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di Giansandro Merli

Il Manifesto, 17 agosto 2023

Il dossier annuale mostra sbarchi in aumento non solo dalla Tunisia, come sostenuto dal ministro. E intanto il memorandum fa flop. Ostacolare le Ong ha solo scaricato tutto il peso dei soccorsi sulla guardia costiera. I numeri del rapporto ferragostano del ministero dell’Interno misurano la distanza tra la retorica del governo e la realtà dei fatti sul terreno delle politiche migratorie. Sono aggiornati al 31 luglio, dunque per gli sbarchi complessivi meglio guardare al Cruscotto statistico giornaliero del Viminale che ieri ha certificato ufficialmente il superamento di quota 100mila: 101.386 persone alle 8 del 16 agosto.

Il dossier presentato l’altro giorno, però, mostra i dati in forma disaggregata permettendo di approfondire alcuni fenomeni. Per esempio quello delle diverse rotte migratorie. In un’intervista apparsa martedì sul Messaggero il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha provato a giustificare il “record di sbarchi” con la “drammatica crisi socio-economica in Tunisia”. “Prova ne sia che se le statistiche fossero limitate agli altri paesi tradizionalmente di partenza (Algeria, Libia, Turchia e via dicendo) - ha sostenuto il ministro - i dati degli arrivi nel nostro paese sarebbero addirittura in calo”. Falso. Lo mostrano i numeri del suo ministero.

Nei primi sette mesi del 2022 dalla Libia erano arrivate 22.787 persone. Nello stesso periodo dell’anno in corso 30.075. L’aumento è del 32%. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) mostra che le intercettazioni della sedicente “guardia costiera libica” sono calate: 9.756 quest’anno, 12.063 nel periodo corrispondente del 2022. Forse anche per questo il governo ha pensato di regalare altre tre motovedette a Tripoli (da aggiungere alle dieci unità veloci già date in dotazione). Questa volta, ha rivelato il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, i mezzi sono nuovi di zecca: erano destinati alla guardia costiera italiana ma finiranno ai libici, avrebbero potuto salvare vite invece le riporteranno a forza nei centri di prigionia. Tornando alle dichiarazioni di Piantedosi, è vero che gli sbarchi sono diminuiti dalle altre rotte, ma si tratta di numeri residuali. Dalla Turchia sono scesi da 6.468 a 4.003. Dall’Algeria da 461 a 387. Per non parlare degli arrivi da Grecia, Siria e Libano: sono stati zero. Nel 2022 furono rispettivamente: 6, 8 e 595.

Non si capisce, poi, perché il ministro usi “l’anomalia Tunisia” per giustificare un esecutivo, il suo, che proprio sul memorandum anti-migranti siglato tra Ue e Tunisi ha puntato tutto. Il giorno della firma la premier Giorgia Meloni celebrava “un obiettivo molto importante che arriva dopo un grande lavoro diplomatico”, parlando addirittura di “un modello per costruire nuove relazioni con i vicini del Nord Africa”. Era il 17 luglio. Un mese dopo i conti li fa il ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) Matteo Villa: “Nelle quattro settimane precedenti il memorandum Ue-Tunisia, gli sbarchi dalla Tunisia in Italia erano stati 16.507. Nelle quattro settimane successive 17.592”.

Nel dossier del Viminale c’è un altro particolare degno di nota: quello dei migranti salvati in operazioni di ricerca e soccorso (Sar). Nei primi sette mesi dello scorso anno erano stati 19.171, il 46% sul totale degli arrivi via mare. Nel 2023, anche grazie all’indignazione per la strage di Cutro oltre che all’aumento complessivo degli sbarchi, sono state 64.764, ben il 72% del totale. La strategia di spedire le Ong a centinaia di chilometri subito dopo il primo soccorso, salvo chiedere loro aiuto nei momenti di estrema difficoltà, ha però fatto diminuire l’incidenza delle organizzazioni umanitarie. Nonostante navi e velieri siano di più hanno salvato il 4,24% delle persone sbarcate. Nei primi sette mesi del 2022 la percentuale era del 15,2%.

Che significa? Semplice: ostacolare le Ong non ha ridotto gli arrivi via mare - come sarebbe dovuto avvenire secondo il falso teorema del “pull factor” agitato da Piantedosi & co. - ma solo la capacità di intervento delle navi umanitarie, moltiplicando il peso dei soccorsi che ricade sulla guardia costiera. Non è un caso se nei giorni di bel tempo le squadre di Lampedusa sono costrette a turni massacranti e vanno in affanno. Un vero capolavoro del Viminale e del governo tutto, compreso quel Matteo Salvini che si trova a capo del ministero delle Infrastrutture da cui la guardia costiera dipende.

Altro capitolo sono i canali di accesso legale che, insieme alla caccia agli scafisti “in tutto il globo terracqueo”, secondo Meloni avrebbero dovuto far calare sbarchi e morti in mare. Dal 22 ottobre scorso, quando il suo esecutivo è entrato in carica, in Italia sono arrivate 1.042 persone attraverso i tre percorsi esistenti per chi necessita di protezione (reinsediamento, corridoi umanitari, evacuazione umanitarie). Le nazionalità ammesse sono solo cinque: afghana, siriana, eritrea, sudanese, etiope. Gli arrivi dalla Libia, seguendo la terza strada, sono stati 101. Numeri che dimostrano come, al di là dell’uso politico del tema, l’accesso sicuro e legale al territorio nazionale è ben lungi dal poter rappresentare un’alternativa ai pericolosi attraversamenti del Mediterraneo. Purtroppo.