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di Domenico Agasso

La Stampa, 28 agosto 2023

Il presidente della Cei: “Servono risposte strutturali e l’Europa deve fare la sua parte. Siamo davanti a una sfida epocale: l’accoglienza non è un pericolo, ma il futuro”. “Come si fa a definire “emergenziale” la questione migratoria? Fa parte della storia recente e dell’attualità d’Italia ormai da lungo tempo. E sarà così per anni. Bisogna predisporre prima possibile un sistema strutturato di assistenza e integrazione per affrontare finalmente le criticità con lucidità ed efficacia. Rendendole un’opportunità”. Ricordandosi sempre che “l’accoglienza non è un pericolo: è aprirsi al futuro”. Parola del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna. Il porporato sottoscrive le riflessioni espresse dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Meeting di Cl a Rimini: “I muri sono solo uno strumento ingannevole per cercare di nascondere i problemi”.

Eminenza, il Capo dello Stato ha rivelato che nel suo studio tiene “il disegno del ragazzino annegato con la pagella nella giacca”…

“Innanzitutto vorrei ringraziare il Presidente, perché ha pronunciato un discorso di grande respiro e umanità. Mattarella ci ricorda le nobili prospettive che devono orientare l’azione politica e sociale, oltre che il pensiero comune. Per quanto riguarda la realtà migratoria, è necessario puntualizzare un concetto cruciale: ci sono momenti di maggiore pressione, ma questo è un fenomeno che non è emergenziale. Come si fa a definirlo emergenziale?”.

Per quale motivo?

“Perché non lo è da anni, decenni ormai. E non lo sarà per anni, considerando i disequilibri, la demografia, le scarse ed episodiche risposte messe in campo finora. Non sono liberi di restare e nemmeno di partire! La migrazione fa parte della storia e dell’attualità d’Italia, ormai da lungo tempo. Se si continua a tentare di gestirla con la concezione dell’emergenza e basta, saremo sempre in balia e vittime dell’agitazione e della paura, oltre che spettatori di tragedie del mare inaccettabili”.

Qual è la via da seguire?

“Momenti drammatici e dinamiche complesse saranno sempre da mettere in conto, purtroppo, ma se noi riusciamo presto a impostare un piano strutturale che parta dal governo e coinvolga tutti gli interlocutori attivi nell’accoglienza e nell’integrazione di quanti arrivano in Italia - chiedendo all’Ue di assumersi le proprie responsabilità - potremo essere più pronti ad affrontarli in modo costruttivo. Altrimenti avremo l’impressione di svuotare l’oceano con le mani. Certo, è una sfida enorme, epocale, ma proprio per questo non possiamo più “derubricarla” a emergenza, altrimenti non ci avvicineremo mai a una soluzione. È urgente trasformare l’emergenza in piano d’azione, per predisporre finalmente meccanismi strutturati, a livello italiano e anche europeo”.

Suggerimenti concreti?

“Dobbiamo uscire dalla logica limitata ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria), occorre investire analogamente tanto anche sui Sai (Sistema accoglienza integrazione). E serve anche garantire all’interno dei Cas vari servizi fondamentali - come l’informazione legale e il sostegno psicologico - perché altrimenti diventano solo tremendi parcheggi, peraltro già pieni. In più in questo modo si continua a creare clandestinità, perché non si sa più dove e come collocare queste persone, che invece potrebbero intraprendere percorsi di integrazione con i Sai. Così potremo rendere le emergenze in opportunità. E guidare meglio i flussi, che non sono solo una complicazione numerica, cioè di “quanti ce ne servono”“.

Quali sono gli altri aspetti?

“Si pongono i temi della casa, del lavoro, della scuola. Questi percorsi devono funzionare in modo efficace, e non con tempi eterni e procedure che diventano dei labirinti che aumentano l’incertezza, e quindi la clandestinità. E la litigiosità, come quella tra alcuni sindaci. E anche la paura da parte dei cittadini, che avvertono come una presenza ulteriormente minacciosa tutte quelle persone proprio perché “parcheggiate” malamente. Poi, siamo chiamati a passare da un’idea di sicurezza a un’idea di sviluppo”.

Che cosa intende?

“Rispondere alla richiesta di manodopera. Il governo con saggezza ha aumentato il numero di ingressi di lavoratori consentiti, e probabilmente ne serviranno ancora di più, se vogliamo guardare a un avvenire all’altezza dei problemi. Le tante pratiche di permessi devono essere snellite. Bisogna garantire di più il passaggio ai permessi di lavoro per evitare che poi si cerchi la clandestinità. Su alcuni aspetti si può ricorrere ai patronati, o ad altre forme che possono aiutare a velocizzare gli iter. E che cosa dire dei minori non accompagnati?”.

Ci spieghi…

“Aumentano, si rischia di non avere più strutture in cui ospitarli. Che fanno? Vanno per strada? L’applicazione della legge sui minori richiede strumenti chiari perché i diritti vengano garantiti. Anche perché altrimenti li si lascia interamente all’amministrazione dei Comuni, già sofferenti, a cominciare dai più piccoli. Occorre creare collaborazione tra più enti, per offrire percorsi di integrazione a chi raggiunge la maggiore età”.

Mattarella ha messo in guardia da “anacronistici nazionalismi”…

“Il Presidente custodisce e promuove i valori delle nostre radici e ci aiuta a guardare il tempo nuovo. Ci incoraggia a non vivere e usare le radici con slogan o semplificazioni. Le radici servono a dare frutti, al futuro: dunque non basta conservare. Per cui quando Mattarella dice che i muri non servono, esprime una constatazione di grande realismo: ci chiede di sfuggire alla tentazione di alzare muri o di renderli ancora più alti e spessi. I muri non sono una risposta, sono solo un modo ingannevole per cercare di nascondere i problemi. Il contrario dei muri non è il Colosseo ma una porta intelligente, umana, capace di gestire. Il futuro passa dall’integrazione”.

Oltre all’impegno costante della Caritas, della Comunità di Sant’Egidio - in particolare per i corridoi umanitari - e di altre numerose associazioni cattoliche di volontariato, la Chiesa sta cercando di trasmettere qualche messaggio al governo?

“Cambiare l’approccio emergenziale in un intervento sistemico, organizzato e articolato. La Chiesa è in campo anche per questo. Siamo sempre stati interlocutori attenti, mai strumentali, sempre leali, con tutti i governi. E anche con l’attuale esecutivo c’è stata un’interlocuzione e continuerà a esserci, per fronteggiare insieme le problematiche, e anche per manifestare il nostro punto di osservazione”.

Come dovrebbe essere intesa l’accoglienza?

“È un valore cristiano e un valore umano. Coincidono pienamente. L’accoglienza non è un pericolo: apre al futuro. Non lo limita, lo permette. E ci consente anche di vivere il presente: se non avessimo accolto migliaia di donne che oggi lavorano come badanti nelle nostre case, per la gran parte delle famiglie italiane la vita sarebbe insostenibile. E questo avviene anche in tante aziende”.