventato maggiorenne nel corso della procedura”. Questo il contenuto, che arriva nel momento in cui la Commissione annuncia di aver acceso i riflettori sulla legislazione italiana.

La direttiva sul ricongiungimento familiare riconosce una specifica protezione per i rifugiati. Data la loro particolare vulnerabilità, la normativa favorisce specificamente i rifugiati minori non accompagnati concedendo loro il diritto al ricongiungimento familiare con i genitori e “tale diritto - specifica la Corte - non può essere subordinato alla maggiore o minore celerità nel trattamento della domanda”. Un elemento ulteriore che si inserisce nel dibattito italiano e nelle intenzioni della maggioranza tricolore. A cui la commissaria Johansson, chiamata in causa dagli italiani in Parlamento Ue, ricorda che “il principio dell’interesse superiore del minore deve costituire un criterio guida fondamentale per tutte le procedure, comprese quelle relative allo status di migrante”.